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Trump, il presidente contro i giornalisti

Aggressivo, rabbioso e risentito con chi ha evidenziato come all'inaugurazione ci fosse poca gente, accusa: "Non è vero, sono i media disonesti"

Rabbioso, narcisista, in difficoltà davanti a chi lo critica e si permette di non elogiarlo, soprattutto se sono giornalisti. Ecco Donald Trump nei primi giorni da Presidente, esattamente quello che era in campagna elettorale. Nessuno stile istituzionale, almeno per ora.

Pare che i suoi consiglieri più ragionevoli abbiano passato il sabato a ricordargli le responsabilità della carica. Ma lui, e con lui il suo press secretary, Sean Spicer, ha passato la prima giornata della nuova presidenza ad attaccare i giornalisti. Perché?
In sostanza la colpa è della fotografia combo che è girata ovunque sui siti di informazione ed è rimbalzata sui social network. È la foto che confronta l'enorme folla nel Mall a Washington, all'inaugurazione della presidenza Obama nel 2009 con i larghi vuoti di quella di Trump.

Davanti alla foto e ai commenti dei giornalisti, Trump ha mostrato tutta la debolezza del carattere, le difficoltà nel controllare la gelosia e l'invidia. Osate forse dire che Obama fosse più popolare di me?
E allora una raffica di insulti e falsità. Attraverso Spicer ma anche in prima persona, durante la visita di "riparazione" al quartier generale della Cia, dove si è preoccupato più di parlare di se stesso e di attaccare la stampa che di sanare gli attacchi all'intelligence dei giorni e settimane scorsi. Intalligence "colpevole" di aver scritto e dimostrato che gli hacker russi hanno provato a influenzare le elezioni.

Spicer ha detto che le foto della gente al Mall sono state appositamente editate e tagliate in modo da nascondere "l'enorme folla"; poi ha detto che i dati relativi all'uso dei mezzi pubblici a Washington Dc dimostrerebbero un movimento maggiore rispetto all'inauguration day del 2013: salvo essere smentito immediatamente dai numeri diffusi dalla Washington-area transit authority.

Allora, senza timore di ridicolo, Spicer ha poi detto che la colpa è delle misure di sicurezza che avrebbero impedito quest'anno l'accesso a centinaia di migliaia di persone: anche in questo caso smentito dal Secret Service che ha assicurato che le misure questa volta fossero le stesse degli anni scorsi.

Insomma, l'uomo stampa di Trump ha dovuto reggere la storiella inventata a uso e consumo dal suo capo: è la stampa che vuole intaccare la legittimità della presidenza.

Trump, rabbioso, come era stato in campagna elettorale, quando i fatti e le opinioni sottolineano quanto il paese sia diviso, quanto il consenso su di lui sia limitato, quando si manifesta tutta l'entità dell'opposizione alla sua presidenza.

Opposizione che sabato si è fatta sentire e vedere in molte città degli Stati Uniti, con "la marcia delle donne", a cominciare da Washington dove la partecipazione è stata a sua volta assai maggiore di quella alla cerimonia di Trump.

Alla Cia, Germania nazista?
Sempre sabato, alla sua visita al quartier generale della Cia, dove l'hanno spedito i suoi collaboratori per riparare i guai creati con gli attacchi delle scorse settimane, Trump ha usato i minuti del suo discorso per autoesaltarsi, per dire che non non è vero che ha coperto di insulti la Cia e gli altri servizi di intelligence, ha praticamente ignorato i ringraziamenti e l'omaggio al servizio degli agenti.

La campagna elettorale aveva mostrato come la neolingua di Trump - nella quale vale tutto, si può dire tutto, indipendentemente dai fatti; per poi, se serve, negare di averlo detto - questa neolingua, dunque, aveva dimostrato tutta la forza di convincimento dei fan più acritici ma anche quanto sia difficile per Trump argomentare con interlocutori dotati di senso critico.

E a Langley Trump è stato molto generico, ha esaltato la propria, presunta, sconfinata ammirazione per la Cia, ma ha soprattutto attaccato i media: "Sono fra le persone più disoneste che ci siano sulla terra, e hanno fatto credere che io fossi in contrasto con l'intelligence". Come dire: L'unica verità è quella che invento io.

La visita alla Cia, ha generato alcune critiche pesanti da parte di funzionari dell'Agenzia, alcuni ancora in carica, altri ormai ex. Su tutti, John O. Brennan, dimessosi proprio venerdì dalla direzione della Cia, ha detto di essere rattristato e arrabbiato davanti alla spregevole auto-esaltazione di Trump, davanti al Memorial Wall degli eroi dell'Agenzia.

Critiche anche da Mark Lowenthal, un analista Cia, ora a riposo. Lowenthal ha detto che Trump ha lasciato l'impressione di non fidarsi dell'intelligence.
Li aveva chiamati Nazisti, la visita di sabato, ha concluso, sarebbe dovuta essere una spedizione di riparazione, di attenzione e cura. Invece ha confermato l'impressione che non abbia grande riguardo per il loro lavoro.

[The New York Times, The Huffington Post, The Washington Post]

ZACH GIBSON / AFP / Getty Images
Manifestanti prima dell'Inauguration Day del presidente eletto Donald Trump il 20 gennaio 2017 a Washington, DC

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Luigi Gavazzi