Per il Venezuela è la fine di un'epoca
EPA/DANIEL LARA / PRESS COMANDO SIMON BOLIVA
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Per il Venezuela è la fine di un'epoca

Nonostante la vittoria (sul filo di lana) del candidato chavista, il paese sudamericano è destinato a cambiare

Il  rassicurante divario che avrebbe dovuto segnare la netta vittoria del  socialista Nicolas Maduro sullo sfidante di centro Enrique Capriles alle  presidenziali del Venezuela, non c’è stato. Maduro, delfino del  predecessore Hugo Chavez, ha vinto lo stesso, come da copione, ma si è  dovuto attendere fino all’ultimo spoglio di voti prima di vedere i  fuochi d’artificio nei cieli di Caracas.

Adesso  che i giochi sono fatti, è bene pensare al futuro prossimo e al  significato che assume questa elezione nel contesto internazionale.  Secondo il Financial Times,  rispetto al suo predecessore, Nicolas Maduro sarebbe persona più  incline a imprimere al Paese una virata moderata, e in tal senso, il suo  governo potrebbe (o meglio, dovrebbe) rassicurare banche e fondi di  investimento mondiali. “La malattia di Chavez – scriveva il FinancialTimes prima del 5 marzo, giorno in cui è spirato il presidente Chavez –  potrebbe dare spazio a un governo più amichevole con i mercati  finanziari”.

Ora,  è vero che la ristretta forbice che divide il Paese tra chavisti e  moderati costringerà alla riflessione e all’autocritica il Partito  Socialista Unito (PSUV). Ma il mondo, e gli statunitensi per primi,  s’illudono se credono che il signor Maduro modificherà la politica tanto  cara a Hugo Chavez.

Il petrolio e l’ideologia, le uniche armi a disposizione

E  la ragione è evidente: il Venezuela è il primo Paese al mondo per  riserve di petrolio, è il terzo esportatore mondiale e tra i maggiori  dieci Paesi produttori. Chavez è riuscito a mantenere il potere  dipingendo se stesso e il Paese come gli eredi della rivoluzione  bolivariana, sostenuto dai proventi del petrolio. Per non tradire  l’ideologia, ha fondato il proprio consenso su un sistema di welfare  capillare cui ha dedicato sforzi notevoli. Questo, nella politica  nazionale.

Avendo  però usato il petrolio come arma strategica anche in campo  internazionale - offrendo vantaggi considerevoli a quei Paesi che, per  affinità o semplice strategia politica, hanno con il Venezuela un  rapporto speciale - di conseguenza ha dovuto limitare le esportazioni  verso i Paesi non amici, tra cui gli Stati Uniti. Per tale motivo, i  proventi sono globalmente diminuiti e i benefici per il Venezuela si  stanno oggi riducendo.

La  risicata maggioranza che ha portato Nicolas Maduro al potere si fonda  unicamente sulle aspettative della prosecuzione senza traumi della  politica chavista: i Paesi “alleati” si aspettano che i propri vantaggi  proseguano senza interruzioni o modifiche, né nel rapporto politico né  in quello economico. Mentre la popolazione (per la stragrande  maggioranza povera) si aspetta che il welfare “ben godi” dell’epoca  chavista - che spesso è più somigliante alla mera sussistenza - prosegua  a tempo illimitato.

Cina e Cuba, gli “amici” del Venezuela

Così  non può essere, però, e il Venezuela rischia davvero il collasso,  mentre numerosi corvi si addensano già intorno al Paese sudamericano. Ad  esempio, la Cina: con il governo cinese, il Venezuela ha sottoscritto  negli ultimi tredici anni ben 328 accordi di cooperazione, pari al 14%  dei contratti internazionali sottoscritti, un dato che pone la Cina al  secondo posto nella classifica dei partner commerciali favoriti, dietro  soltanto all’Argentina, ma di fatto il primo per mole di investimenti e  scambi.

Il  Venezuela ha un rapporto speciale anche con Cuba, definito da rilevanti  accordi economici e investimenti strategici che si basano ancora una  volta sullo scambio di petrolio: L’Avana riceve da Caracas i due terzi  della sua domanda di greggio, offrendo come contropartita aiuti in campo  medico, nell’insegnamento, nei servizi informatici, agricoli e di  sicurezza, e in intelligence.

La fine di un’epoca si trascinerà a lungo

Ciò  significa che in Venezuela non c’è ancora spazio per il modello  capitalistico nordamericano né per un ripensamento delle alleanze. Qui,  inoltre, resistono al potere le stesse famiglie che si sono ritagliate  un ruolo al tempo di Chavez e che non cederanno mai ad altri il proprio  posto: la stessa compagna di Maduro, Cilia Flores, è colei che ha  contribuito a scarcerare Chavez quando tentò il colpo di Stato nei primi  anni Novanta e che lo ha aiutato ad arrivare al potere, ritagliandosi  per sé la presidenza della Camera unica e, successivamente, ottenendo la  nomina a Procuratore generale.

Così,  come tutti i movimenti carismatici, il chavismo senza Chavez è come Al  Qaeda senza Bin Laden, una spenta riedizione di qualcosa che non esiste  più. Il chavismo sopravvive solo per colmare temporaneamente un enorme  vuoto ma, nella realtà, è destinato all’esaurimento. Pertanto, gli anni  di Nicolas Maduro saranno difficili e preludio della fine di un’epoca  per il Venezuela, il quale si trascinerà ancora per qualche tempo nella  nostalgia, prima di cedere definitivamente al nuovo che avanza.

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