Un golpe islamista a Tripoli contro l'unità nazionale
MAHMUD TURKIA/AFP/Getty Images
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Un golpe islamista a Tripoli contro l'unità nazionale

Il ritorno dell’ex premier Khalifa Al Ghwell nella capitale è un duro colpo per il governo Serraj sostenuto dall'Onu

Per Lookout news

Venerdì 15 ottobre con un colpo di mano l’ex premier Khalifa Al Ghwell ha rigettato nel caos Tripoli prendendo il comando delle principali sedi governative tripoline. Gli islamisti di Ghwell hanno approfittato dell’assenza del primo ministro designato dall’ONU Faiez Al Serraj, che si trovava a Tunisi per impegni istituzionali, e al momento si dichiarano al comando della capitale libica.

 A prescindere dall’esito di questa azione, quello che è accaduto negli ultimi giorni in Libia ha confermato, forse in modo ormai irrimediabile, l’incapacità del Governo di Accordo Nazionale (GNA) del premier Serraj di tenere unito il Paese. Spalleggiato da una cerchia di suoi fedelissimi, in poche ore Ghwell ha riportato Tripoli indietro di sette mesi, quando nella capitale a dettare legge erano ancora il Congresso Generale Nazionale (CNG, il parlamento destituito nel marzo scorso con la nomina di Serraj a primo ministro, ndr) e l’esecutivo da lui presieduto, vale a dire il Governo di Salvezza Nazionale.

 L’estrema facilità con cui le milizie di Ghwell hanno fatto irruzione all’Hotel Rixos, la sede del Consiglio di Stato che risponde a Serraj, e in altre sedi di uffici governativi e istituzionali, è stata disarmante. Da qui l’ex premier ha provato a riposizionarsi al centro della scena politica nazionale, annunciando la deposizione del GNA e il suo reinsediamento al potere.

 Serraj, che in quel momento si trovava a Tunisi – dove continua a rimanere a tre giorni di distanza dai fatti, stando a quanto dichiarato a Lookout News da fonti ben informate – non ha potuto fare altro che incassare. Il nuovo premier ha condannato l’azione di Ghwell ordinando il suo arresto e quello dei suoi complici. Ma ormai la crisi era iniziata. Il 16 ottobre razzi sono stati lanciati da miliziani islamisti contro la base navale di Abu Sitta, dove Serraj era stato confinato per settimane prima di poter mettere piede a Tripoli. Stando a quanto riporta Libya Herald, l’Hotel Rixos continua a essere circondato da unità armate che sostengono Ghwell. Altre milizie sue alleate, tra cui la Brigata dei Rivoluzionari di Tripoli guidata da Haithem Tajouri, stanno estendendo la loro rete di posti di blocco in vari punti nevralgici della città.

 

Possibile un patto tra Ghwell e Al Thinni?

È difficile prevedere se e come Serraj riuscirà a riprendere il controllo della situazione a Tripoli. Il suo vice, Ahmed Maetig, ha avuto più incontri con il comandante della Guardia Presidenziale, il colonnello Al-Najmi Nakua. Ma, secondo diverse fonti, il fronte a sostegno del GNA si starebbe gradualmente disfacendo, con una parte della stessa Guardia Presidenziale pronta a passare al servizio di Ghwell come dichiarato questa notte da un suo portavoce.

 

Fayez Serraj
(Faiez Serraj, premier del Governo di Accordo Nazionale designato dall’ONU)

 

In parallelo, iniziano a farsi largo le prime ipotesi su un possibile dopo-Serraj. Secondo l’emittente televisiva degli Emirati Arabi Al Arabiya, Ghweil avrebbe contatto Abdullah Al Thinni, primo ministro del governo di Beida (espressione della Camera dei Rappresentanti di Tobruk, parlamento riconosciuto dalla comunità internazionale, ndr), proponendogli la formazione di un esecutivo congiunto alternativo rispetto a quello designato dalle Nazioni Unite. Al Thinni, che in questi mesi ha fatto pressione sul suo parlamento affinché non votasse la fiducia al governo di Serraj, per il momento non si sarebbe esposto. La possibilità di un’unione di intenti tra Tripoli e Tobruk resta comunque in piedi e Ghwell per dare concretezza alla sua iniziativa può già contare sull’appoggio di Ziyad Daghim, esponente di Bengasi della Camera dei Rappresentanti, da sempre tra i principali oppositori di Serraj.

La strada resta comunque tortuosa. Prima e dopo l’insediamento di Serraj, le milizie di Tripoli e Tobruk – quest’ultime guidate dal Libyan National Army con a capo il generale Khalifa Haftar – non hanno mai smesso di combattersi. Inoltre, anche qualora la Camera dei Rappresentanti dovesse appoggiare un governo ispirato da Ghweil e Al Thinni dandogli la fiducia, si assisterebbe a un inevitabile scontro tra i due per la poltrona di premier.

 

Si allarga il fronte pro-Haftar

Di fronte all’instabilità libica, la comunità internazionale si sta mostrando per l’ennesima volta disorientata e incapace di proteggere l’uomo su cui ha puntato, ossia Serraj. Subito dopo l’occupazione dell’Hotel Rixos da parte di Ghwell, le dichiarazioni ufficiali di Stati Uniti, Nazioni Unite e UE non si sono fatte attendere. Di concreto però finora non c’è stato nulla, e il fatto che nelle ultime 72 ore da Tripoli siano arrivate poche e frammentate notizie su quanto sta accadendo dimostra che l’Occidente sta provando a non far emergere le proporzioni della crisi in corso. Una crisi che, qualora dovesse andare fino a fondo, sconfesserebbe in toto la sua linea politica e gli sforzi fatti per nominare primo ministro Serraj.

 Che la comunità internazionale fosse sempre meno convinta di questa scelta, lo si era già intuito alla conferenza sulla Libia organizzata lo scorso 3 ottobre a Parigi, confronto al quale erano stati invitati rappresentanti di Paesi europei, africani e mediorientali (Germania, Italia, Regno Unito, Spagna, Turchia, Qatar, Arabia Saudita ed Egitto), tranne gli esponenti del Governo di Accordo Nazionale.

Mentre a parole tutti hanno sostenuto la necessità di creare un fronte diplomatico comune per promuovere la riconciliazione nazionale in Libia, nei fatti da mesi il fronte che si sta allargando è quello a sostegno di Haftar. Il generale ha l’appoggio dell’Egitto, che punta a fare della Cirenaica una sorta di suo protettorato, e della Francia. E dopo il blitz con cui a inizio settembre ha preso il controllo dei terminal e dei pozzi situati nella Mezzaluna Petrolifera, allearsi a lui è diventata una priorità anche di altri: della Russia, che anche in Libia sta colmando i vuoti lasciati dalla disastrata politica estera in Nord Africa degli Stati Uniti degli ultimi anni, e dell’Italia, che non può rinunciare al petrolio che dalle coste della Cirenaica ha ripreso a partire verso l’Europa.

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Rocco Bellantone