Scontro Atene-Berlino: la soluzione è politica
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Scontro Atene-Berlino: la soluzione è politica

Tsipras fa proposte considerate ragionevoli anche dalla Troika. Nonostante il no di Berlino i mercati scommettono sul buon esito delle trattative

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Difficile prevedere come andrà a finire lo scontro tra Atene e Bruxelles, o meglio Berlino e i suoi alleati (Olanda, Austria, Lussemburgo, Finlandia, etc.) sulla decisione del premier Alexis Tsipras di non voler rispettare gli accordi a suo tempo concordati dal governo Samaras con la Troika che, ricordiamolo, è costituita da Commissione Europea (il governo dell’UE), Banca Centrale Europea (BCE) e Fondo Monetario Internazionale (FMI).

Il premier greco e il suo ministro dell’economia Yanis Varoufakis intendono rinegoziare le condizioni imposte in occasione dei due prestiti ricevuti da Atene nel 2010 e 2011, rispettivamente di 130 e 110 miliardi di euro. Dopo la riduzione del rating da parte delle agenzie internazionali e la conseguente impossibilità di collocare titoli sui mercati finanziari internazionali con cui far fronte all’ingente deficit di bilancio, gravata dal maggiore passivo di bilancio dell’UE la Grecia dovette ricorrere ai due prestiti monstre e al correlato disposto di condizioni capestro imposte dalla Troika. Le misure richieste sono state così draconiane da aver spinto il Paese verso una crisi umanitaria dove il numero di poveri ha raggiunto il preoccupante livello 40% della popolazione.

Il nuovo governo del premier Tsipras vuole rinegoziare il prestito ricevuto, visto che nel frattempo il debito pubblico ha raggiunto il 175% del PIL, pari a qualcosa come 319 miliardi di euro, di cui 188 in mano ai Paesi comunitari, 26 alla BCE e i restanti 32 al FMI. 

Grecia: l'ultima speranza di Tsipras

L’opposizione da parte della Germania e dei suoi alleati è più di principio che di sostanza. Le questioni poste dalla Grecia sono riconosciute da tutti, primo tra tutti dal FMI che ha più volte ripetuto di aver sbagliato nell’imporre degli aggiustamenti così drastici e impossibili alla Grecia


Le richieste di Atene
Le richieste greche sono più che ragionevoli: ridurre al massimo i rimborsi da effettuare nel corso del 2015, circa 13 miliardi (a cominciare da quelli dovuti per interessi e rimborsi al FMI e BCE). Quindi, ridurre dal 3% al 1,49% l’avanzo primario da realizzare nel corso del 2015 (le stime del 2014 danno un avanzo primario di 3 miliardi) con cui finanziare un minimo di spesa pubblica e allentare la manovra fiscale. Infine, una vera ristrutturazione del debito attraverso la sua trasformazione in swap, cioè derivati in cui il pagamento dell’interesse è legato alla performance (crescita) del Paese e in una parte d’irredimibile, cioè un’obbligazione perpetua che rende un certo tasso annuale.

La posizione di Berlino
L’opposizione da parte della Germania e dei suoi alleati è più di principio che di sostanza. Le questioni poste dalla Grecia sono riconosciute da tutti, primo tra tutti dal FMI che ha più volte ripetuto di aver sbagliato nell’imporre degli aggiustamenti così drastici e impossibili alla Grecia.

Inoltre, mentre i tassi sui titoli greci biennali hanno raggiunto il 21% e quelli a dieci anni l’11%, ieri 11 febbraio 2015 il Tesoro ha collocato i BOT annuali allo 0,20% minimo storico e lo spread rispetto al Bund (il rendimento sui titoli tedeschi biennali è negativo) è arrivato a 133 (quello spagnolo è intorno a 130). Ovvero, tradotto, i mercati non credono che la crisi degeneri e che la Grecia vada in default ed esca dall’Euro.

La soluzione sarà quindi politica ed è pensabile che preveda un prestito ponte da parte della BCE, autorizzato dall’Unione Europea, che consenta alla Grecia di arrivare fino all’estate, quando Atene presenterà il piano organico di ristrutturazione del debito e di riforme.

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Luciano Tirinnanzi