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Siria, tregua inutile: ad Aleppo si torna a combattere

Il cessate il fuoco dichiarato da russi e lealisti è scaduto senza che alcun convoglio umanitario dell’ONU riuscisse a entrare nella città assediata

Per Lookout news


Siria, come prima, più di prima. Nella serata di sabato 22 ottobre, allo scadere dei tre giorni della tregua unilaterale decretata dai russi e dalle forze armate fedeli al governo di Damasco per consentire ai convogli delle Nazioni Unite di portare viveri e beni di prima necessità agli abitanti intrappolati nella parte di Aleppo ancora in mano ai ribelli, i combattimenti sono ripresi in tutta la parte meridionale della città.

 Aleppo sta diventando il campo di battaglia decisivo nella guerra che ormai da sei anni oppone il regime di Bashar Al Assad a un variegato schieramento di ribelli, composto da milizie del Free Syrian Army (sostenute per anni dagli Stati Uniti e dalla Turchia) e da formazioni jihadiste che si riconoscono nell’estremismo islamico di Jabhat Fateh Al Sham (ex Jabhat Al Nusra) e dell’ISIS.

 In campo, per accrescere la confusione, sono scese anche le forze dei curdi dell’YPG (Unità di Protezione del Popolo) che conducono un’offensiva indipendente contro i ribelli anti Assad e fronteggiano militarmente i reparti militari schierati dalla Turchia in Siria per combattere sia contro gli islamisti che contro gli irredentisti curdi.

 La tregua umanitaria dichiarata da russi e lealisti, che mirava anche a consentire l’evacuazione dei civili dai quartieri assediati e dei miliziani che accettavano le condizioni di resa proposte dai militari di Assad, è scaduta senza che alcun convoglio umanitario delle Nazioni Unite riuscisse ad attraversare uno degli otto check point prescelti per il transito, che sono rimasti ininterrottamente sotto il fuoco dei ribelli durante le inutili settantadue ore di cessate il fuoco unilaterale.

 

Aleppo_mappa

 

Civili intrappolati ad Aleppo

Ormai è chiaro che le milizie che combattono contro il governo di Damasco non hanno alcun interesse a rinunciare allo scudo loro offerto dai circa 250.000 civili rimasti intrappolati nei quartieri sotto assedio. Domenica 23 ottobre, alle prime luci del mattino sono ripresi i raid aerei dei jet russi e siriani mentre gli osservatori locali hanno segnalato una ripresa dei combattimenti casa per casa lungo tutta la linea del fronte che corre, da oriente a occidente, nella porzione meridionale della città. Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani i bombardamenti aerei russi e siriani hanno colpito anche aree periferiche di Aleppo nel nord e nell’ovest della città.

 

Neanche gli abitanti che vivono nei quartieri occupati finora dalle forze lealiste sono al momento al sicuro: i portavoce del Free Syrian Army hanno diffuso comunicati nei quali avvisano i civili di stare alla larga dai palazzi occupati dai militari di Damasco in quanto è in preparazione un’offensiva su larga scala.

 

Almeno 500 persone sono morte durante i combattimenti delle ultime settimane e 2.000 sono rimaste ferite nei bombardamenti aerei e per i colpi di artiglieria sparati dalle linee dei ribelli. Damasco sostiene che i raid non mirano a colpire obiettivi non militari, mentre i russi accusano i ribelli di usare spregiudicatamente i civili come scudi umani. The war is hell”, “La guerra è un inferno”, disse il generale nordista Sherman durante le ultime fasi della guerra civile americana, e la battuta sembra tornata di attualità ad Aleppo, mentre gli americani sembrano sempre più decisi a disimpegnarsi dal teatro di guerra siriano, per concentrarsi sull’offensiva contro l’ISIS a Mosul, la seconda città irachena occupata dalle truppe del Califfato nell’estate del 2014. 

Le manovre della Russia

Secondo fonti di intelligence della NATO, nelle prossime due settimane l’offensiva aerea russa ad Aleppo verrà intensificata grazie all’arrivo nelle acque siriane della portaerei russa Admiral Kuznetzov che, scortata da otto navi da guerra, ha lasciato il 19 ottobre il porto di Murmansk per fare rotta sul Mediterraneo. “Tutta la Siria deve essere liberata” ha dichiarato alla stampa il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, al momento della ripresa dei combattimenti dopo i tre giorni di tregua, aggiungendo che “in Siria oggi ci sono solo due opzioni: Assad insediato a Damasco o Al Nusra insediata a Damasco”.

 Nelle stesse ore il Dipartimento di Stato americano diffondeva un comunicato nel quale si confermava che Washington rinunciava a combattere Jabhat Al Nusra (che fino al cambio di nome in Jabhat Fateh Al Sham era inserito nella lista delle organizzazioni terroristiche) in quanto il gruppo aveva “cessato di essere un obiettivo degli Stati Uniti”.

  In questa situazione sempre più confusa, i turchi continuano ad appoggiare i ribelli del Free Syrian Armyin una sorta di “guerra parallela” che li vede contrapposti ai curdi dell’YPG, alle forze di Damasco e all’ISIS che continua a occupare alcuni villaggi alla frontiera turco-siriana. Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan il 23 ottobre durante una cerimonia pubblica nella città di Bursa ha dichiarato che le città di “Mosul e di Aleppo appartengono alla Turchia”, introducendo una nuova variante strategica nel già complicato ginepraio siriano.

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THAER MOHAMMED/AFP/Getty Images
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