Per il Venezuela è la fine di un'epoca
Nonostante la vittoria (sul filo di lana) del candidato chavista, il paese sudamericano è destinato a cambiare
Il rassicurante divario che avrebbe dovuto segnare la netta vittoria del socialista Nicolas Maduro sullo sfidante di centro Enrique Capriles alle presidenziali del Venezuela, non c’è stato. Maduro, delfino del predecessore Hugo Chavez, ha vinto lo stesso, come da copione, ma si è dovuto attendere fino all’ultimo spoglio di voti prima di vedere i fuochi d’artificio nei cieli di Caracas.
Adesso che i giochi sono fatti, è bene pensare al futuro prossimo e al significato che assume questa elezione nel contesto internazionale. Secondo il Financial Times, rispetto al suo predecessore, Nicolas Maduro sarebbe persona più incline a imprimere al Paese una virata moderata, e in tal senso, il suo governo potrebbe (o meglio, dovrebbe) rassicurare banche e fondi di investimento mondiali. “La malattia di Chavez – scriveva il FinancialTimes prima del 5 marzo, giorno in cui è spirato il presidente Chavez – potrebbe dare spazio a un governo più amichevole con i mercati finanziari”.
Ora, è vero che la ristretta forbice che divide il Paese tra chavisti e moderati costringerà alla riflessione e all’autocritica il Partito Socialista Unito (PSUV). Ma il mondo, e gli statunitensi per primi, s’illudono se credono che il signor Maduro modificherà la politica tanto cara a Hugo Chavez.
Il petrolio e l’ideologia, le uniche armi a disposizione
E la ragione è evidente: il Venezuela è il primo Paese al mondo per riserve di petrolio, è il terzo esportatore mondiale e tra i maggiori dieci Paesi produttori. Chavez è riuscito a mantenere il potere dipingendo se stesso e il Paese come gli eredi della rivoluzione bolivariana, sostenuto dai proventi del petrolio. Per non tradire l’ideologia, ha fondato il proprio consenso su un sistema di welfare capillare cui ha dedicato sforzi notevoli. Questo, nella politica nazionale.
Avendo però usato il petrolio come arma strategica anche in campo internazionale - offrendo vantaggi considerevoli a quei Paesi che, per affinità o semplice strategia politica, hanno con il Venezuela un rapporto speciale - di conseguenza ha dovuto limitare le esportazioni verso i Paesi non amici, tra cui gli Stati Uniti. Per tale motivo, i proventi sono globalmente diminuiti e i benefici per il Venezuela si stanno oggi riducendo.
La risicata maggioranza che ha portato Nicolas Maduro al potere si fonda unicamente sulle aspettative della prosecuzione senza traumi della politica chavista: i Paesi “alleati” si aspettano che i propri vantaggi proseguano senza interruzioni o modifiche, né nel rapporto politico né in quello economico. Mentre la popolazione (per la stragrande maggioranza povera) si aspetta che il welfare “ben godi” dell’epoca chavista - che spesso è più somigliante alla mera sussistenza - prosegua a tempo illimitato.
Cina e Cuba, gli “amici” del Venezuela
Così non può essere, però, e il Venezuela rischia davvero il collasso, mentre numerosi corvi si addensano già intorno al Paese sudamericano. Ad esempio, la Cina: con il governo cinese, il Venezuela ha sottoscritto negli ultimi tredici anni ben 328 accordi di cooperazione, pari al 14% dei contratti internazionali sottoscritti, un dato che pone la Cina al secondo posto nella classifica dei partner commerciali favoriti, dietro soltanto all’Argentina, ma di fatto il primo per mole di investimenti e scambi.
Il Venezuela ha un rapporto speciale anche con Cuba, definito da rilevanti accordi economici e investimenti strategici che si basano ancora una volta sullo scambio di petrolio: L’Avana riceve da Caracas i due terzi della sua domanda di greggio, offrendo come contropartita aiuti in campo medico, nell’insegnamento, nei servizi informatici, agricoli e di sicurezza, e in intelligence.
La fine di un’epoca si trascinerà a lungo
Ciò significa che in Venezuela non c’è ancora spazio per il modello capitalistico nordamericano né per un ripensamento delle alleanze. Qui, inoltre, resistono al potere le stesse famiglie che si sono ritagliate un ruolo al tempo di Chavez e che non cederanno mai ad altri il proprio posto: la stessa compagna di Maduro, Cilia Flores, è colei che ha contribuito a scarcerare Chavez quando tentò il colpo di Stato nei primi anni Novanta e che lo ha aiutato ad arrivare al potere, ritagliandosi per sé la presidenza della Camera unica e, successivamente, ottenendo la nomina a Procuratore generale.
Così, come tutti i movimenti carismatici, il chavismo senza Chavez è come Al Qaeda senza Bin Laden, una spenta riedizione di qualcosa che non esiste più. Il chavismo sopravvive solo per colmare temporaneamente un enorme vuoto ma, nella realtà, è destinato all’esaurimento. Pertanto, gli anni di Nicolas Maduro saranno difficili e preludio della fine di un’epoca per il Venezuela, il quale si trascinerà ancora per qualche tempo nella nostalgia, prima di cedere definitivamente al nuovo che avanza.