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KENA BETANCUR/AFP/Getty Images
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Storia di Deborah, 66 anni, schizofrenica uccisa dalla polizia nel Bronx

La donna ha minacciato gli agenti con una mazza da baseball ed è stata freddata. In uno scritto, il suo racconto sul dramma della malattia mentale

È una storia tremenda, quella dell'ultima uccisione di un cittadino innocente per mano della poliza americana. È una storia tremenda per molti motivi.

La vittima è una donna di 66 anni, Deborah Danner, con gravi problemi di schizofrenia, uccisa nel suo appartamento del Bronx, a New York. Un episodio che il sindaco Bill de Blasio ha definito "inaccettabile". La polizia è arrivata nell'appartamento in Pugsley Avenue per una chiamata che segnalava comportamenti insensati da parte della donna, e l'hanno trovata nuda e con in mano un paio di forbici. Danner avrebbe poi appoggiato le forbici e afferrato una mazza da baseball, con la quale ha cercato di colpire un agente. Questi, in risposta, le ha subito sparato due colpi fatali al torace. Ora si indaga sul perché non sia stata usata la pistola invece del taser, lo "storditore elettrico" in dotazione agli agenti per neutralizzare un soggetto senza ucciderlo.

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Secondo quanto rivelato dalle autorità, la donna era nota alla polizia perché erano già state fatte diverse segnalazioni su di lei al servizio di pronto intervento. Una vicina di casa ha spiegato che recentemente l'avevano portata via "con una camicia di forza, mentre lei gridava e urlava". Nel frattempo il presidente del Borough del Bronx, Ruben Diaz, ha paragonato l'episodio alla morte di Eleanor Bumpurs, una nonna malata di mente uccisa dalla polizia nello stesso quartiere nel 1984. In quel caso, il poliziotto che sparò i colpi mortali fu assolto, e Diaz ha affermato: "Non è cambiato nulla negli ultimi 32 anni?". Un database del Washington Post che monitora le sparatorie ha rivelato che Danner è almeno la 771esima persona morta quest'anno per mano della polizia.

Ma quello che rende, se possibile, ancora più drammatica questa svicenda, è il breve saggio, ceduto al New York Times dall'avvocato della donna e messo online, che la vittima aveva scritto, sulla sua malattia. Vivere con la schizofrenia, s'intotola, ed è un'analisi lucida e quasi profetica di tutto quello che accadeva nella mente di Deborah Danner.

In sei paginette dattiloscritte, Deborah Denner spiega, con estrema lucidità, che cosa comporta per lei convivere con la schizofrenia. "Vivere con la schizofrenia" spiega "non è solo una maledizione. A volte diventa un incubo. È come vivere con una spada di Damocle puntata addosso. L'intelligenza non è una difesa contro qesto tipo di malattia, come ho scoperto dopo almeno 10 ricoveri in ospedale. La malattia prenderà il sopravvento? Quando? Dove? Sarò abbastanza consapevole da rendermene conto, se dovesse capitare un incidente?". "Io posso fare una vita normale" spiega Deborah nel suo scritto "fare il bucato, farmi una doccia, tenere pulito il mio appartamento. Quando, all'improvviso, irrompe nella mia mente il ricordo di scene di sesso in taxi con uno sconosciuto, di aver defecato in pubblico, perché ero talmente sporca che nessun negoziante o ristoratore mi lasciava entrare nel suo negozio....".

Il racconto di Deborah continua, drammatico. Ma lo scritto si conclude con una nota quasi ottimista, quando descrive il supporto ricevuto dalla chiesa, dall'assistenza a casa, dalla sua terapeuta Naomi, che sopperiscono in qualche modo alle carenze finanziarie ed emotive della sua vita.

"Sorrido raramente" scrive nell'ultima riga "ma sopravvivo".


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Redazione