Cosa mangeremo nei prossimi anni
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Cosa mangeremo nei prossimi anni

Dalla genetica al bioprinting la ricerca scientifica sta rivoluzionando le nostre tavole. Nei prossimi anni vedremo cibi molto più sofisticati a tutto vantaggio della salute e degli animali da carne

Una nota multinazionale pubblicizza una birra sottolineando che è stata fatta con un raro lievito della Patagonia. Questa nuova trovata del marketing è una sorta di finestra sul futuro: nei prossimi anni cibi e bevande ottenuti per fermentazione saranno il frutto della selezione e della ingegnerizzazione di microrganismi come lieviti e batteri.

« L’obiettivo sarà quello di ottenere alimenti con più elevato valore nutraceutico, cioè con maggiore contenuto di sostanze nutritive dagli effetti benefici sulla salute» dice Manuela Giovannetti, docente di Microbiologia Agraria al Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali dell’Università di Pisa.

Facciamo alcuni esempi:« Recentemente sono stati riscoperti e ristudiati per il loro valore come probiotici alimenti come il Kefir, il Kimchi e il Kombucha» spiega Giovannetti « il primo è una bevanda originaria del Caucaso ottenuta facendo fermentare il latte con l’introduzione di particolari lieviti e batteri.

Alcuni di questi microrganismi sopravvivono indenni al processo digestivo ed entrano a far parte del nostro bioma, la popolazione microbica del nostro organismo. Selezionandoli o ingegnerizzandoli si possono ottenere benefici come la protezione contro centre malattie o la formazione di anticorpi».

Nel Kimchi, fatto di verdure fermentate e spezie, la selezione di particolari batteri può fornire un maggiore contenuto di alcuni tipi di vitamine come la A, la B1 e la B2; nel Kombucha, un tè addolcito fermentato con una particolare coltura, la selezione e l’ingegnerizzazione verrà fatta sui lieviti, con effetti disintossicanti.

«Nei prossimi anni anche il pane, la birra, lo yogurth e tutti gli altri alimenti ottenuti da fermentazione saranno ingegnerizzati ad hoc per le esigenze di individui con simili esigenze o caratteristiche genetiche» conclude Giovannetti «io stessa sto coordinando un progetto nazionale sul pane che studia più di trecento ceppi diversi di lieviti. Vogliamo comprendere come migliorarli per ottenere un pane con varie proprietà, per esempio quella anti-infiammatoria».

I cibi del futuro cambieranno anche in funzione del fatto che sempre di più genomi di piante commestibili verranno sequenziati. Per esempio, ad Aprile scorso Nature Geneticsha dato notizia del sequenziamento del genoma di grano duro con il contributo del Crea e del Cnr. Grazie alle biotenologie, questi dati permetteranno un grano più calibrato ai gusti dei consumatori e quindi a tipi di pane molto più diversificati di quelli attuali.

Forme di trapianti di parti di Dna da un organismo a un altro daranno luogo a varietà di cibi che nessuna selezione riproduttiva potrebbe fornire. Già adesso un aminoacido come la metionina è stato aggiunto al genoma del mais rendendolo più nutritivo e non si contano esempi simili: patate e riso con più proteine; pomodori con antiossidanti presi da altre specie vegetali; lattughe che contengono forme di ferro più digeribili.

Le tecniche del bioprinting, ovvero la stampa in tre dimensioni di tessuti e organi, permetteranno di produrre hamburger e bistecche a partire da da cellule di bovino prelevate con una biopsia e dunque senza uccidere l’animale. La stampa avviene strato per strato sulla base di un modello 3D digitale e una stampante dalle testine 3D che contengono “bio-inchiostro”, ovvero biomateriali, come per esempio fattori di crescita, cellule e altre biomolecole. Hamburger di vitello saranno presto in commercio con il marchio della ditta americana Modern Meadow, un fatto che indurrà molti vegetariani a riprendere il consumo di carne, visto che la sofferenza animale sarà evitata.

Altri settori della ricerca potranno avere potenziali ricadute sul sapore dei cibi. Uno di questi è il settore delle nanotecnologie: nanoparticelle di natura biologica che al momento vengono create per rilasciare più lentamente i farmaci in certe zone dell’organismo, potranno essere usate per fornire una sorta di retrogusto a certi cibi o per rimuovere certe sostanze che danno a vini e altre bevande un certo aroma.

L’industria lavora poi a cosa è più redditizio e non necessariamente significa che ciò sarà di grande beneficio per i consumatori. Ci saranno gelati e tavolette di cioccolato che non si sciolgono nelle giornate calde, birre ottenute da acque reflue, vernici commestibili da applicare ai cibi per renderli più appariscenti e zucchero filato per bloccare il singhiozzo. Anche le neuroscienze daranno il loro contributo suggerendo come devono apparire i piatti per essere più allettanti al consumatore.

La “scienza” che sorgerà si chiamerà “neuro-gastronomia” e ci regalerà la conoscenza di come dovrà essere servito un dato tipo di cibo o quale dovrà essere il suo grado di croccantezza: una crema servita in una particolare tazza sembrerà più cremosa. D’altonde, bisognerà pure vincere quella naturale ritrosia umana ad assaggiare le molte novità in arrivo, dagli hamburger di farina di insetti alle barre a base di alghe.




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Luca Sciortino