Sally Yates
Alex Wong/Getty Images
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Trump e l'immigrazione: crisi istituzionale negli Stati Uniti

Il presidente caccia il procuratore generale ad interim che aveva invitato gli avvocati del ministero della giustizia a non difendere il bando all'ingresso da sette paesi a maggioranza musulmana. Le critiche di Obama. Resistenze al Dipartimento di Stato

--> Rimossa Sally Yates
--> Critiche pesanti da Obama
--> Resistenze al Dipartimento di Stato
--> Gli imprenditori contro l'ordine esecutivo di Trump

Non si fermano negli Stati Uniti e in altre parti del mondo le proteste contro l'ordine esecutivo di Trump che chiude le frontiere per rifugiati e immigrati da sette paesi a prevalenza musulmana.

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Intanto il presidente ha sollevato dall'incarico Sally Q. Yates, l'attorney general (equivalente del ministro della giustizia) facente funzioni per il periodo di transizione dall'amministrazione Obama alla nuova, fino a quando cioè, sarebbe stata confermata dal Senato la nomina di Jeff Sessions.

Yates lunedì aveva infatti istruito gli avvocati del ministero della giustizia dicendo loro di "non difendere" l'ordine esecutivo di Trump ("Protecting the Nation From Foreign Terrorist Entry Into the United States").
"Ha tradito l'aministrazione", ha detto Trump e al suo posto ha nominato Dana J. Boente, fedele avvocato che resterà in carica fino all'arrivo di Sessions.

La crisi per la mossa antimusulmana del presidente si manifesta anche nel Dipartimento di Stato, dove circola un "dissent cable" nel quale molti funzionari sostengono che l'ordine di servizio di Trump che chiude le porte del paese a 200 milioni di persone per evitare l'ingresso di qualche presunto terrorista, non renderà il paese più sicuro anzi probabilmente accrescerà invece la minaccia.

Lunedì, come abbiamo visto, il blocco all'immigrazione ha sollevato critiche e proteste oltre che da cittadini in numerose città degli Stati Uniti e in Europa - in particolare a Londra - anche dagli imprenditori della Silicon Valley, da grandi aziende di altri settori, e dall'ex presidente Barack Obama.
Obama, in un comunicato nel quale si sostiene il diritto di manifestare contro il provvedimento da parte di cittadini che difendono i valori di libertà americani, ha detto di essere in completo disaccordo con l'idea di discriminare persone a causa della loro appartenenza a una fede o una religione.

Critiche molto pesanti anche dall'Alto commissario dell'Onu per i diritti umani, Zeid bin Raad Zeid al-Hussein.
"La discriminazione sulla base della nazionalità è vietata dalle leggi sui diritti dell'uomo", ha tuonato in un raro tweet, "il bando americano è una cosa meschina nonché uno spreco di risorse che potrebbero essere destinate alla lotta contro il terrorismo".

Il provvedimento di Trump ha creato notevole confusione negli aeroporti anche lunedì. Un provvedimento scritto e pubblicato con scarsa attenzione per le implicazioni legali e pratiche, formulato senza consultarsi e aspettare gli abituali pareri legali degli esperti. Questo ordine esecutivo conferma il dilettantismo di fondo di Trump e dei suoi consiglieri più vicini, oltre che l'approccio ideologico ad alcuni argomenti, affrontati per poter proclamare di aver mantenuto le promesse elettorali dell'estate ma senza la necessaria attenzione per il governo del paese.

In Europa, domenica e lunedì la voce più autorevole contro la chiusura degli Stati Uniti a cittadini provenienti dai sette paesi, è stata quella di Angela Merkel. A Londra migliaia di persone hanno manifestato chiedendo al primo ministro Theresa May di cancellare l'invito a Trump che dovrebbe arrivare in visita di Stato.

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Sally Yates, attorney general ad interim nel passaggio fra l'amministrazione Obama e quella di Donald Trump, in una immagine scattata il 17 giugno 2015, quando era vice attorney general

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Luigi Gavazzi