In tribunale il contrasto tra Raggi e Grillo
Il 13 gennaio, a Roma, va in udienza un ricorso contro il "contratto-statuto" dei candidati alle amministrative. E il sindaco di Roma sosterrà che è nullo
Venerdì 13 gennaio, in un'aula del tribunale civile di Roma, si terrà un'udienza che rischia di creare un serio problema, legale, politico e d'immagine, al Movimento 5 stelle.
È una storia iniziata il 23 maggio 2016, un mese prima delle elezioni comunali. Quel giorno Venerando Monello, un avvocato romano vicino al Partito democratico, ha depositato in tribunale un ricorso d'urgenza sostenendo che Virginia Raggi fosse ineleggibile a causa del contratto firmato con i vertici del M5s.
Il 6 dicembre si è già svolta una prima udienza, e in quell'occasione Monello ha confermato le sue accuse contro Raggi, nel frattempo eletta: "La prima cittadina ha firmato un contratto illegittimo con il M5s" sostiene Monello. "Quindi era ineleggibile e ora deve decadere".
Il contratto in effetti esiste, anche se ha l'intitolazione di "codice di comportamento" e per i candidati del M5s prevede una serie di clausole politicamente onerose: vi si stabilisce per esempio che tutte "le proposte di atti di alta amministrazione e le questioni giuridicamente complesse", esattamente come tutte "le proposte di nomina dei collaboratori" del sindaco debbano essere "preventivamente sottoposte a parere tecnico-legale a cura dello staff (cioè del vertice del Movimento 5 stelle, configurato in Beppe Grillo più la Casaleggio & associati, ndr) coordinato dai garanti del Movimento».
La mancata ottemperanza a queste e ad altre direttive comporta per i candidati "l'impegno etico a dimettersi", e addirittura "una sanzione da 150 mila euro".
L'avvocato Monello, con il suo ricorso, ha ricordato correttamente che il Codice civile (all’articolo 1.343) prevede la nullità di ogni contratto "contrario a norme imperative, all’ordine pubblico e al buon costume". Questo significa che in Italia nessuno può pretendere da un tribunale l’esecuzione di un contratto nel quale ha stipulato un prezzo per la vendita di un organo, oppure quello che dovesse vincolare una prostituta al suo sfruttatore. Ma nessuno può nemmeno pretendere che un giudice imponga a un sindaco di fare quel che gli chiede il partito, o di pagare una multa in caso contrario.
Dalla metà di dicembre, quando è stato arrestato il suo braccio destro Raffaele Marra, Virginia Raggi è stata posta di fatto "sotto tutela" da Beppe Grillo. Ma adesso qualcosa di ben diverso potrebbe uscire il 13 gennaio dal tribunale. Perché nella memoria che hanno presentato in vista dell’udienza sono ora gli stessi legali di Virginia Raggi a sostenere che la domanda di decadenza presentata da Monello è infondata, in quanto il contratto firmato dal sindaco dev'essere considerato "nullo".
Scrivono gli avvocati: "In virtù del noto principio vigente nel nostro ordinamento secondo cui quod nullum est nullum producit effectum (cioè: quel che è nullo non produce alcun effetto, ndr), l’eventuale dichiarazione di nullità del codice di comportamento accerterebbe in automatico l’inesistenza ex tunc di qualsivoglia obbligo in capo a Virginia Raggi in virtù della sottoscrizione del suddetto codice".
Insomma, lo statuto del Movimento 5 stelle può pretendere che i suoi eletti ne rispettino programmi e direttive. Ma chi non dovesse farlo non ha alcun dovere di pagare alcunché, né di dimettersi: potrebbe tutt'al più essere sanzionato per le vie interne, al massimo con l’espulsione.
È quello che è accaduto per esempio al sindaco grillino di Parma, Federico Pizzarotti, che è stato espulso dal Movimento 5 stelle per un'inchiesta penale a suo carico (peraltro in seguito archiviata) ma è rimasto al suo posto e sta pensando a una lista civica.
Ora lo dicono esplicitamente anche gli avvocati di Raggi, a sua volta avvocato (e in quanto tale di certo consapevole della nullità del contratto-statuto fin dalla sua sottoscrizione). E la rivendicazione di libertà suona quasi come una dichiarazione di guerra: il contratto con gli eletti del Movimento 5 stelle non esiste.
È una questione giuridica. Ma il 13 gennaio, quando se ne discuterà in un'aula del tribunale di Roma, diventerà tutta politica.