Un patto tra Egitto e Russia
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Un patto tra Egitto e Russia

Trattative ai massimi livelli tra Il Cairo e Mosca, per la fornitura di moderni armamenti. Un affare miliardario in cui potrebbero rientrare anche i sauditi in funzione anti-USA

 

“Vedete? A Damasco i ribelli hanno già iniziato a usare le tecniche della guerriglia e ora si fanno esplodere direttamente nelle basi militari dell’esercito regolare, passando anche dai tunnel. Volete finire anche voi nella stessa maniera? Con gli Stati Uniti che se ne infischiano di voi e della protezione di cui avete bisogno? Noi possiamo offrirvi molto di più, anche in nome della vecchia amicizia”.

 

Forse non sono proprio stati questi i toni colloquiali con cui il ministro degli Esteri, Sergei Lavrov, e il ministro della Difesa, Sergei Shoigu, hanno proposto ai militari che controllano l’Egitto del post-Primavera araba di acquistare ingenti forniture di armamenti fabbricati dall’industria bellica russa.

 

Ma è sostanzialmente questa la proposta del Cremlino, presentata giovedì scorso direttamente al generale Abdel Fattah Al Sisi, il nuovo rais del Cairo che deve ridisegnare le alleanze internazionali e che desidera consolidare definitivamente il proprio potere nel Paese.

 

La Russia, che ben conosce la situazione precaria dell’Egitto, non appena gli Stati Uniti sono sembrati voler rimettere in tasca il libretto da cui ogni anno staccano un cospicuo assegno per Il Cairo, non ha atteso un minuto di più e ha proposto subito ai possibili acquirenti un menu fatto di consistenti forniture militari: aerei da combattimento, elicotteri, sistemi di difesa aerea evoluti, pezzi di ricambio e anche l’ammodernamento delle attrezzature militari acquistate dall’Egitto molti anni addietro.

 

Tutte cose di cui Al Sisi ha un gran bisogno e che potrebbe portar via in un sol colpo, per appena 2 miliardi di dollari.  Un prezzo giudicato molto generoso dai funzionari russi e che dimostra la voglia di cooperazione militare tra i due Paesi, che potrebbe proseguire come accadeva fino ai tempi di Nasser. L'Unione Sovietica fu il principale fornitore di armi in Egitto tra gli anni Sessanta e i primissimi Settanta, fino al trattato di pace con Israele, mediato dagli USA, che portò in dote anche ingenti aiuti finanziari americani.

 

La strategia geo-economica di Mosca
“Abbiamo deciso oggi di intraprendere passi concreti verso la creazione di una base giuridica per i nostri accordi sulla collaborazione militare”, ha prudenzialmente riferito l’agenzia di stampa russa ‘Novosti’ sull’incontro tra gli alti rappresentanti dei due Paesi.

 

Mosca, è cosa nota, sta tentando di riposizionarsi in Medio Oriente. Lo ha palesemente dimostrato nei giorni delle trattative volte a evitare un attacco americano su Damasco e dintorni, e continua a dimostrarlo oggi, quando ormai si è elevata a status di protettore degli interessi delle nazioni arabe. Del resto, visto lo smarcamento palese da parte degli USA, ha avuto gioco facile, anche se non è detto che l’operazione riesca.

 

Probabilmente, la Russia non riuscirà nel tentativo di operare una sostituzione integrale del ruolo che gli Stati Uniti hanno ricoperto e ricoprono ancora in gran parte del Medio Oriente. Ma, secondo il governo russo, vale certo la pena tentare di espandere la propria influenza in quello che è visto oggi come uno dei mercati più interessanti al mondo. A cominciare proprio dagli accordi commerciali: armi, certo, ma anche grano, di cui la Russia è imbattibile esportatore e di cui Il Cairo ha un crescente bisogno.

 

Così, i ministri Lavrov e Shoigu hanno lavorato sodo in questi mesi per riallacciare i rapporti e proporre all’Egitto una serie di convenienti accordi, che potrebbero gettare un ulteriore ponte nel Mediterraneo. Un’area geografica che per il Cremlino, in quella che potremmo definire una fase espansionistica, corrisponde a una delle principali direttrici della propria politica estera.

 

Le scarse risorse del Cairo e l’interesse saudita
Anche se il mondo è cambiato dai tempi bui della Guerra Fredda, i bisogni dell’Egitto sono ancora gli stessi. Anche perché i vicini di casa - Israele e Siria a est, l’irrequieta Libia a ovest e l’Etiopia che vuole costruire una diga che rischia di strozzare l’accesso alle acque del Nilo, a sud -suggeriscono al Cairo di tenersi preparato a tutto.

 

Perciò, ben vengano le offerte della Russia (e presto probabilmente vedremo anche quelle delle delegazioni di Cina e forse anche dell’India), se non altro per dare un segnale agli Stati Uniti della serie “possiamo anche fare a meno di voi”.

 

Il generale Al Sisi sa bene che l’Egitto, al momento, ha le casse vuote e non può certo permettersi un ordine da almeno 2 miliardi di dollari, come quello proposto dai ministri russi. Per onorare quell’eventuale debito, avrebbe bisogno che Mosca gli facesse credito. Ma la politica russa prevede di fornire armi a titolo di credito soltanto ai Paesi dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO, di cui fanno parte Armenia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Bielorussia), cioè quelli che cooperano con il Cremlino in funzione anti-terrorismo e per lo più contro le minacce provenienti dall’Afghanistan e dalle ex repubbliche caucasiche.

 

Se Mosca non fa credito a nessuno, ecco però spuntare come un insperato deus ex machina l’Arabia Saudita, che di questi tempi non ama particolarmente gli Stati Uniti e che avrebbe già offerto al Cairo un prestito consistente per acquistare senza problemi le armi di cui le Forze Armate egiziane hanno urgente necessità. Un giorno, pensano a Ryad, qualcuno gliene sarà grato.

 

Della cosa si starebbe già discutendo in queste ore alla 13esima edizione del Dubai Airshow, la fiera biennale di cinque giorni (si concluderà giovedì 21 novembre) che, oltre a intercettare migliaia di espositori dell’aviazione militare e civile, è il luogo adatto per tessere relazioni di questo calibro.

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Luciano Tirinnanzi