Verdi di vergogna: quando i miliardari sono ambientalisti solo a parole
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Verdi di vergogna: quando i miliardari sono ambientalisti solo a parole

Da DiCaprio alla signora Maxwell, sono tante le persone famose che fanno i difensori della natura ma conducono una vita da inquinatori. O peggio

Prendete un miliardario o un attore famoso, unitelo a una grande causa ambientalista per cui combattere e otterrete un’esplosione: è come avvicinare un fiammifero acceso alla benzina, stesso effetto. Ora ci sono, per restare su temi incandescenti, gli incendi in Amazzonia e tra le personalità che si sono affrettate a dare il loro contributo spicca l’attore Leonardo DiCaprio, pronto a donare 5 milioni di dollari per aiutare le popolazioni indigene. Ma DiCaprio è la stessa persona travolta poco più di tre anni fa da una valanga di critiche sui social dopo che alcune email della Sony finite nelle mani degli hacker avevano rivelato l’uso quantomeno eccessivo di jet privati: sei volte in appena sei settimane tra New York, Los Angeles e Las Vegas con a bordo fidanzata, madre e un amico. Avrà consumato tanto carburante quanto un indigeno in tutta la sua vita. E per un ambientalista dichiarato come Dicaprio, non è il massimo della coerenza.
Sempre DiCaprio ama fare le vacanze su yacht affittati. Anzi, superyacht: come quello con cui il protagonista di Titanic è sbarcato a fine luglio in Sicilia per partecipare al Google Camp: il summit mondiale che la società di Mountain View organizza nell’isola invitando premi Nobel, reali, cantanti, milionari e nomi della finanza internazionale per discutere di cambiamenti climatici e di altri argomenti etici (ma non di tasse da pagare se sei un gigante di internet, presumiamo). Solo che il summit ha contribuito un bel po’ al cambiamento climatico, visto che a Palermo sono atterrati per l'occasione ben 114 jet privati: a disposizione, insieme a elicotteri e yacht, d'un parterre d'invitati in cui erano attesi Barack Obama, Mark Zuckerberg, John Elkann, ma anche celebrità della moda o dello spettacolo come Katy Perry, Orlando Bloom o Stella McCartney. Tra di loro anche il principe Harry, indicato fra i relatori e impegnato pubblicamente per la causa verde e bersagliato di critiche in Gran Bretagna per essere ecologista a parole, inquinatore nei fatti. Ha dichiarato addirittura di voler avere «al massimo due figli» al fine di aiutare a preservare l'ambiente.

