Ucraina, Kiev si tinge di sangue. Si teme la repressione
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Ucraina, Kiev si tinge di sangue. Si teme la repressione

Le ambasciate occidentali in Ucraina temono il peggio. Che può solo significare l’intervento dell’esercito per sgomberare piazza dell’Indipendenza. Riuscirà Yanukovich a evitarlo? - Foto

per Lookout News

Nuovi scontri tra manifestanti e polizia sono esplosi nel centro di Kiev, lungo quel nuovo muro berliniano che divide idealmente l’Ovest dall’Est, eretto dalla propaganda delle rispettive parti in gioco, Stati Uniti ed Europa da un lato e Russia dall’altro. Ma quei principi di libertà e democrazia che vengono sventolati all’ombra di Piazza Maidan e che si vorrebbero alti e nobili, somigliano sempre più a un inutile esercizio di stile che, dopo il bagno di sangue di ieri, prelude piuttosto a una nuova repressione. Al momento, sono già 25 i morti lasciati sul campo e, di questi, circa un quarto appartengono alle forze dell’ordine.

C’è poco altro da dire sulla situazione, sennonché la degenerazione vera e propria non si è ancora vista. Chi è al comando del Paese, ovvero il presidente Viktor Yanukovich, sa benissimo che dovrà prendere rapidamente una decisione drastica: rassegnare le proprie dimissioni o mandare l’esercito. Una terza via non pare profilarsi all’orizzonte e certo non aiutano le voci della piazza, che non hanno né un interlocutore riconoscibile né le idee molto chiare. Solo l’opposizione parlamentare sembra mantenere lucidità nel chiedere le dimissioni del presidente, ritenuto pressoché unico responsabile dell’ennesima manifestazione di rabbia del popolo ucraino.

Così la leggono anche dagli Stati Uniti. L’ambasciatore americano in Ucraina, Geoffrey R. Pyatt, ha sottolineato prontamente che “gli Stati Uniti ritengono Yanukovich direttamente responsabile per la crisi del Paese e per quel che accadrà d’ora in avanti”.  Mentre Mosca ha ribattuto seccamente che “è proprio un simile atteggiamento a incoraggiare i radicali in strada”. 

- Le prospettive e i possibili sviluppi

I rivoltosi, che ancora oggi bruciano pneumatici e lanciano bottiglie molotov contro le forze di sicurezza, forse non vogliono riconoscere che gli accordi economici con la Russia non sono più negoziabili e, di fatto, l’avvicinamento all’Europa è saltato. Per tornare allo status quo ante Mosca dovrebbe riprendersi l’assegno miliardario che ha staccato al presidente ucraino, dovrebbe lasciare libero Yanukovich di scegliere le politiche economiche del suo Paese (a discapito degli interessi di Mosca) e dovrebbe approvare l’annuncio delle dimissioni del presidente e le conseguenti nuove elezioni. 

Tutto questo non è nei piani di Vladimir Putin. E a Kiev lo sanno bene. È la frustrazione, perciò, ad alimentare la speranza che tutto, improvvisamente, possa cambiare in favore della piazza. Il ministero della Sanità ucraino, intanto, ha contato sinora 241 persone ferite tra i ricoverati in ospedale, di cui: 79 appartenenti ai servizi di sicurezza dipendenti, 5 giornalisti, 3 figli di uomini politici. Oltre ai 25 morti.

- Le armi da fuoco e l’intervento armato

Tra i caduti, ci sarebbe anche un giornalista delVesti(giornale locale), Vyacheslav Veremey, deceduto per ferita da arma da fuoco. Il che significa anche che adesso circolano più armi da fuoco rispetto a qualche settimana fa, quando queste venivano solo sventolate per i fotografi. Dice un comunicato sul sito web del ministero degli Interni ucraino: “Gli agenti di polizia e le truppe non utilizzano armi da fuoco, le forze dell’ordine stanno usando solo armi non letali” e dunque “prendendo in considerazione la natura delle ferite riportate dai civili morti e la natura delle armi che sono state confiscate, si può supporre che queste ferite siano state inflitte dai manifestanti violenti”.  

Tutto ciò suona alquanto sinistro e prelude a un intervento più duro per sgombrare la piazza, dato che il ministero non può lasciare che i manifestanti si armino. Anche perché la piazza ormai non ha ragioni per ritirarsi spontaneamente, a meno che il presidente non si dimetta subito. Altre richieste non sono pervenute. 

Joe Biden, vicepresidente degli Stati Uniti, nel corso di una telefonata al presidente Yanukovich ha espresso “grave preoccupazione” per l’ondata di violenze nella capitale ucraina e ha invitato Yanukovich a usare “la massima moderazione e a ritirare le forze dell’ordine dal centro di Kiev”. Come a dire, che Washington sa benissimo quale sarà il prossimo passo. Non a caso, il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha pubblicato un avviso per i cittadini americani presenti in Ucraina o in attesa di partire: “La situazione in Ucraina è imprevedibile e potrebbe cambiare rapidamente. Ulteriori scontri violenti tra polizia e manifestanti a Kiev e in altre città sono possibili”, recita il messaggio.

Adesso, si attende solo uno sblocco della situazione che non conduca a quella paventata guerra civile, che non si può affermare sia avvenuta. Al momento, infatti, le armi da fuoco non hanno preso il sopravvento e gli scontri sono circoscritti alla capitale: qui, è il pensiero comune degli addetti ai lavori, tutto è cominciato e qui dovrà finire.

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Luciano Tirinnanzi