Nel Pd è già iniziato il dopo-Bersani
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Nel Pd è già iniziato il dopo-Bersani

Lo scontro all'interno del partito tra renziani e "giovani turchi"

«Il governo Bersani? In questo momento ha più chance Saccomanni…». Quando si dice il tramonto. E che farci dunque se sul segretario del Pd – che di fronte a Giorgio Napolitano avrebbe sibilato «se fossi io il problema, non esiterei a farmi da parte» – pure il partito ha smesso di crederci?

Presentarsi alle Camere per registrare una bocciatura e poi scomparire tra le parentesi dei governi mancati. Diviso in correnti, frazionato sui nomi, ma come avviene spesso, sciolto nella confusione come folla che dalla catastrofe si disperde.

Così, se ormai è assodato che Bersani proverà a chiedere la fiducia alle camere, altrettanto certo è che lo stesso Bersani debba farsi da parte per quella riserva della Repubblica ormai imprescindibile per le sorti del paese.

Dai “giovani turchi” (la cordata di giovani funzionari che custodisce le fondamenta del partito come Matteo Orfini, Andrea Orlando, Stefano Fassina) fino ai deputati renziani, la convinzione è che il tentativo di Bersani sia soltanto la testimonianza di un’impossibilità. L’impossibilità di avere un governo politico e la necessità di formarne uno tecnico, anzi "politecnico".

A confidarlo è un deputato vicino a Matteo Renzi: «Temo che non ce la faccia. Del resto il M5S è stato spietato: mai un governo a guida Bersani. Alla fine dovrà cedere il passo a qualcun altro che abbia un profilo istituzionale, un Mario Monti, prima che Monti scendesse in politica. Un governo di qualche mese prima di tornare a votare».  

Nulla a che vedere con i vari Stefano Rodotà, piuttosto uno «delle istituzioni economiche apprezzate in Europa, quindi Bankitalia, Ocse. Sarà un governo trasversale con ministri politici». Del resto lo schema è chiaro anche per Matteo Orfini: «Bersani avrà l’incarico, se dovesse fallire c’è lo schema Bersani (un programma per far convergere le forze anche senza Bersani), dopo c’è il voto».

Al voto, al voto! Il grido all’interno del partito è questo e per la prima volta registra la concordia delle varie anime del Pd, dato che nessuno pensa di gestire un governo con una pattuglia di voti da strappare ai senatori di Grillo. Potrebbero infatti esserci i senatori che hanno votato per Pietro Grasso, qualche esponente della Lega, ma non basterebbe.

«Ci vuole un governo che abbia senso. I senatori siciliani non sarebbero sufficienti», conferma Orfini che ha sempre ripetuto e ripete: «Non saremmo mai una maggioranza senza il M5S. Un governo Pd, Pdl, Scelta civica con Beppe Grillo fuori, sarebbe un suicidio».

Chi non avrebbe paura del voto sono gli stessi “turchi”, così come i renziani che da quando sono finite le primarie non hanno mai smesso di lavorare per rinsaldare la propria rete al sud in vista di nuove primarie.

«Noi saremmo pronti, anzi, abbiamo tempo per organizzarci e lanciare la sfida in campo aperto». Lo chiamano il “bersanicidio”, una tacita alleanza fra turchi e renziani, in realtà è solo una dialettica tra visioni contrapposte. Se d’intesa si tratta, non è altro che sul rinnovamento, ma non sull’uomo.

«Per presentarsi alle elezioni c’è bisogno di qualcuno che tenga unito il partito», spiega Orfini. Renzi? «Renzi finora lo ha diviso».

«E’ inutile – ribattono i renziani – questi funzionari hanno una visione sovietica del partito, sono più antichi dei maestri, se potessero sbriciolerebbero Matteo. C’è un’inconciliabilità di fondo». Sarebbero dunque primarie, ma non un’investitura per Renzi. Una parte del partito gli contrapporrebbe o Laura Boldrini o Fabrizio Barca «uomo che finora non può essere trascinato in questa situazione». «Mi sfidino in campo aperto» ha detto Renzi ai suoi. Lo sfideranno. «Non sono capaci di entrare neppure in un consiglio comunale e non hanno amministrato neppure un condominio», provocano ancora i fedeli al sindaco di Firenze perché il governo che verrà è solo la vigilia di uno scontro a sinistra: i giovani contro i giovani.

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Carmelo Caruso