Vendola manda al diavolo i ricchi
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Vendola manda al diavolo i ricchi

L'invidia sociale è l'ultima carta del leader di Sel che però non vede il vero male del nostro paese

Poveri super ricchi, mandati sbrigativamente all’Inferno nelle (em)pie intenzioni del “povero” Nichi Vendola (che per inciso povero non è, ma benestante governatore della Puglia). Il leader di Sel e principale alleato di Pier Luigi Bersani, segretario di un Partito democratico tutto sbilanciato a sinistra, commentando la fuga dalla Francia del ricco Gerard Depardieu fra le braccia del presidente russo Putin, ha espresso il suo fine commento da invasato narratore della politica: “I super ricchi devono andare al diavolo”. Aggiungendo: “Putin in effetti sembra il diavolo e quindi va bene così”. Bersani si è affrettato a dire che si trattava di una battuta, subissandola con un’altra: “I ricchi restino dove sono, a pagare le tasse”.

La battuta vendoliana ricorda quella che campeggiava anni fa sui manifesti di Rifondazione comunista: “Anche i ricchi piangano”. I quotidiani si sono subito incartati in facili commenti sul pauperismo invidioso della sinistra, sottolineando le contraddizioni di Bersani che critica Renzi sulle Cayman mentre si tiene calde le banche meno virtuose. I riformisti del Pd come i transfughi dal Pd nel Centro montiano fustigano Vendola & Compagni. Uno per tutti, il senatore democratico Enrico Morando sul Messaggero: “La sinistra combatte la povertà, non i ricchi”.

Ma quanti luoghi comuni, quante semplificazioni, quante sciocchezze. Sui soldi, anche i migliori scivolano e fanno demagogia. Da destra si potrebbe rispondere che “la destra combatte la povertà, non i poveri”. E poi è tutto da vedere se la super-ricchezza sia di destra o di sinistra. I ricchi, forse, a volte tendono a essere di destra. Ma i super-ricchi se ne fregano e trovano spesso molto chic, molto snob, molto elegantemente “di sinistra”, affettare disprezzo per  il “vil danaro” di cui sono infarciti.

Difficile, insomma, non cadere tutti nei cliché. Però una cosa va detta, a partire da quella battuta di Tony Randall nei panni del miliardario di “Amore, ritorna!”, film che data al 1961, riguardo ai nababbi odiati e vilipesi: “Cosa c’è scritto sulla Statua della Libertà? C’è scritto: ‘Venite, o ricchi?’ No, c’è scritto: ‘Venite, o poveri’. Siamo malvisti perfino in casa nostra”.

L’invidia sociale può anche alimentare il bacino elettorale della sinistra, ma far leva sull’invidia sociale per demonizzare i super-ricchi in quanto tali è operazione volgare. Un orrore e un errore.

Negli Stati Uniti, la ricchezza è un valore perché corrisponde al merito, alla concreta capacità di guadagnarsi una vita agiata attraverso l’abilità e il carattere. Semmai è il povero malvisto, non il ricco, perché significa che non è riuscito nella vita. In America il conto in banca è un sintomo (non esclusivo o attendibile al cento per cento, ma importante) della mole di lavoro, dell’intelligenza, della capacità, della competenza che il singolo ha saputo mettere in campo per affermarsi. Spesso per riscattarsi da una condizione sociale inferiore. In Italia no.

Da noi la ricchezza è più che altro espressione di un privilegio. Vendola avrebbe dovuto distinguere meglio (ma si può capire che i poeti come lui a volte perdano i dettagli) tra la ricchezza che si ottiene con il talento (come quella di Depardieu) e la povertà alla quale si è condannati da un sistema ingiusto, che disconosce il merito (come in Italia). Allora che senso ha parlare di ricchezza e povertà e non invece di favoritismi e clientelismo (Vendola ne sa qualcosa o è uno stinco di santo?), oppure della necessità, per un sistema che sia liberale e equo, di compensare la sfortuna e l’incapacità con la redistribuzione e la solidarietà (oltretutto, senza produzione di ricchezza non c’è redistribuzione o solidarietà possibile).

Lo scandalo non è il denaro, ma il privilegio. La vera ingiustizia è non compensare il merito ma l’appartenenza familiare o partitica. Lo scandalo è uno Stato che mette in campo il redditometro ma non riesce a colpire i grandi evasori, che del redditometro se ne infischiano. Vendola, con le sue battute antidiluviane, alimenta al tempo stesso l’invidia sociale e la tutela dei patrimoni immeritati.  

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Marco Ventura

Inviato di guerra e cronista parlamentare de Il Giornale, poi  collaboratore de La Stampa, Epoca, Il Secolo XIX, Radio Radicale, Mediaset e La7, responsabile di uffici stampa istituzionali e autore di  una decina fra saggi e romanzi. L’ultimo  "Hina, questa è la mia vita".  Da "Il Campione e il Bandito" è stata tratta la miniserie con Beppe Fiorello per la Rai vincitrice dell’Oscar Tv 2010 per la migliore  fiction televisiva. Ora è autore di "Virus", trasmissione di Rai 2

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