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L'errore dei negazionisti del clima

Una ricerca prova che il riscaldamento globale delle ultime decadi non ha paragoni negli ultimi duemila anni. Cade così l'argomento che vi erano stati periodi climatici simili nel passato



Una ricerca appena pubblicata su Nature fa cadere una delle obiezioni chiave dei negazionisti, quelli che sostengono che il riscaldamento globale non è imputabile all'uomo. Secondo loro, il fatto che vi sono stati periodi estremamente caldi o freddi negli ultimi 2000 anni, per esempio quello caldo tra il 950 e il 1250 dopo Cristo o quello glaciale tra la metà del XIV secolo fino alla metà del XIX, è una prova che forti oscillazioni climatiche avvengono per cause naturali, come per esempio una variazione dell'attività solare.

La ricerca su Nature mostra invece che questi periodi non riguardavano l'intero pianeta Terra ma soltanto una percentuale della sua superficie inferiore al 50 per cento, contro la quasi totalità delle regioni del pianeta coinvolte dall'attuale riscaldamento "globale", per l'appunto. Inoltre, sulla base dei dati ricavati dagli endoscheletri dei coralli e dei sedimenti marini e lacustri, nonché gli anelli di crescita degli alberi in diverse aree, emerge che il periodo più caldo degli ultimi duemila anni è quello attuale.

Sia le densità all'interno dei tronchi sia la composizione chimica dei coralli riflettono le variazioni delle temperature e della composizione atmosferica anno per anno. Quindi esaminando alberi e coralli in diverse zone del globo si possono trarre conclusioni su quanto l'atmosfera sia più o meno calda in una certa regione e in un certo anno.

Come ha dichiarato il climatologo Scott George su Nature "la massima a tutti familiare che il clima cambia continuamente è vera. Ma anche se ci spingiamo fino al periodo dell'Impero Romano non troviamo niente di equivalente, né per intensità né per estensione al riscaldamento globale nelle ultime decadi".


Intanto un altro articolo su Science calcola che sul nostro pianeta si potrebbero piantare almeno 500 miliardi di alberi ottenendo in massimo 100 anni un assorbimento del 25 per cento della CO2. Significa che ogni essere umano dovrebbe piantare circa 65 alberi a testa. Tuttavia, il riscaldamento globale creerà, specialmente in certe zone, condizioni idriche e climatiche problematiche per la vita dei boschi. L'unico vero rimedio resta quindi quello di ridurre le nostre emissioni.

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Luca Sciortino