Stato-mafia, troppe frizioni tra le procure
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Stato-mafia, troppe frizioni tra le procure

Felice Cavallaro, lo storico cronista di mafia del Corsera: Ingiusto accusare Napolitano

Ci mancava solo il coinvolgimento del Quirinale fra i veleni della trattativa Stato-Mafia. Questo è un paese curioso, sembra che tutti vogliano remare contro tutti...”.
A parlare è Felice Cavallaro, la vedetta siciliana del Corriere della Sera . In quel palazzo di Giustizia dove si sono aggirati i corvi, sono spirati veleni, i suoi passi si fanno più circospetti, prudenti, come quando raccolse tra un piatto di pesce e l’altro il memorabile sfogo di Giovanni Falcone poco prima che morisse.

Cosa sta accadendo a Palermo? «Di certo c’è un solo dato: dopo vent’anni ancora non è stato chiarito se la trattativa fu un patto scellerato o lo sconsiderato tentativo di un obliquo approccio investigativo per sconfiggere la mafia».
Le telefonate dell’ex ministro dell’Interno all’epoca delle stragi, Nicola Mancino, al consigliere giuridico del Colle, Loris D’Ambrosio, stanno facendo tremare la Repubblica e parlare di «attacco al presidente» . E’ un’ingerenza non trova? "La vera questione riguarda la genesi di quella che chiamiamo ‘trattativa’: fu frutto di un’operazione compiuta da un chirurgo che sbaglia o che usa il bisturi per uccidere deliberatamente? Incapacità o complicità?”

Le domande è abituato a farle, sarà per questo che le anticipa, intercala ai fatti il giudizio severo da censore, al punto da pesare le virgole. Ci fu la trattativa? "So soltanto che non dovevano passare vent’anni per capire. Quello che registro è un’incapacità di chi ha gestito le indagini, in tanti casi gli stessi che le hanno iniziate".
Parla e mentre nella sua Palermo le notizie fuggono, a Roma c’è chi è pronto a chiedere una commissione d’inchiesta e  sempre più sgradevole si fa la l’atmosfera alimentata attorno a Napolitano. Ha delle colpe Napolitano in questa vicenda? A tono ribatte: "Non c’è nulla di strano che Napolitano cerchi di capire come avvenga o come si inceppi il coordinamento tra le due procure. Non dimentichiamo che da presidente del Csm ha una costante attenzione sull’intero apparato giudiziario. L’accusa che viene mossa al presidente è fuori misura, scorretta, ingiusta".
Si parla di frizione tra le procure di Palermo e Caltanissetta, quelle che stanno cercando di fare luce sulla verità…"Come si può negare che ci sia stata una spaccatura tra le procure di Palermo e Caltanissetta? Superata? Meglio così. Ma la frizione evidente si è avuta quando entrambe hanno fatto a gara a chi arrestava per prima Massimo Ciancimino. Che esistano pesanti divergenze fra magistrati è noto dai tempi di Falcone. E non sempre si tratta di divergenze ideali, spesso oggi legate a carriere personali e visibilità esterna. In ogni caso, che in alcuni passaggi sia auspicabile un coordinamento o anche un richiamo alla sobrietà istituzionale è constatazione tanto saggia quanto elementare".

Si interrompe un attimo e ripesca dalla sua memoria l’episodio più recente. "Pensiamo ai procuratori Grasso e Pignatone accusati di non far circolare le notizie all’interno della Procura di Palermo. Ebbene, se le avessero fatte circolare non si sarebbero mai scoperte le talpe proprio negli uffici di Antonio Ingroia".

È normale questa fuga di notizie sui giornali? "Ben vengano le intercettazioni come strumenti investigativi, ma non va bene che finiscano sui giornali prima che le indagini siano completate e accertate le responsabilità. Certo, è naturale che un giornalista che ne entra in possesso le pubblichi. Anche io le avrei pubblicate. Però…".

Non si può nascondere che ci sia qualcosa di goffo nel tentativo di chiedere pareri, non trova? "Se continua così il Paese va a sbattere, ma non capisco una cosa in alcune interviste di qualche magistrato".
Cosa? Chiedono agli uomini delle istituzioni di parlare, un invito a testimoniare… "Ecco, io questo aspetto non lo capisco. A cosa serve l’appello al ‘pentito delle istituzioni’? Lo trovo stucchevole. Si facciano delle denunce in modo chiaro. Mancino è indagato per falsa testimonianza? E’ un reato. Chi lo muove deve provarlo. E’ la regola. Non si può incriminare e aspettare il ‘pentito’. Saltano regole di diritto formale e sostanziale, come dicono autorevolissimi cattedratici dai quali qualcuno dovrebbe tornare a ripetizione".

Si è aperta una polemica tra esperti di diritto, c’è chi come il professore Fiandaca contesta l’esistenza di un “reato di trattativa”. E’ come perseguire qualcuno per un reato che non esiste, no?

«Su questo argomento è intervenuto su l’Unità anche Giovanni Pellegrino. I procedimenti non si possono vincere sui giornali, ma si celebrano nei tribunali. Da cronista, acchiappo ogni indiscrezione e ogni intercettazione, anche sottobanco, come tante volte è avvenuto nelle procure. Ma un magistrato, quando non ha la forza di dimostrarne il reato, non dovrebbe deragliare sui giornali, anche se ormai è consuetudine consolidata, dalle nostre parti».

Falcone diceva che quando non si hanno le prove è inutile anche iniziarli certi procedimenti… «Credo che Falcone abbia sempre avuto rispetto delle regole del diritto. Oggi sembra prevalere un gioco al massacro e l’Italia rischia di trasformarsi in macchietta».

Tutte le attenzioni sono su Giovanni Conso, il ministro che decise di non riconfermare il 41 bis per alcuni mafiosi eccellenti. E’ stata una scelta solitaria? «Il professore Conso è al di sopra di ogni sospetto. E’ un galantuomo. Tendo a escludere che abbia agito in solitudine. Opterei per una indicazione condivisa con l’ex presidente della Repubblica Scalfaro. Una scelta discutibile, ma non un reato, in sé».
Sarebbe la conferma delle trattativa, non sarebbe un cedimento nella cosiddetta linea della fermezza? "Non bisogna dimenticare che lo Stato era stordito come un pugile in quel periodo. Bisogna capire se quell’indietreggiare sia stato una mossa tattica per poi colpire e accerchiare il nemico, o qualcos’altro. Se invece un pezzo di Stato tratta con Cosa nostra, il caso è diverso. Riprovevole e perseguibile. Ma va provato. E deve provarlo chi accusa. Mi stupisce per questo più il vuoto che il pieno di questa inquietante pagina giudiziaria…".

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Carmelo Caruso