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Tonache pulite

L'editoriale del direttore di Panorama, Maurizio Belpietro, dedicato all'altro volto dell'inchiesta su Chiesa e pedofilia e al servizio sui baby transgender

Mi ha scritto l’ex direttore di Verona Fedele, il settimanale della diocesi scaligera. Don Bruno Fasani è un amico e voleva farmi gli auguri, per Panorama e per Natale. Tuttavia ha colto l’occasione per rimproverarmi, segnalandomi che i preti non sono tutti come quelli che abbiamo raccontato nell’inchiesta su Chiesa e pedofilia. Non ce n’era bisogno: so bene che la maggioranza dei sacerdoti sono persone per bene, che hanno scelto una vita di sacrificio e di preghiera in nome della fede. Lo so per esperienza diretta, perché, nonostante abbia sessant’anni, ho nitido il ricordo della mia adolescenza.

Al pari di molti miei coetanei, quegli anni li ho trascorsi tra la parrocchia e l’oratorio, a stretto contatto con un giovane curato. Si chiamava Piergiorgio, era piccolo, calvo e pignolo. Non era un trascinatore di folle e neppure un brillante oratore. Anzi, diciamoci la verità: le sue prediche erano noiose, perché parlava come un libro di catechismo. Con il senno di poi, però, posso dire che era un bravo prete: uno che ci credeva e che - se mi è permessa la battuta - ci metteva l’anima. 

Io sono cresciuto in mezzo ai preti. Don Piergiorgio era il curato della mia parrocchia, ma poi c’era don Giacomo, l’insegnante di religione delle medie, uno che arrivava su una coupé 850 Fiat di colore azzurro elettrico e storpiava la canzone di Gian Pieretti, un cantante dell’epoca. Invece di «Tu sei bello e ti tirano le pietre» lui entrava in classe canticchiando: «Tu sei bello e ti tirano l’uccello, tu sei brutto e te lo tirano del tutto». Come potrete immaginare era amatissimo, anche perché tra la spiegazione di una parabola e l’altra ci infilava qualche barzelletta. Quando se ne andava sulla sua rombante macchinetta, raccontava che ai vigili che l’avevano fermato per eccesso di velocità, si era giustificato dicendo che stava correndo da un fedele per impartirgli l’estrema unzione. Indossava la tonaca e allo stesso tempo un tono scanzonato e simpatico.

Così come simpatico era don Silvio, il prete delle superiori, anche lui un barzellettiere nato, che aveva la stessa faccia del don Camillo di Guareschi versione Rai. Poi ho fatto in tempo a conoscere anche padre Francesco, un comboniano secco come un grissino che studiava portoghese con l’intenzione di partire per il Mozambico, ex colonia di Lisbona, dove era in corso una guerra tra fazioni marxiste o più semplicemente fra bande che dopo anni di dittatura non riuscivano ad adeguarsi alla democrazia. 

Se vi racconto tutto ciò non è però per rendervi noti i fatti miei, ma solo per dire che i preti li conosco da vicino. Ho fatto il chierichetto e il lettore di sacre scritture (all’epoca i brani del nuovo testamento li leggeva una specie di chierichetto più grande e non un fedele che lasciati i banchi sale verso l’altare) e tuttavia nessuno fra i sacerdoti che ho frequentato ha mai molestato me o qualcuno dei miei compagni. La parrocchia e l’oratorio erano luoghi protetti, che ai genitori garantivano sicurezza oltre che insegnamenti. Di sesso o di approcci sessuali neanche a parlarne. Anzi, un giorno, avendo scoperto nella biblioteca della parrocchia una copia de Il prete bello di Goffredo Parise, storia di un parroco di provincia conteso e coccolato dalle donne del quartiere, vicenda grottesca e scandalosa che finisce con la morte del sacerdote dopo che questi ha messo incinta la bella Fedora, don Piergiorgio sequestrò il volume, facendolo a pezzi e gettandolo nel cestino. 

Come dicevo però, tutto ciò accadeva molto tempo fa. Quella era un’Italia molto diversa. Certo, don Dino aveva scelto di lasciare la tonaca per mettersi con una donna, ma nei luoghi che ho frequentato io di preti pedofili non c’era ombra. Direte: erano altri tempi. Sì, certo, all’epoca non di discuteva neppure di baby transgender, ovvero di ragazzini che a sette o 12 anni vogliono cambiare sesso, l’argomento che abbiamo scelto di mettere in copertina. È un fenomeno sommerso, ma come potrete leggere nell’inchiesta di Terry Marocco, molto più diffuso di quanto riteniate. Sono centinaia i bambini e adolescenti che in Italia vengono sottoposti a cure che li aiutano a diventare altro rispetto a quello che sono. Gli esperti descrivono un fenomeno che sta crescendo con percentuali inimmaginabili, mentre una psicoterapeuta che li ha in cura parla di contagio sociale. Non so se sia così. So che il gemello di un dodicenne di Ravenna supplica il fratello: «Sei nato maschio come me, rimani maschio». 


(Editoriale pubblicato nel n° 1 di Panorama in edicola dal 19 dicembre 2018)

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Maurizio Belpietro