La scuola okkupata del sottosegretario Faraone
DANIELE STEFANINI / Imagoeconomica
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La scuola okkupata del sottosegretario Faraone

Il viceministro all'Istruzione vede le occupazioni come lotta all'"apatia". Invece sono lo specchio dell'Italia peggiore

Non so se ridere o piangere. Forse, piangere. Dopo aver riso. Succede che un sottosegretario all’Istruzione, Davide Faraone, in un articolo su “La Stampa”, quindi senza neanche l’alibi d’essere stato mal interpretato da qualche giornalista a caccia di notizie, intesse un elogio sperticato delle occupazioni scolastiche come “lotta all’apatia”. L’apatia non si capisce bene di chi, se dei professori che si ostinano a “occupare” la cattedra o degli studenti un po’ secchioni che siedono di fronte. Nella caricatura abbozzata da Faraone la scuola “è didattica”, bontà sua, “è studio, ma non può essere “solo ragazzi seduti e cattedra di fronte”. “Io ho maturato la mia voglia di fare politica, proprio durante un’occupazione” (punteggiatura faraonica, ovviamente). E chissà quanti, si chiede, sono diventati leader politici o anche leader d’azienda “durante un’occupazione studentesca”.

Anche “in questi contesti si seleziona la classe dirigente”. Fin qui la parte seria della intemerata di Faraone, sottosegretario del governo Renzi (che della scuola ha fatto il suo cavallo di battaglia). Poi c’è la parte amena, godereccia (ma non goliardica, che sarebbe una cosa seria). Ricorda, il Sottosegretario, ragazzi del suo quartiere che non potevano permettersi nemmeno un campeggio e l’esperienza più bella della loro adolescenza l’hanno passata “dentro i sacchi a pelo in quelle classi che per una volta apparivano calde e umane”: E ricorda (rievocazione autobiografica?) “quanti amori si sono consumati in quei sacchi a pelo e quante ragazze o ragazzi hanno trovato la propria anima gemella”.

Rido e piango. Rido di questo eterno adolescente che rimpiange i tempi in cui poteva far l’amore a scuola nei sacchi a pelo, esperienza calda e umana e percorso formativo adolescenziale probabilmente auto-rivelatore. Rido di questa sua passione (im)matura da Peter Pan della politica. Sesso, canne e Rock ’n’ roll.

Rido per quello che ragazze e ragazzi di oggi penseranno di questo sottosegretario anomalo, che (de)canta l’amore invece del greco e del latino, e si propone per andare nelle scuole occupate a confrontarsi coi ragazzi di oggi, perché queste forme di autogestione scolastica tra amori proibiti, anime gemelle, alternative a campeggi impossibili e generica passione civile, sarebbero quanto di meglio per creare la futura “classe dirigente” (alla quale Faraone appartiene, proprio una bella classe dirigente che ci ha ridotti come ci ha ridotto…).

Ma piango, anche. Perché anch’io ho qualche modesto ricordo di come nel 1977 mi ostinassi a far valere il mio “diritto allo studio” nel liceo classico “Lucrezio Caro” a Roma, penultimo anno.

Pretendevo, guarda un po’, di non esser perquisito dai miei compagni di scuola per accedere alla mia classe, e di poter contare su una macchina della polizia davanti ai cancelli visti gli strattonamenti subìti pur di entrare. La scuola per me era, ed è sempre di più, l’opposto di un’arena politica.

La scuola non esiste, nella mia vetusta concezione liberale, per fare politica. A scuola si creano le basi della competenza per fare, volendo, politica ma anche altro. La scuola si basa sull’impegno, sul merito, sulla cultura. Altrimenti che scuola è.

Il resto che Faraone scrive, la necessità che la scuola non finisca col suono della campanella e che non si riduca al professore dietro la cattedra e lo studente seduto di fronte, è realtà nei paesi civili dove l’occupazione (a differenza del “dopo scuola” gestito, non auto-gestito) è reato e porta dritti al commissariato.

Nei licei degli Stati Uniti, per dire, i club scolastici coinvolgono gli insegnanti (che ne hanno la responsabilità fra le mura dell’istituto) e suscitano legami e confronti che vanno ben oltre le lezioni. C’è addirittura, in America, la consuetudine del lock-in, un’intera notte in cui gli studenti si rinchiudono dentro la scuola, di solito nella palestra, e parlano, giocano, si confrontano. A Napoli nei giorni scorsi l’occupazione di una scuola ha favorito un assalto notturno con danni per 200mila euro, che pagheremo noi tutti. Il nostro lock-in partenopeo.

Ma al di là della violenza, è l’idea stessa di scuola okkupata che fa acqua da tutte le parti ed è lo specchio dell’Italia peggiore: un’Italia che sfugge al merito, che promuove e normalizza l’illegalità, che prolunga la follia di una cultura sessantottina che è alla base del crollo del sistema Paese. Ed è la ragione per la quale i nostri figli rischiano di dover emigrare.

Alla faccia delle promesse del governo Renzi sull’istruzione. Se è serio e vero quello che Matteo ha sostenuto finora sulla scuola, dovrebbe costringere il suo patetico sottosegretario Faraone a immediate dimissioni. Per rispetto degli studenti, delle famiglie, degli insegnanti.

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Marco Ventura

Inviato di guerra e cronista parlamentare de Il Giornale, poi  collaboratore de La Stampa, Epoca, Il Secolo XIX, Radio Radicale, Mediaset e La7, responsabile di uffici stampa istituzionali e autore di  una decina fra saggi e romanzi. L’ultimo  "Hina, questa è la mia vita".  Da "Il Campione e il Bandito" è stata tratta la miniserie con Beppe Fiorello per la Rai vincitrice dell’Oscar Tv 2010 per la migliore  fiction televisiva. Ora è autore di "Virus", trasmissione di Rai 2

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