Quando il sangue ha poche piastrine
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Quando il sangue ha poche piastrine

Un deficit di queste sostanze, importanti nella coagulazione, può causare una malattia grave. Che però la scienza oggi può contrastare

Sangue dal naso o dalle gengive? Macchioline rosse sulla pelle? Abbondanti emorragie anche in caso di un taglietto o di una estrazione dentale? Possono essere il campanello di allarme di un deficit di piastrine nel sangue. "Le piastrine sono infatti fondamentali per regolare i processi di coagulazione e se inferiori a 150mila per microlito di sangue si può andare incontro a una serie di emorragie spontanee o a causa di piccoli traumi o semplici interventi chirurgici.

Si tratta di una condizione patologica nota come piastrinopenia" spiega Anna Savoia, docente di genetica medica all’Università di Trieste, che cerca di far luce su alcune forme ereditarie di questa patologia: malattie genetiche molto rare che, nelle forme più gravi, possono causare insufficienza renale e leucemia.

Panorama ha intervistato la ricercatrice che, sulla rivista Journal of thrombosis and haemostasis, sottolinea l’importanza di una diagnosi precoce per procedere con terapie mirate e migliorare così la qualità della vita dei pazienti.

Quanto sono diffuse le piastrinopenie ereditarie?

In Italia si contano almeno 500 casi, anche se molti sfuggono alla nostra attenzione. E parlando di malattie rare sono numeri molto importanti.

Cosa le contraddistingue?

Sono presenti fin dalla nascita e ti accompagnano per tutta la vita, a differenza, per esempio, di quelle dovute a infezioni virali, che spesso causano una riduzione temporanea del numero di piastrine. Altri parametri per distinguere le forme ereditarie da quelle più comuni non ereditarie sono la familiarità, un genitore o un altro membro della famiglia, cioè, è affetto dalla malattia, e la dimensione delle piastrine, che nella maggior parte dei casi sono più grandi.

È possibile fare una diagnosi certa?

Si tratta di malattie poco note, per cui non vengono sempre diagnosticate in modo corretto. Per una diagnosi certa, una volta verificata la carenza di piastrine circolanti nel sangue, sono necessarie analisi genetiche, per andare a caccia delle mutazioni in quei geni, al momento ne abbiamo identificati una ventina, responsabili dell’insorgenza della malattia. Sono analisi piuttosto complesse, che richiedono tempo, anche mesi, e sono molto costose. Ma all’Ospedale Burlo Garofolo di Trieste, stiamo sviluppando un sistema in grado di farlo in pochi giorni grazie a una nuova tecnica, la next generation sequencing (o analisi di sequenza di nuova generazione), che permette di sequenziare contemporaneamente tutti i geni che sappiamo essere mutati nelle diverse piastrinopenie ereditarie. In pratica, se con il metodo tradizionale per verificare la presenza di mutazioni genetiche dobbiamo fare circa 500 analisi, con questa nuova diagnostica molecolare ne basterà una sola, perché ci consente di analizzare un numero molto elevato di geni per ogni singolo paziente. E una diagnosi efficace è indispensabile per prescrivere la terapia migliore.

Oggi quali cure sono a disposizione dei pazienti?

Oltre alle trasfusioni di piastrine, che però sono invasive e possono generare refrattarietà (possono cioè indurre la formazione di anticorpi che riducono l’efficacia delle infusioni successive, ndr), oggi è possibile anche ricorrere alla somministrazione di farmaci. Per esempio, nel caso di una delle forme più comuni di piasrtrinopenie ereditarie, quella correlata a mutazioni del gene MYH9, abbiamo scoperto, anche grazie a finanziamenti Telethon, che è possibile prevenire le perdite di sangue grazie all’eltrombopag, un farmaco che induce un aumento della produzione di piastrine. E non è da escludere che questo trattamento farmacologico possa rivelarsi efficace anche per altri difetti ereditari del numero delle piastrine.

Difetti che, in alcuni casi, possono compromettere pesantemente il benessere di una persona...

Esatto. Chi è affetto dalla forma più grave della piastrinopenia MYH9 può sviluppare, tipicamente entro i 40 anni, sordità e problemi renali. Mentre chi è affetto da un’altra forma altrettanto comune in Italia, ma causata da mutazioni nel gene ANKRD-26, corre il rischio di ammalarsi di leucemia. Ecco che allora una diagnosi certa può essere essenziale affinché i soggetti a rischio vengano adeguatamente monitorati nel tempo e sottoposti a trattamenti terapeutici mirati: sia per evitare il più possibile un’insufficienza renale o la perdita dell’udito, sia per riuscire a cogliere precocemente lo sviluppo del tumore.

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Simona Regina