Il Papa e le elezioni argentine: addio al fattore K
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Il Papa e le elezioni argentine: addio al fattore K

Francesco invita a votare secondo coscienza. È felice del tramonto della Kirchner ma teme la polarizzazione.

Con una dichiarazione a sopresa, Papa Francesco, fino ad oggi ufficialmente in silenzio a proposito delle elezioni in Argenitna, interviene a poche ora dal ballotaagio invitando a «votare secondo coscienza». Un fatto è certo. L’epoca K è arrivata al capolinea. Il primo turno delle presidenziali in Argentina, il 26 ottobre, ha archiviato 12 anni di potere oligarchico e clientelare della famiglia Kirchner (Nestor, presidente dal 2003 al 2007 e la moglie Cristina che ha preso il suo posto). Daniel Scioli, candidato del partito kirchnerista «Frente para la Victoria», è costretto al ballottaggio il 22 novembre con Mauricio Macri, leader di «Cambiemos» che raggruppa gran parte dell’opposizione. I due sono alla pari. Papa Francesco, che da arcivescovo di Buenos Aires si è duramente scontrato con Cristina, ha contribuito alla svolta. In particolare alla sconfitta di candidati eccellenti del partito della «presidenta», come il discusso Anibal Fernandez nella provincia di Buenos Aires. Ora però la Chiesa si trova «entre la espada y la pared» (tra «l’incudine e il martello»), commentano i cattolici argentini, costretti a scegliere il «male minore» tra Scioli e Macri. E il Vaticano, preoccupato dalla polarizzazione del Paese, preferisce rimanere alla finestra.

La radicalizzazione dello scontro
«La democrazia argentina avanza» ponendo fine al «regime kirchnerista», osserva Eduardo Fidanza sul quotidiano «La Nacion» del 31 ottobre. «Il sistema politico si è rivelato dinamico, con la capacità di suscitare sorpresa e alternanza». Ma «il verdetto elettorale ha prodotto un altro fenomeno che riafferma un carattere del periodo kirchnerista: la polarizzazione». Questo ballottaggio significa «scegliere tra due opzioni che costruiscono il loro profilo accentuando le differenze, dividendo le opinioni, alimentando la logica dei “nostri” e dei “loro”». Così, qualunque sarà l’esito delle urne il 22 novembre, «la polarizzazione accompagnerà il fine del ciclo che si consumerà quando Cristina lascerà la Casa Rosada». Ed è proprio quello che la Chiesa argentina ha sempre temuto: «la radicalizzazione» dello scontro sociale e politico». Ne è convinto anche Rodolfo Terragno che, sul quotidiano «El Clarin» dell’8 novembre, afferma che, qualunque sarà l’esito elettorale, «nel periodo che inizierà il 10 dicembre (l’insediamento del presidente, nda) l’egemonia sarà impossibile e il consenso indispensabile». Il prossimo presidente è avvertito.

Lavorare per la riconciliazione
«Dopo il 22 novembre il primo compito urgente sarà quello di impegnarsi a costruire una diversità riconciliata», osserva monsignor Sergio Buenanueva, vescovo di San Francisco (Cordoba). «Il ballottaggio è parte del lento ma esigente processo che è necessario per convertirci in popolo, maturando uno stile di convivenza che, senza dissimulare né annullare le differenze e i conflitti, permetta di costruire una cultura dell’incontro, del dialogo e dell’amicizia sociale», afferma monsignor Buenanueva. E’ difficile fare previsioni, tuttavia lo spareggio tra i due candidati più votati fa bene alla libertà dei cittadini e rafforza la democrazia. Il 23 novembre alcuni saranno tristi e altri molto contenti. Così funziona la democrazia. La prima cosa da fare sarà cambiare il sistema di votazione perché il calendario elettorale è stato esasperante. La Chiesa ribadirà il suo insegnamento sociale: prima vengono i cittadini e la società civile, poi, al loro servizio, viene la politica. Mai il contrario.

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Ignazio Ingrao

Giornalista e vaticanista di Panorama, sono stato caporedattore dell’agenzia stampa Sir e diretto il bimestrale Coscienza. Sono conduttore e autore della trasmissione A Sua Immagine su RaiUno

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