Berlinguer: "Noi del Pd, sperimentatori pasticcioni"
Angelo Carconi/Ansa
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Berlinguer: "Noi del Pd, sperimentatori pasticcioni"

Il garante nazionale sul caos-tesseramento: "Va bene voler allargare la partecipazione, ma va disciplinata"- La rivolta della base dem

Una libertà senza regole diventa sfrenatezza ed è nella sfrenatezza che si annida il caos. I Paesi più liberi sono anche quelli più organizzati: è per questo che il Pd deve dotarsi di regole e forme partitiche più efficaci".

C'è senz'altro amarezza e preoccupazione nelle riflessioni del presidente della Commissione di garanzia del Pd Luigi Berlinguer sul “pasticcio” (lo chiama così) del tesseramento e le presunte irregolarità denunciate in molte parti d'Italia. Ma pure l'orgoglio, condiviso da tanti militanti, di far parte di un partito che ha deciso di rischiare, di sperimentare anche “a costo di esporsi alle critiche e di accentuare la conflittualità interna”.

Nei prossimi giorni toccherà a lui e agli altri garanti stabilire se tra i casi all'esame della Commissione nazionale per il congresso ci sono state delle violazioni allo Statuto e al Codice etico ed eventualmente quali debbano essere le sanzioni.

Per la natura del suo ruolo, Berlinguer non si sbilancia nel giudicare se la Direzione nazionale abbia fatto bene o male a bloccare in corsa il tesseramento e nemmeno sotto tortura farebbe i nomi e i cognomi di chi, secondo lui, ha le colpe maggiori di quanto è accaduto.

Ma una cosa si sente di dirla: “Va benissimo voler allargare la partecipazione, ma poi bisogna anche saperla disciplinare”.

Presidente Berlinguer, ancora non sappiamo quante saranno alla fine le irregolarità accertate, ma alcuni numeri sicuri ce li abbiamo: su 600mila tesserati attuali, fino ad oggi hanno votato nei circoli in 320mila; nel 2009, su 800mila iscritti votarono in 420mila. Mi spiega come si fa a parlare di iper-tesseramento?

Infatti non se ne può parlare. Si è accreditata una versione mediatica che ci sia stata ovunque un'alluvione di tessere: è tutto il contrario. Ci sono, invece, denunce di presunte irregolarità sulle quali dovremo fare chiarezza, con rigore ed intransigenza.

Ma è possibile che il Pd, come lamentano in questi giorni molti militanti, si sia ridotto a essere una sorta di comitato elettorale permanente dove a vincere non sono le idee ma i pacchetti di tessere?

No, il partito non è questo. Il Pd esiste ed è quello delle migliaia di attivisti che si fanno il mazzo ogni giorno come volontari, in un clima generale di crisi della partecipazione alla vita politica del Paese che si manifesta drammaticamente soprattutto nei livelli d'astensione al voto.

Ai tempi del Pci sarebbe mai successo?

Non credo proprio. Il Pci era un partito diverso e i tempi erano diversi. Non solo in Italia, ma in tutta Europa, è venuta ora a mancare la cornice che teneva unite e governava le idealità dei singoli, ossia l'ideologia. Quella comunista, come anche le altre, non c'è più. Questo però non significa che non ci siano più le idealità, quella dell'etica politica, della società giusta, dello Stato sociale.

Però...

Però né noi, né il movimento progressista nel resto d'Europa, siamo riusciti a dotarci di un'ideologia nuova in grado di dare corpo a queste idealità, che sia adeguata ai profondissimi mutamenti della società contemporanea.

Cosa significava per lei e gli altri compagni avere in tasca una tessera del Pci?

La tessera era come un certificato di appartenenza e di partecipazione. Avere la tessera significava identificarsi in quella parte di elettori che, oltre a votare comunista, partecipava all'organizzazione del partito. Oggi questa carica partecipativa è probabilmente molto inferiore.

E non lo ritiene un paradosso dal momento che il Pd ha scelto di fare le primarie per tutto pur di allargare la partecipazione?

Non è colpa delle primarie, il problema sta nella crisi dell'ideologia, dell'organizzazione, che precede l'adozione delle primarie. Rischiamo di diventare un "partito di candidati", non un "partito di costruttori di democrazia".

Non ha mai pensato che il gioco non valga la candela?

No, mai. Le primarie, se ben definite, sono uno strumento essenziale per sottrarre alle segreterie dei partiti la scelta degli organi dirigenti o delle candidature sia a livello locale che nazionale.

Resta il fatto che spesso funzionano male, espongono il partito a un sacco di critiche e costringono a goffi cambi delle regole in corsa.

Questo è un effetto indesiderato del fatto di essere, noi del Pd, degli sperimentatori non in vitro. Invece di fare la messa a punto dell'auto prima di partire, partiamo e poi ci accorgiamo che qualcosa non va. Ma questo è anche il valore "italiano" del Pd: voler correre dei rischi a costo di crearci dei problemi.

Lasciare l'auto e prendere un'altro mezzo non sarebbe meglio?

No. Dobbiamo imparare a guidarla, non rinunciare ad essa.

Fuor di metafora come?

Per esempio fissando, in anticipo, la platea dei votanti. Una parte del partito ha detto: “Non mettete il bavaglio alla partecipazione, andiamo liberi”. Benissimo, ma se la libertà diventa sfrenatezza finisce per ammazzarsi da sola.

Troppa democrazia fa male?

Esiste la patologia della sfrenatezza della democrazia, cioè il caos. I paesi più democratici sono anche quelli più organizzati. Il fondamentalismo (anche di sinistra) per cui la libertà caotica è tutto non ha mai servito i più deboli, ma sempre i più forti.

Chi che dice: “Non mettete il bavaglio alla partecipazione” è Matteo Renzi...

Nella mia funzione non posso esprimere alcuna valutazione sui candidati alla segreteria. In questa fase, tuttavia, trovo molto utile la spinta al rinnovamento di chi dice che questo partito, così com'è, non va più bene, che va cambiato; d'altro canto sento che abbiamo bisogno di un'idea di partito del futuro che si sforzi di definirlo e costruirlo effettivamente.

Renzi ha ben chiaro che partito immagina per il futuro: una struttura leggera con una leadership forte direttamente collegata alla base senza un apparato di mezzo. Alla fine il problema del Pd sembra proprio questo: decidere che forma partito avere...

Sicuramente quella che abbiamo oggi è ormai vecchia. Continuiamo a fare le nostre riunioni con la stessa liturgia di cinquant'anni fa, mentre fuori i nostri militanti vorrebbero, e già vivono e sperimentano altre forme di riunione, associazione, partecipazione.

Fa un certo effetto sentirlo dire da un uomo di 81 anni. Per cui le chiedo: il suo progetto per il Pd del futuro?

Battere la resistenza di un conservatorismo teorico, culturale, anche strutturale, che emerge da parte di qualcosa che non c'è più e, allo stesso tempo, i rischi di liderismo.

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Claudia Daconto