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Vaccino contro l'Hiv: quel che c'è da sapere

Tre sperimentazioni, due di vaccini e una di un farmaco, mirano a sferrare un attacco senza precedenti all'epidemia in Africa

Sta per partire in 5 paesi africani (Sud Africa, Malawi, Mozambico, Zambia e Zimbabwe) un trial clinico su 2600 donne sane tra i 18 e i 35 anni per sperimentare un vaccino contro l'Hiv, il virus che causa l'Aids, messo a punto da Johnson & Johnson in collaborazione con i National Institutes of Health e con fondi della Bill & Melinda Gates Foundation. La speranza è quella di confermare e se possibile superare i risultati preliminari ottenuti su una precedente versione del vaccino testata in Thailandia nel 2009, che aveva mostrato una riduzione delle infezioni di circa il 30%. "Stiamo facendo progressi", ha dichiarato Paul Stoffels, Chief Scientist Officer di Johnson & Johnson, secondo il quale è possibile raggiungere un'efficacia superiore al 50%

Un virus dai mille volti

La strategia di aggressione del sistema immunitario umano da parte dell'Hiv è molto sofisticata perché il virus muta molto più velocemente di altri agenti patogeni. L'Hiv non tocca tutti nello stesso modo, può diventare resistente a farmaci che prima erano stati efficaci, e quello che funziona contro un ceppo potrebbe non funzionare contro un altro. All'interno di ciascun paziente infetto può moltiplicarsi miliardi di volte e questa replicazione crea infinite opportunità di mutazioni genetiche, alcune delle quali possono consentire al virus di risultare invisibile e quindi inattaccabile da parte del sistema immunitario del paziente. Questo è il motivo per il quale è così difficile trovare una cura.

I farmaci antiretrovirali attualmente in uso hanno avuto l'enorme merito di trasformare quella che era una condanna a morte in una malattia cronica, che può essere gestita. Chi risulta affetto da Hiv oggi se segue le cure adeguate ha buone probabilità di morire anziano per qualche altra causa. Resta vero però che la diffusione del virus non conosce tregua: si stima che i sieropositivi nel mondo siano oggi 37 milioni, e circa 1,8 milioni le nuove infezioni registrate ogni anno. Perciò oltre a trattare i malati occorre una strategia per fermare l'epidemia e lo strumento preposto a questo scopo non può che essere un vaccino.

Effetto mosaico

Quello che sta per essere sperimentato in Africa consiste di due componenti. Il primo serve a "innescare" il sistema immunitario, il secondo per aumentare la risposta dell'organismo. Il vaccino messo a punto da Johnson & Johnson utilizza la cosiddetta tecnologia a mosaico che combina proteine immuno-stimolanti derivate da diversi ceppi di HIV, che rappresentano diversi tipi di virus da tutto il mondo. La speranza è quindi quella di produrre un'arma di difesa davvero globale.

Secondo l'UNAIDS, il programma delle Nazioni Unite su Hiv e Aids, le donne e le ragazze rappresentano quasi il 60% delle persone che vivono con l'HIV nell'Africa orientale e meridionale. Ecco perché la sperimentazione si svolge sulle donne. Le partecipanti al trial denominato Imbokodo, termine che in zulu vuol dire roccia ma è utilizzato anche per descrivere la resilienza delle donne africane, la loro capacità di resistere alle avversità, riceveranno il vaccino in quattro dosi nell'arco di un anno, ma ad alcune, scelte in maniera causale, verrà invece somministrato un placebo, e poi saranno seguite per almeno altri due anni.

Attacco su più fronti

Un altro studio, HVTN 702, è attualmente in corso in Sud Africa per valutare l'efficacia di un diverso vaccino. E' formato anch'esso da due componenti: un vaccino basato sul vettore chiamato ALVAC-HIV e una subunità della proteina gp120, cruciale per consentire al virus di penentrare nelle cellule, somministrata in un adiuvante per migliorare la risposta immunitaria del corpo. La sperimentazione in questo caso avviene su un totale di 5400 tra uomini e donne in 15 diversi istituti di ricerca del paese. Il trial è iniziato a ottobre del 2016 e non darà risultati prima del 2020.

Contemporaneamente ai due vaccini sta per partire, sempre nell'Africa sub-Sahariana, anche la sperimentazione su 3200 donne di un farmaco prodotto da ViiV Healthcare, il cabotegravir. Fa parte della classe di inibitori delle integrasi, che funzionano bloccando un enzima dell'Hiv per prevenirne la moltiplicazione, riducendo così la quantità di virus nell'organismo. Le partecipanti riceveranno iniezioni ogni due mesi per verificare l'efficacia del farmaco nel curare l'infezione già in corso. In questo caso le prime conclusioni si potranno trarre nel 2022, quando il trial si concluderà.

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Marta Buonadonna