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Stadio della Roma: i motivi per cui così non serve

L'ex assessore Caudo: "L'interesse pubblico è nei 195 milioni da spendere per la città". Ma se si tagliano le cubature, le opere sono a rischio

Eccolo lo stadio della Roma, il cuore dei problemi della politica romana intorno al quale si consumano i dissensi e i contrasti tra le correnti interne al Movimento5Stelle e su cui si sta logorando il sindaco di Roma, Virginia Raggi dopo le dimissioni dell’assessore all’Urbanistica Paolo Berdini.

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Fino a poche settimane fa il progetto dello stadio sembrava viaggiare spedito verso un accordo che avrebbe fatto felici un po’ tutti: la società di calcio, i costruttori, i tifosi della squadra giallorosa e quelli del sindaco, Beppe Grillo compreso. Le cose sono in realtà parecchio più complicate.

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Una buona parte della base grillina continua a non volerne sapere: questa mattina la deputata romana del M5S Roberta Lombardi ha detto che vorrebbe vedere annullata la delibera che ne stabilisce la pubblica utilità, mentre il vice presidente della Camera ed esponente M5S Luigi Di Maio dichiarava a Radio Anch'io che "quello sullo stadio è un dibattito "surreale" perchè i cittadini, anche quelli romani, non capiscono perchè parliamo di queste cose quando le periferie sono messe male".

Inoltre, smontare e rimontare il gli accordi presi nel 2014 dalla Giunta comunale di Ignazio Marino con la società che dovrebbe costruirlo non sarà affatto una passeggiata. Anzi, sarà una specie di quadratura del cerchio, pardon, dello stadio.

L'importanza delle opere pubbliche
Il sindaco e i suoi fedelissimi sbandierano da qualche giorno lo spauracchio delle multe in caso lo stadio non si faccia, ma c'è anche la questione del come eventualmente si farà. Tutti sanno ormai che con il primo progetto presentato dalla società Stadio Tor di Valle (costituita dalla A.S. Roma insieme con il costruttore Parnasi) si edificherebbero cubature molto maggiori di quelle previste in quell’area dal Piano regolatore della città: quasi un milione di metri cubi contro i 354 mila previsti.

C’è bisogno dunque di una deroga corposa a quella che dovrebbe essere la road map dello sviluppo cittadino. La Giunta Marino aveva dato la sua disponibilità, dopo ampio dibattito, in cambio di una serie di opere importanti, come il massiccio rafforzamento del trasporto pubblico su ferro (in modo che almeno la metà dei tifosi possa raggiungerelo stadio in metropolitana o in treno) interventi sulla viabilità stradale (il collegamento con il Grande raccordo anulare), un nuovo ponte sul Tevere per pedoni, ciclisti e automobilisti, per finire con la messa in sicurezza della zona di Decima da parte del fosso di Valleranno.

“Nella delibera approvata in Consiglio comunale nel 2014 spiega a Panorama.itl’ex assessore all’Urbanistica Giovanni Caudo “è scritto che queste opere devono essere realizzate dai privati senza alcun onere per il Comune. Il loro costo è stimato in 195,2 milioni di euro, ma la delibera prevede un cosiddetto impegno a fare. Vuol dire che anche se il costo dovesse aumentare il costruttore sarebbe impegnato a realizzarle comunque. Questo, e non altro, è l’interesse pubblico nei confronti del nuovo stadio di calcio”.

Stando così le cose, è evidente che per far quadrare i suoi conti la società costruttrice dovrà essere in grado di rendere profittevole il suo investimento e al tempo stesso di realizzare la rendita necessaria a finanziare le opere di interesse pubblico. I 600 mila metri di cubatura in più rispetto al Piano regolatore servono esattamente a questo.

Meno cubature, niente opere pubbliche
Ora che la Raggi, in linea con l’avversione per le nuove edificazioni propria del Movimento 5 Stelle (tanto quanto dell’ormai ex assessore Berdini) vuole ridurre le cubature concesse al costruttore in deroga al Piano regolatore (si dice del 20% ma Il Fatto Quotidiano di ieri parlava addirittura della metà) che cosa ne sarà delle opere di interesse pubblico? La faccenda, espressa in soldoni, è tutta qui.

Ed è un bel rompicapo, perché i margini di guadagno concessi alla società costruttrice dalla delibera comunale del 2014 non sembrano essere così ampi da salvaguardare l’equilibrio economico dell’operazione anche con una riduzione importante della cubatura. Vuol dire che rischiamo di subire la tanto deprecata colata di cemento, magari un po’ ridotta, ma senza avere in cambio neppure le opere pubbliche necessarie a giustificarla con un miglioramento dei servizi della città. Con la beffa aggiuntiva di vedere i trasporti e la viabilità dell’Eur in preda al caos ogni volta che la Roma giocherà in casa.

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ANSA/Ufficio stampa Comin & Partners
Un'immagine del rendering del progetto definitivo dello stadio dell'AS Roma a Tor di Valle

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Stefano Caviglia