Sangue e morte in Venezuela, ma il mondo tace
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Sangue e morte in Venezuela, ma il mondo tace

Nicolas Maduro reprime con violenze e torture le manifestazioni degli studenti. Intanto nei negozi manca carta igienica e caffè - Le immagini

Da fabbrica di Miss Universo al sangue per le strade. Dal 12 febbraio scorso in Venezuela va in scena la guerra civile, ma nessuno nel resto del mondo sembra accorgersene. Nella giornata della Gioventù, migliaia di studenti sono scesi in piazza per chiedere la fine del governo di Nicolas Maduro, l'ex autista del defunto presidente Chavez che oggi parla con un uccellino che sostiene trasmettere il verbo dell'ex leader venezuelano. Erano armati di striscioni e altoparlanti per gridare i loro slogan e la loro rabbia. Ma la polizia aveva fucili, pistole e manganelli e li ha usati tutti. 

Il risultato sono quattro ragazzi morti, 66 feriti e quasi cento arresti in tutto il Paese. Ma non è finita qui. Perché su Twitter e Facebook (#Sosvenezuela e Indignados de Venezuela )rimbalzano foto e racconti raccapriccianti di studenti e oppositori brutalmente picchiati e torturati. Lo stesso presidente Nicolas Maduro ha annunciato che farà "pulizia" di oppositori, tutti accusati (come nella migliore delle tradizioni chaviste) di essere al soldo degli Stati Uniti d'America.

Ma Washington è lontana dal sangue per le strade di Caracas, che ha ben altre origini e poca attinenza con le teorie pluto-complottiste che vedono nella Cia la sintesi di tutti i mali del mondo. Il Paese di Simon Bolivar, glorioso condottiero delle libertà, è stato messo in ginocchio dall'ultimo decennio in camicia rossa di Hugo Chavez.

In tanti oggi si chiedono stupiti come mai il Venezuela si trovi sul fondo della lista dei Paesi più poveri dell'America Latina, quando è ricco di risorse naturali e di ogni ben di dio. Come scrive Rossana Miranda (venezuelana) su Formiche.net, "la produzione di petrolio nel 2013 è arrivata a 2.759 milioni di barili al giorno, venduti a quasi 100 euro l'uno, ma l'economia venezuelana si sta sgretolando". 

Il Paese di Simon Bolivar importa quasi l'80% dei prodotti per il mercato interno dall'estero e ha un'inflazione tra le più alte del mondo, oltre il 56%, tanto da battersela con l'Argentina di Cristina Fernandez de Kirchner, storia alleata e amica del cuore del defunto Hugo Chavez. E non è un caso nemmeno questo, perché in economia (come in tutto il resto) il caso non esiste.

Oggi in Venezuela migliaia di persone stanno manifestando contro il loro presidente che reprime l'opposizione nel sangue, ma il mondo sembra disinteressarsene. Perché? "Questo silenzio sulla situazione in Venezuela è dovuto alla censura governativa", racconta a Panorama.itCono Carrano, un ragazzo venezuelano che vive e lavora in Italia. "Sono state oscurate tutte le televisioni private. Se la gente si sintonizza sui canali di Stato trasmettono telenovelas e discorsi del presidente, ma non c'è alcun accenno ai morti di Caracas e alla feroce repressione di Maduro".

Maburro, così viene chiamato il presidente venezuelano, delfino e autista di Chavez. Ma non è un nomignolo dolce. Burro in spagnolo significa asino. E questa è l'accusa che viene fatta a Maduro, l'uomo che non capisce nulla di economia e politica, e che segue pedissequamente le indicazioni che arrivano da Cuba.

"Dopo la morte di Chavez le cose sono ulteriormente peggiorate - prosegue Cono Carrano - anche se non è che durante i 15 anni di chavismo si sia vissuto bene. Le nazionalizzazioni volute da Chavez hanno portato alla situazione attuale. Nei supermercati manca di tutto. Gli scaffali sono vuoti. Non c'è latte, non c'è pane, non c'è carta igienica. E non c'è nemmeno il caffè. Immaginate, un Paese sudamericano dove non c'è più caffè!". 

Il frutto delle nazionalizzazioni chaviste è questo: il Venezuela non produce più nulla e importa tutto. Persino i polli non sono più nostrani ma arrivano dal Brasile. I proventi del petrolio, invece, che sono ingenti non vengono investiti nel Paese, ma vanno ad arricchire le tasche dei mandarini di Palacio Miraflores. Non è un mistero che alla sua morte il socialista Chavez abbia lasciato in eredità alla famiglia ricchezze da fare invidia ai nababbi sauditi. 

Burocrati e uomini vicini al potere si sono arricchiti mentre il popolo faceva la fame. E' questo il principale, terribile effetto del "socialismo o muerte" voluto da Hugo Chavez, accolto come leader illuminato anche nei circoli radical-chic italiani. Vi ricordate il suo arrivo trionfale sul tappeto rosso a Venezia qualche anno fa?

Maburro, insomma, è il figlio scemo di Chavez, che almeno qualcosa di economia ne capiva (anche se poi faceva il contrario) e godeva di un carisma innato. Invece, il nuovo presidente è totalmente nelle mani di Raul Castro. "Il Venezuela ormai è governato da un regime castro-comunista", dichiara Cono Carrano, e aggiunge che gli aerei militari cubani sono già volati a Caracas per sostenere il presidente. Un dovere per l'Avana aiutare il capo di Stato venezuelano, visti i fiumi di petroldollari che negli ultimi anni Hugo Chavez ha sganciato a Cuba per mantenerla in vita.

Ma, adesso, è il Venezuela che rischia di esalare l'ultimo respiro. Il paese è strangolato dalla povertà e dalla criminalità. Solo nel 2013 ci sono stati 24 mila omicidi, e quasi tutti sono rimasti impuniti. I venezuelani si sentono sempre più poveri e sempre più insicuri. Per strada possono ucciderti per un tozzo di pane o una bottiglia di latte.

E tramite i social network, che riescono a eludere la censura, circolano storie dell'orrore. Torture, percosse brutali ai danni di dissidenti del regime, tanto che sembra di leggere le cronache insanguinate del Cile di Pinochet. Ma Nicolas Maduro va avanti e afferma che gli oppositori saranno catturati uno per uno e che verrà fatta giustizia. Altro che Socialismo o muerte. In Venezuela oggi va in scena il Socialismo y muerte. E il mondo tace e sta a guardare.

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Anna Mazzone