Xi Jinping e Donald Trump
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Tre motivi per cui Cina e Usa non potranno mai collaborare

Incompatibilità di valori, visioni economiche opposte e un braccio di ferro distruttivo in Corea del Nord

Quano finirà il braccio di ferro tra Donald Trump e Xi Jinping? Due personalità agli antipodi, paladini di valori e visioni del mondo inconciliabili, dopo una partenza molto promettente i leader di Stati Uniti e Cina si sono ritrovati a competere un po' su tutto. Al punto da finire col peggiorare ancora di più il già difficile rapporto che Xi aveva instaurato con Barack Obama. E con questo testa a testa per la notorierà e il prestigio Pechino e Washington stanno mettendo a rischio la stabilità politica ed economica del pianeta. Nella penisola coreana e non solo.

Donald Trump e la Cina

In campagna elettorale Donald Trump lo ha ripetuto fino alla nausea: la politica economica di Pechino penalizza gli Stati Uniti e l'America deve fare il possibile per fare in modo che la Cina cominci a "comportarsi in maniera responsabile", abbandonando quell'atteggiamento da free rider che la porta ad arricchirsi alle spalle del resto del mondo. Sempre in campagna elettorale Trump ha parlato di Cina così frequentemente che la stessa parola China è diventata oggetto di numerosi meme in rete. 

Dopo le elezioni, però, questa retorica si era un po' sfumata. I due leader mondiali si sono incontrati ad aprile 2017 a Mar-a-Lago, dove la nipotina di Trump ha persino allietato Xi e consorte con una canzoncina in cinese imparata a scuola, e nel novembre successivo a Pechino, dove, quasi a consacrare il fascino dell'intesa intesa ritrovata, il presidente americano ha iniziato uno dei suoi due discorsi ufficiali sottolineando come "insieme, Cina e Stati Uniti avrebbero potuto risolvere tutti i problemi del mondo".

Un'amicizia impossibile

Eppure, immaginare che Donald Trump e Xi Jinping potessero diventare amici è sempre stato molto difficile. Forse l'unico punto in comune dei presidenti di Cina e Stati Uniti è la forte retorica sull'impegno a contrastare la povertà nei rispettivi paesi con ogni mezzo, ponendosi come priorità quello di garantire ai concittadini un futuro di benessere e prosperità. Poi naturalmente c'è l'ambizione ad essere riconosciuti leader internazionali di primissimo livello, e forse è stata proprio questa assoluta mania di protagonisto a portarli verso lo scontro frontale.

C'è poi chi ha sottolineato come The Donald incarni tutto quello che Xi Jinping sta cercando di combattere, e quindi atteggiamento sfacciato, provocatorio, oltre a una ricchezza smodata messa continuamente in mostra. Verissimo, come è vero, d'altro canto, che Xi Jinping rappresenti per Trump un grave pericolo per quella campagna contro le libertà che ha lanciato su scala nazionale ma che, attraverso i suoi emissari, studenti universitari inclusi, potrebbe espandersi in tutto il mondo.

Due leader concentrati su loro stessi

Eppure, nonostante la diffidenza e lo scarso rispetto reciproco, Xi Jinping e Donald Trump, tutte le volte che non è in gioco l'interesse nazionale del paese che rappresentano, sembrano procedere sulle rispettive strade, disinteressandosi l'uno dell'altro. Anzi: Trump ha quasi strizzato l'occhio a Xi quando è arrivata la notizia dell'approvazione dell'emendamento costituzionale con cui è stato abolito il limite dei due mandati per le cariche di presidente e vice presidente, sostenendo con il suo solito fare beffardo che anche gli Stati Uniti potrebbero prendere in considerazione l'approvazione di una riforma simile. 

A Trump sembra importare poco o nulla del problemi di diritti umani, dissidenti, tibetani e via dicendo. A lui interessano gli americani, ed eventualmente gli interessi delle aziende americane in Cina (che non ha mai nascosto di voler riportare indietro). Tutto il resto sono affari di Xi. L'America di Trump non ha ne' il tempo ne' la voglia di fare proprie le grandi battaglie morali di cui è stata protagonista per decenni. 

Pestarsi i piedi in Corea del Nord

La gestione della crisi coreanaè forse stata la questione che ha davvero annullato ogni possibilità di dialogo tra i due leader. portato all'allontanamento dei due leader. Gestire Kim Jong-un non è un compito facile, ma da quando l'escalation di test missilistici è cominciata Pechino e Washington non si sono mai trovate d'accordo su nulla. Trump ha più volte accusato Xi di non fare abbastanza sul piano delle sanzioni, non ha accolto nessuno degli inviti al dialogo lancati dal Presidente cinese, e ha persino contribuito a organizzare unvertice sulla Corea del Nordin Canada dove la Cina non è stata nemmeno invitata. Per non parlare del sostegno dato alla Corea del Sud con lo scudo antimissile che pechino ha cercato in tutti i modi di boicottare. Eppure, in linea di principio entrambe le potenze volevano la pace, ma ognuna vuole ottenerla a suo modo.

Trump non ha mai commentato la missione dell'inviato cinese Song Tao a Pyongyang, ma di certo non ha perso occasione per ribadire come sia stata la sua linea dura a costringere Kim al dialogo, tant'è che al tavolo col dittatore coreano si siederà lui, e non di certo Xi Jinping. Per la Cina questo isolamento è uno smacco molto difficile da digerire.

Testa a testa sui dazi

Il colpo di grazia è invece arrivato con i dazi, che oltre ad aver colpito duramente la Cina al punto da indurre gli analisti a parlare di possibile guerra commerciale, hanno creato un muro di diffidenza sui mercati cui ognuno risponde come può. E così la Cina va avanti con la sua Via della Seta rafforzando il rapporto di dipendenza con le nazioni che la sostengono, gli ex 11 della Trans Pacific Partnership abbandonati in extremis da Trump decidono di rilanciare l'accordo continuando però a escludere la Cina, Trump continua, settimana dopo settimana, ad annunciare nuovi dazi e tariffe che non fanno altro che mettere nuovi paletti al commercio internazionali creando distorsioni più che opportunità, flessibilità e cooperazione. E la paura che questo confronto tra grandi potenze, per un errore banale o per delirio di onnipotenza, sfugga di mano a qualcuno è sempre più concreta.

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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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