Ipocriti e furbetti

Harry e Leonardo appartengono alla categoria degli ipocriti-fessacchiotti: persone innocue che, come molti uomini, quando hanno un po’ di soldi o di potere non resistono e realizzano i loro sogni. E se di soldi ne hanno tanti, si mettono a guidare hypercar e a girare il mondo a bordo di jet privati e di lussuosi yacht. Tutta roba che inquina da matti, per soddisfare uno stile di vita che lascia una gigantesca «impronta di carbonio». Poi, però, si scoprono ambientalisti e come foglia di fico usano qualche donazione, un’auto elettrica in garage, la partecipazione accalorata a convegni e summit internazionali. Magari creano anche una fondazione, ma la loro ipocrisia è fin troppo facile da svelare: dovrebbero imparare da gente come Bill Gates o Warren Buffett, i grandi capitalisti-benefattori che esibiscono di meno e fanno di più.
Poi ci sono i furbi, che provano a fare fessi noi. Uno dei casi più incredibili è quello di Ghislaine Maxwell e dell’organizzazione ambientalista TerraMar Project. La signora Maxwell, inglese, 57 anni, figlia del discusso magnate dei media Robert, è stata fidanzata e poi stretta collaboratrice di Jeffrey Epstein, il finanziere americano accusato di aver costretto ragazze minorenni a prostituirsi e suicidatosi in carcere il 10 agosto scorso. Sembra che Maxwell abbia anche avuto un ruolo nel procacciare giovani ragazze, accuse che lei respinge. Intelligente, ben introdotta nell’alta società, la donna nel 2012 fonda un’organizzazione ambientalista per la conservazione oceanica chiamata TerraMar Project. Ne parla in varie conferenze, partecipa ad un Ted Talk, presenta il progetto alle Nazioni Unite. Il problema è che l’associazione è una semplice copertura. Christopher Mason, giornalista e amico di lunga data della signora Maxwell, ha ammesso al New York Times di essersi chiesto se la motivazione principale alla base della onlus fosse la conservazione oceanica o la conservazione di Ghislaine Maxwell medesima, creando un «rispettabile biglietto da visita» per qualcuno «la cui reputazione era in pericolo». Il metodo preferito di navigazione oceanica della signora Maxwell era a bordo di uno yacht di lusso che, secondo Mason, era per lei il simbolo di «status e libertà».
Dopo aver rotto con Epstein, Maxwell si mette infatti con Ted Waitt, miliardario americano dell’hi-tech, e lo convince ad acquistare lo yacht Plan B (Piano B). A bordo dell’imbarcazione c’è anche un sottomarino che la Maxwell impara a pilotare. Ed è grazie a queste immersioni che scopre i danni fatti dall’uomo all’ambiente. Ma le numerose conferenze di TerraMar sono solo un grande bluff. Secondo le dichiarazioni fiscali dal 2013 al 2017, l'organizzazione non ha erogato alcun tipo di contributo per la difesa del mare o di alcunché: ha ricevuto 196 mila dollari di sostegno pubblico e ha speso più di 600 mila dollari, richiedendo prestiti dal suo presidente, la signora Maxwell, per un totale di 549.093 dollari. I documenti non forniscono i nomi delle imprese o delle persone a cui sono stati effettuati i pagamenti. Quel che è certo è che non sono stati avviati programmi sul campo né sono stati versati fondi o donazioni. Nel 2019 TerraMar Project viene chiusa.

Elon Musk a tutto jet

Senza arrivare agli eccessi della Maxwell, ci sono altri casi di miliardari che usano la difesa dell’ambiente e la beneficenza con una certa dose di cinismo. Il Washington Post ha aspramente criticato il comportamento di Elon Musk, fondatore di Tesla e accanito sostenitore di un mondo dei trasporti ad emissioni zero: l’imprenditore avrebbe percorso a bordo del suo jet privato circa 241 mila chilometri nel 2018, oltre sei volte il giro della terra. Molti anche per svago e non solo per lavoro. Musk avrebbe addirittura usato più volte l’aereo privato per attraversare la città di Los Angeles. Il creatore inglese del gruppo Virgin, Sir Richard Branson, è stato accusato di ipocrisia dopo aver investito in un progetto di turismo di lusso in Arabia Saudita, nonostante le sue denunce sulle violazioni dei diritti umani nel Paese: i lavori saranno probabilmente svolti da manodopera proveniente dall'Asia sottoposta al sistema kafala, che è stato paragonato alla schiavitù. Mark Zuckerberg e sua moglie Priscilla Chan hanno creato una potente organizzazione che si batte per aiutare il progresso scientifico, ma intanto Facebook tratta con disinvoltura i dati degli utenti e sfugge al fisco europeo.
Intendiamoci, è giusto battersi per l’ambiente, per l’istruzione, per i diritti civili. È giusto che i miliardari facciano la loro parte. Quello che è sbagliato è usare l’impegno sociale solo come strumento di marketing, sbandierarlo sui giornali e sui social, presentarlo come uno degli obiettivi della propria azienda: le contraddizioni prima o poi vengono alla luce. Oppure, cari milionari, vendete la vostra Ferrari e volate «commercial», come Noemi Campbell definiva, un po’ schifata, le compagnie aeree.

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Guido Fontanelli