Come l'Unione Sovietica non conquistò la Luna
Museo della scienza di Milano
Scienza

Come l'Unione Sovietica non conquistò la Luna

La storia poco nota della sfida con gli Usa per mandare il primo uomo sul nostro satellite. Testimoniata anche da una tuta spaziale che non dovrebbe esistere....

La tuta spaziale che non dovrebbe esistere è al secondo piano del Museo della scienza e della tecnica di Milano, nella grande sezione dedicata allo spazio. Accanto alla teca che la contiene c’è scritto che si tratta del prototipo di tuta per esplorazione lunare «Krechet», realizzata negli anni Sessanta in Unione Sovietica. La sua peculiarità consiste nel fatto che per anni i russi hanno negato l’esistenza di un progetto per lo sbarco di esseri umani sulla Luna e hanno addirittura cancellato le tracce di quel programma. «Molti materiali vennero nascosti o distrutti» racconta Fiorenzo Marco Galli, direttore del museo. «La tuta Krechet invece è sopravvissuta. È uno degli oggetti storici più interessanti della nostra collezione, l’unica esposta al pubblico nel mondo». La tuta è arrivata nel museo milanese grazie al giornalista e storico dello spazio Giovanni Caprara che ha convinto un collezionista bresciano, Antonio Spada, a cedere la sua raccolta di reperti: «Circa 600 oggetti, soprattutto americani e russi» spiega Galli «che riguardano l’esplorazione spaziale. E tra questi c’era la rarissima tuta».

Un pezzo di storia straordinario, simbolo di una bruciante sconfitta. Nel 2019 si celebrano i 50 anni dello sbarco dell’uomo sulla Luna: il 20 luglio del 1969 gli astronauti americani Neil Armstrong e Buzz Aldrin scesero le scalette del Lem e fecero quel piccolo passo che fu un grande balzo per l’umanità. L’America aveva battuto i russi nella gara spaziale. Chi ha vissuto l’epopea del programma Apollo ricorda perfettamente quel momento indimenticabile. Quasi nessuno invece rammenta un altro anniversario importante: 60 anni fa, il 13 settembre del 1959, una sfera di metallo da cui spuntavano alcune antenne e strumenti, colpiva la superficie lunare. Era la sonda sovietica Luna 2, il primo oggetto costruito dall'uomo a toccare un altro corpo celeste. Prima di impattare sulla superficie, Luna 2 sganciò una serie di placche su cui c’erano i simboli dell’Urss e dell’esercito sovietico. Pochi giorni dopo, il 15 settembre, il leader russo Nikita Krusciov durante il suo storico viaggio negli Stati Uniticonsegnò la copia di uno di questi souvenir al presidente americano Dwight Eisenhower. Messaggio implicito: se e quando arriverete sulla Luna, vi troverete già qualcosa di nostro.

Per gli americani la notizia del nuovo traguardo raggiunto dai sovietici fu come un pugno in faccia. Due anni prima i russi avevano lanciato il primo satellite artificiale, lo Sputnik, dimostrando un netto vantaggio rispetto alla superpotenza a stelle e strisce. Il 7 ottobre 1959, la missione Luna 3 trasmise a Terra le prime immagini della faccia nascosta del nostro satelliteNel 1961 i sovietici mandarono il primo uomo nello spazio, Jurij Gagarin, nel 1963 la prima donna, Valentina Vladimirovna Tereškova. Paradossalmente gli Stati Uniti erano in ritardo anche per colpa della propria tecnologia: gli americani avevano sviluppato testate atomiche più compatte e leggere e avevano quindi bisogno di razzi meno potenti di quelli russi, dotati al contrario di armi nucleari più pesanti. Quindi i sovietici disponevano dei missili sufficientemente potenti per portare un uomo nello spazio.

