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Leucemia linfoblastica acuta: come si prevedono le ricadute

Secondo uno studio finanziato anche da AIRC è possibile fin dalla diagnosi, analizzando alcune caratteristiche delle cellule tumorali

La mortalità nei tumori è in gran parte dovuta alla recidiva. Sebbene la maggior parte dei casi di leucemia linfoblastica acuta sia curata con i farmaci chemioterapici esistenti, il 10-20% dei pazienti ha una ricaduta. Tra questi, circa il 40-80% muore a causa della malattia entro cinque anni.

Per questo è importante capire se i segnali di una possibile ricaduta sono presenti fin da subito e se, una volta individuati, ciò possa aiutare nel mettere a punto una terapia che tenga conto di questo maggiore rischio. Ne sono convinti i ricercatori del Centro di Ricerca Matilde Tettamanti di Monza e della Stanford University in California, autori di uno studio che compare sulle pagine di Nature Medicine.

Un modello di previsione

Secondo il modello statistico di predizione delle ricadute, definito come Developmentally Dependent Predictor of Relapse (DDPR), messo a punto da Zinaida Good, co-autrice del lavoro, alcune caratteristiche funzionali della cellula tumorale, responsabili della ricaduta della malattia, sono già presenti alla diagnosi.

In particolare, sono state individuate sei caratteristiche, presenti in due sottopopolazioni leucemiche, in grado di far prevedere la ricaduta del paziente dal momento della diagnosi. In una successiva analisi le coppie di campioni ottenuti al momento della diagnosi e della ricaduta sono state analizzate e si è così ottenuta la conferma che il profilo predittivo iniziale, osservato alla diagnosi, si mantiene nelle cellule presenti alla ricaduta.

Il modello è stato in grado di prevedere una ricaduta nella coorte esaminata con un'accuratezza dell'85%, molto meglio del 66% ottenuto dall'attuale metodo di stratificazione del rischio utilizzato alla diagnosi. Gli scienziati hanno scoperto come identificare un minuscolo sottogruppo di cellule maligne che, se presenti, predispongono un paziente alla ricaduta. La tecnica potrebbe fornire buoni indizi su come trovare nuovi farmaci per colpire le cellule tumorali più letali.

"Abbiamo davvero bisogno di personalizzare il trattamento per i pazienti affetti da leucemia meglio di quanto facciamo ora", ha spiegato Good. "Questo studio migliora la nostra capacità di stratificare i pazienti e di non trattare tutti allo stesso modo".

Ricerche precedenti hanno suggerito che la recidiva del cancro potrebbe essere guidata da poche cellule resistenti al trattamento presenti all'inizio della malattia. "Ci siamo chiesti, possiamo identificare quelle cellule nel momento in cui il paziente si presenta per la prima volta alla clinica, e possiamo trattare i pazienti con una terapia specificaper bersagliarle?", spiega Kara Davis, assistente di ematologia pediatrica e oncologia e autrice anziana dello studio.

Un aiuto dall'intelligenza artificiale

"Abbiamo utilizzato una tecnologia innovativa, la citometria di massa", spiega Jolanda Sarno, ricercatrice che si è formata presso il Centro di Ricerca Matilde Tettamanti e al momento sta lavorando all'Università di Stanford grazie a una borsa di studio AIRC per l'estero. Questa tecnologia è "in grado di individuare, quantificare e analizzare contemporaneamente decine di parametri biologici e funzionali in ogni singola cellula".

Utilizzando la citometria di massa, i ricercatori hanno testato campioni di midollo osseo prelevati da 60 pazienti al momento della loro diagnosi. Di ogni paziente si avevano a disposizione per l'analisi da tre a 15 anni di cartelle cliniche di follow-up, comprese le informazioni sulla ricaduta.

Per identificare le cellule problematiche tra i milioni di cellule in ciascun campione, i ricercatori hanno dovuto capire come organizzare i dati. "Ogni paziente ha caratteristiche molto diverse per il suo cancro, e abbiamo dovuto chiederci: C'è un filo conduttore comune tra loro?'", racconta Davis.

"Le cellule leucemiche di B-LLA (leucemia linfoblastica acuta) alla diagnosi sono state confrontate con la loro controparte sana mediante un programma bioinformatico al fine di individuare i profili più caratteristici delle cellule leucemiche. I profili ottenuti sono poi stati confrontanti nei pazienti ricaduti rispetto a quelli in remissione (non ricaduti), ed utilizzando un approccio di "machine learning" sono state identificate le caratteristiche funzionali predittive della ricaduta?, spiega Sarno.

Quando il nuovo metodo per predire la recidiva è stato combinato con metodi esistenti basati sulla risposta precoce del paziente al trattamento, i risultati sono stati migliori di quelli ottenuti con ciascun metodo singolarmente.

Colpisce soprattutto i bambini

La bontà del modello predittivo andrà ulteriormente messa alla prova su un campione più ampio di cellule prelevate da circa 300 pazienti. Anche per valutare se lo stesso approccio generale potrebbe prevedere una ricaduta in altre forme di cancro. Inoltre, poiché il metodo fornisce informazioni sulle cellule resistenti al trattamento, i pazienti a rischio elevato di recidiva potrebbero beneficiare di trattamenti specifici per tali cellule.

Responsabili della malattia sono i linfociti, le cellule di difesa del sistema immunitario, che cominciano a riprodursi senza controllo e si accumulano nel sangue, nel midollo osseo e in altri organi (milza, linfonodi, fegato, sistema nervoso centrale).

Questo tipo di leucemia è la più frequente in età pediatrica; la sua incidenza raggiunge il picco tra i 2 e i 5 anni e diminuisce via via fino a diventare minima dopo i 29 anni. In Italia si registrano 1,6 casi ogni 100.000 uomini e 1,2 casi ogni 100.000 donne, quindi un totale di circa 770 nuovi casi all'anno.

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Marta Buonadonna