Dart asteroide Didymos Terra
(NASA/Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory)
Scienza

La sonda Dart devierà l'asteroide Didymos che potrebbe colpire la Terra

Andy Cheng, lo scienziato che ha ideato la missione della Nasa che "salverà" la Terra dall'impatto con un corpo celeste chiamato Didymos

Nel 1998 Michael Bay, chiamato a dirigere il pluripremiato Armageddon, pensava di avere a che fare con un futuro di fantascienza. Mai avrebbe immaginato che, 22 anni dopo, la storia di un gruppo di scienziati e astronauti che salvano la Terra dall'impatto con un gigantesco asteroide sarebbe diventato realtà. Perché se è vero che per ora non ci sono corpi celesti che minaccino di caderci sulla testa (la maledizione del Covid basta e avanza), esiste davvero un progetto della Nasa che, insieme alla John Hopkins University, punta a deviare l'orbita di un asteroide con una sonda inviata nello spazio.

A luglio 2021 la sonda Dart, ovvero Double Asteroid Redirection Test, verrà lanciata verso Didymos, asteroide binario composto da due corpi celesti: dopo 14 mesi di viaggio, a settembre 2022, Dart colpirà il più piccolo dei due asteroidi, Dimorphos, deviandone la traiettoria. A documentare ogni fase dell'avvicinamento, tramite rilevazioni scientifiche, fotografie e filmati, sarà la stessa sonda fino all'impatto; e, dopo la collisione, il LiciaCube, nanosatellite grande come una scatola di scarpe dell'Asi, Agenzia Spaziale Italiana, progettato e realizzato a Torino dall'azienda Argotec. LiciaCube, la sigla sta per Light Italian cubesat for imaging of asteroids, pesa poco meno di 14 chili e verrà trasportato dal Dart in prossimità di Didymos. Pochi giorni prima dello scontro si staccherà e documenterà gli effetti dell'impatto, come il tipo di detriti generati e le dimensioni del cratere lasciato da Dart sulla superficie di Dimorphos.



I dati raccolti verranno analizzati per valutare se davvero sia possibile modificare la traiettoria di un asteroide in rotta verso la Terra, quanta forza sia necessaria, quali siano gli effetti dell'impatto tra navicella e corpo celeste.

«Ho creduto molto in questo progetto» racconta a Panorama Andy Cheng, scienziato del Laboratorio di Fisica Applicata della Johns Hopkins University che ha ideato il Dart insieme alla collega Cheryl Reed e ai responsabili della missione Hera.

«Lo abbiamo presentato alla Nasa che lo ha approvato. È nata così una cooperazione internazionale chiamata Aida, Asteroid Impact & Deflection Assessment, cui si sono uniti i responsabili di un altro programma americano, Hera, come la dea greca del matrimonio. Hera è la seconda sonda che sorvolerà Didymos insieme al Dart. Questa sarà ufficialmente la prima missione per la difesa da asteroidi potenzialmente pericolosi.

Davvero in futuro un grande asteroide potrebbe colpire la Terra?

«Certo, anche se non sappiamo quando. E un corpo celeste abbastanza grande potrebbe causare gravi danni e perdite di vita umane. A meno di non riuscire a deviarlo».

Perché per l'esperimento è stato scelto proprio questo asteroide?

«Per diversi motivi. Perché si avvicina alla Terra abbastanza da essere classificato come "potenzialmente pericoloso"; è rappresentativo della più probabile minaccia di impatto di un asteroide sulla Terra, proprio quello che vorremmo allontanare se fosse in rotta di collisione. E poi perché il cambio di orbita causato dall'impatto con Dart può essere osservato dal nostro pianeta».

Un progetto così complesso di quante professionalità ha bisogno?

«Una missione spaziale come Dart richiede diverse tipologie di scienziati e, ancora di più, di ingegneri. Tra gli scienziati ci sono astronomi che eseguono in laboratorio test di impatto, altri effettuano al computer simulazioni di collisione. C'è chi analizza i dati, studia le superfici degli asteroidi, i processi fisici...»

E tra gli ingegneri?

«Quelli meccanici realizzano le strutture, altri progettano i meccanismi, altri ancora fanno i test. Poi servono ingegneri termici, elettrotecnici per la radio, i sistemi di alimentazione, distribuzione e controllo della sonda. Gli informatici per i computer di bordo e i sistemi integrati, gli ingegneri di propulsione, quelli di guida e controllo, e poi ottici, elettrici, meccanici, tecnici. Non è semplice».

Come farà Dart a deviare la traiettoria dell'asteroide?

«Deve colpire l'asteroide bersaglio, Dimorphos, e cambiare la sua orbita di una quantità sufficiente per essere misurabile dai telescopi terrestri. L'impatto è previsto tra settembre e ottobre 2022, quando Dimorphos si troverà a 11 milioni di chilometri dalla Terra. Ha circa 160 metri di diametro ed è il corpo più piccolo mai preso di mira per l'impatto di un veicolo spaziale. Il risultato che ci aspettiamo è che Dart modifichi il periodo di orbita di Dimorphos intorno a Didymos di circa 10 minuti».

Quale sarà il momento più difficile, quello che voi scienziati temete di più?

«Quando Dart impatterà su Dimorphos. Lo scontro deve avvenire quando l'asteroide si trova esattamente a 11 milioni di chilometri dalla Terra. Per far capire la difficoltà, sarà come colpire il centro di una cellula da una distanza di circa un chilometro. Per questo la sonda possiede anche un sistema di navigazione autonomo che lo guida verso l'obiettivo: l'imager Draco».

Quanto tempo ci è voluto per pianificare un esperimento complesso come questo?

«Molti anni. La Nasa ha avviato la missione spaziale Aida, per deviare la traiettoria dei corpi celesti, nel 2013».

Dart colpirà semplicemente l'asteroide o ne studierà anche altri aspetti?

«Devierà l'asteroide e determinerà la quantità di moto trasferita dall'impatto al corpo celeste: informazione fondamentale per capire in futuro quanta forza sia necessaria per deviare un asteroide pericoloso. Ma la sonda studierà anche le proprietà fisiche dell'asteroide, la geologia della superficie e i processi di impatto. Questo ci darà una nuova comprensione delle origini, della struttura e dell'evoluzione di Didymos e di altri asteroidi binari».

La inorgoglisce il fatto di aver ideato questo progetto?

«Mi inorgoglisce soprattutto far parte di un team fantastico per una missione che, un giorno, potrebbe davvero salvare il mondo dalla sua distruzione».

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Stefania Fiorucci