Gara di missili

Un gap che gli Stati Uniti colmarono con i programmi Mercury, Gemini e soprattutto Apollo, varato dopo il famoso discorso al Congresso di John Kennedy il 25 maggio 1961, 43 giorni dopo il volo di Gagarin: «Io credo che questa nazione» proclamò Jfk «debba impegnarsi per raggiungere entro la fine del decennio l'obiettivo di portare un uomo sulla Luna e riportarlo sulla Terra». Agli americani era evidente che l’obiettivo dei russi era arrivare sulla Luna prima di loro. Tra il 1959 e il 1969 l’agenzia spaziale sovietica aveva lanciato con successo verso il nostro satellite una quindicina di sonde senza equipaggio. E Sergej Korolev, l’ingegnere e progettista spaziale che ebbe un ruolo di primo piano nel lancio dello Sputnik, iniziava a sviluppare il missile N1, progettato per portare sulla Luna due o tre cosmonauti (così i russi chiamano gli astronauti).

Il programma sovietico fu però costellato di incidenti, da rivalità e dalla mancanza di fondi: considerando anche i lanci falliti e le sonde finite fuori rotta, le missioni destinate alla Luna fino al 1969 furono una quarantina di cui solo 15 concluse con successo. Inoltre, le autorità sovietiche misero in piedi due programmi rivali per realizzare i razzi destinati al volo verso la Luna. Uno era guidato da Korolev e l’altro da un secondo accademico, Vladimir Chelomej. In un’intervista al giornale Komsomolskaja Pravda il cosmonauta Aleksej Leonov, che lavorava con Korolev e che è stato, il 18 marzo 1965, il primo uomo a fare una passeggiata spaziale, rivelò che «le relazioni molto complicate tra Korolev e Chelomej, e la loro rivalità, hanno danneggiato la nostra causa comune». C’erano anche delle divergenze su quale tecnica usare per lo sbarco sulla Luna: una navicella che si stacca dall’astronave madre e poi vi ritorna, come fecero gli americani con l’Apollo, oppure un razzo che atterra sul nostro satellite e riparte da lì?

"Un russo sulla Luna nel 1968"

Ma soprattutto c’era il problema dei soldi. L’Unione sovietica si confrontava con un Paese la cui economia era grande 13 volte la sua, una nazione capace di sostenere contemporaneamente la guerra in Vietnam, un armamento nucleare superiore a quello russo e di destinare il 4,5 per cento del Pil al programma Apollo. Nel 1963 Nikita Krusciov disse a Korolev che i soldi per il programma spaziale erano ormai agli sgoccioli, per poi cambiare idea l’anno dopo: «Non lasceremo la Luna agli americani! Prenditi tutte le risorse di cui hai bisogno!». I militari però premevano per avere più fondi e ristabilire così un equilibrio di forze con gli Usa. Con l’uscita di scena di Krusciov nel 1964 e la morte di Korolev nel 1966, il programma lunare russo subì ulteriori rallentamenti. Korolev fu sostituito dallo scienziato Vasilij Pavlovich Misinal quale fu dato l’obiettivo di mandare un uomo intorno alla Luna nel 1967 e di farlo atterrare sul suolo lunare un anno dopo. Misin autorizzò il lancio del Sojuz 1 nel 1967 nonostantenon avesse ancora effettuato un volo senza equipaggio. Il lancio si concluse con la morte del cosmonauta Vladimir Komarov,il primo uomo deceduto durante un viaggio spaziale, al quale è dedicato un cratere sulla Luna.

E mentre i soldi di Mosca diminuivano, gli americani facevano svettare sulla rampa di lancio di Cape Kennedy in Florida il mastodontico razzo Saturn V, capace di trasportare fino a 140 tonnellate, mentre il suo analogo sovietico, l’N1, si fermava a 75 tonnellate. Inoltre, i vettori americani usavano idrogeno liquido, che aveva molta più efficienza energetica rispetto al carburante a base di cherosene utilizzato dai sovietici. Alla fine la tecnologia americana vinse la corsa alla Luna e i russi si concentrarono su altri obiettivi, come l’invio di sonde su Marte e Venere e la costruzione di stazioni spaziali orbitanti come la Mir. Il programma lunare sovietico fu cancellato dalla storia. Ma a Milano una vecchia tuta testimonia che quel sogno è esistito davvero.


 




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Guido Fontanelli