Scegli la giusta laurea
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Scegli la giusta laurea

Medicina è sempre tra le più ambite. Cala architettura, cresce ingegneria. Così la crisi modifica le scelte degli studenti italiani.

Diventeranno medici, o almeno ci avranno provato, e forse malediranno quella richiesta di ammissione alla facoltà ritrovata negli appunti dello scrittore Mikhail Bulgakov, diventato dottore di frontiera e poi pentitosi. Crescono da Torino a Palermo le matricole del camice bianco ed è loro il meridiano che scandisce l’orologio delle università, che ne detta i tempi, che ne apre la stagione, che ne conferma il primato. Insomma, se dovesse esserci un borsino tra i corsi, prematuro s’intende, dato che le immatricolazioni termineranno a metà ottobre, rimarrebbe sempre medicina la facoltà che resiste e cresce, nonostante le tasse universitarie che aumentano, nonostante la preselezione che quest’anno ha visto partecipare più di 70 mila candidati per un settimo di posti disponibili.

Se non stupisce il dato di medicina, certo sorprende quello di medicina in inglese, un corso che quest’anno ha registrato un balzo in avanti. Prova ne sono i 1.524 iscritti di Pavia rispetto ai 1.296 dell’anno precedente, i 1.042 di Roma La Sapienza (nel 2011 erano 292), i 288 a Roma Tor Vergata, che lo ha attivato solo a partire da quest’anno, e i 900 che alla Statale di Milano si sono contesi 50 posti, vanto del presidente Gianluca Vago, docente alla Statale di Milano: «Un modello formativo nuovo che coniuga l’insegnamento in lingua inglese con metodi didattici innovativi». In pratica lezioni in inglese tenute sempre più da professori stranieri, conformandosi allo spirito americano.

«Medicina del resto concentra tecnologia e umanesimo» dice Luigi Frati, rettore della Sapienza, «con un misto di altruismo che poi la vita magari smonta. Senza considerare che con il numero programmato la disoccupazione di fatto non esiste». Tuttavia, più che andare all’estero chi ha provato medicina in inglese mira a rimanere in Italia.

Calo invece per architettura. Le domande scendono a Catania (304 contro 343), a Trieste (129 oggi 170 l’anno precedente), alla Federico II di Napoli (605 contro 753), alla Sapienza, dove i candidati alla prova sono stati 1.357 contro 2.100; discesa anche nell’ateneo bolognese (-24,4 per cento le domande presentate). In controtendenza il Politecnico di Milano (oltre 6 mila iscrizioni per 700 posti disponibili). «Meno male. In Italia il numero di architetti è triplo rispetto ai dati europei. Una volta era una facoltà di moda perché si pensava di potere fare molti mestieri, designer, architetto... Adesso scende per via della crisi edilizia e perché si è compreso che la richiesta di architetti non è così alta. Solo per interessi di bottega si sono potute creare quasi 30 facoltà di architettura, uno sproposito» commenta sarcastico Vittorio Gregotti, maestro dell’architettura italiana.

Le ultime rilevazioni Alphatest registrano un calo in questi anni compensato dall’esplosione delle facoltà di ingegneria e dai dati dei politecnici, che sono anche diventati scuole delle élite orientali. Al Politecnico di Milano sono stati quasi 9 mila i candidati che si sono contesi i 5.702 posti disponibili, tra questi i corsi di ingegneria aerospaziale che segna un più 14 per cento e ingegneria matematica (+48 per cento); eccellenze che attraggono carovane di studenti cinesi e che spingono al perfezionamento giovani iraniani e turchi. Su cui non ha nulla da eccepire il rettore del Polimi, Giovanni Azzone, anzi: «Provengono da scuole di buon livello e sono le nostre industrie ad avere bisogno di questi studenti stranieri». Hanno perciò dovuto stabilire una soglia anche al Politecnico di Torino, dove il corso d’ingegneria ha il cosiddetto numero programmato di 4.400 posti per gli studenti Ue e 600 per i non comunitari.

Che la Cina sia vicina lo hanno capito a Bologna: il corso di laurea in lingua e cultura dei mercati asiatici conta 377 domande per soli 100 posti in palio (+43,6 per cento). E a Venezia, alla Ca’ Foscari, le richieste di iscrizione in lingue e culture dell’Asia e dell’Africa mediorientale sono incrementate del 38 per cento. Ma se l’obiettivo è sempre l’eccellenza, la novità in Laguna è il collegio internazionale che vuole sfidare la celebre Normale di Pisa e diventare una piccola Ena italiana: 28 posti e la possibilità di risiedere nell’isola di San Servolo. Corsi dedicati ai singoli studenti per arricchire la didattica e 15 dei 28 posti con borse di studio a copertura totale, grazie a 2 milioni di euro che sono stati finanziati dal ministero.

Sarà la crisi della politica, ma i preiscritti a scienze politiche scendono al Nord e nell’università simbolo, Bologna, il cui corso di laurea ha avuto solo 185 domande (-25,7%), così come a Milano (alla Statale 231 quest’anno rispetto ai 237 dell’anno scorso) o Torino (191 contro 207), mentre resistono al Sud. Quanto alle discipline giuridiche, cresce di pochissimo giurisprudenza, che però a Trento fa registrare lo stesso numero di iscritti, mentre a Milano le richieste sono scese a 359 rispetto alle 416 di un anno fa. Drastico il calo di Palermo: 1.486 versus 2.207.

Se l’università rimane il termometro per leggere un territorio, quella siciliana e meridionale resta per eccellenza la terra degli iscritti a scienze della formazione (un tempo magistero). Nonostante la stretta che la regione ha deciso, il settore non subisce mutamenti e mantiene lo stesso valore (Palermo: 2.758 contro 2.733), anzi nel caso di Catania aumenta; stesso segno a Bari (1.096 richieste per il test di preselezione), diversamente da quanto accade a Trieste, dove le richieste per partecipare ai test scendono da 132 a 107. Specificità territoriali sono visibili in Sardegna e all’Università di Sassari, dove diventare infermieri è l’ambizione di oltre 2 mila giovani, 500 in più, mentre non lo è per i napoletani della Federico II (4.136 contro 5.140). D’altronde il dato nazionale per le professioni sanitarie è negativo: -17 per cento le iscrizioni ai test per tecnici di radiologia e - 3 per cento per i corsi di infermieristica.

Risaputo è il primato di Trento per sociologia, che vede aumentare le richieste da 274 a 710. Sarà il retaggio di James Joyce e di Italo Svevo, fatto sta che Trieste rimane la città dello scandaglio dell’inconscio, che spinge quasi 400 studenti a misurarsi con psicologia, con «quei buchi della mente», come ebbe a definirli Mario Tobino, e nello stesso tempo ad aprire le vie linguistiche della Mitteleuropa (767 in comunicazione interlinguistiche). Crescita, poi, per le discipline matematiche ed economiche: le richieste salgono a Tor Vergata, a Bologna (con un +16,6 per cento), e si confermano a Torino (2.455 contro 2.342)

Tengono le discipline umanistiche, per intenderci quelle che soffrono di una crisi di occupazione dettata dalle maglie ristrette dell’insegnamento. Chissà, forse per l’annuncio di un nuovo concorso da parte del ministro Francesco Profumo. In realtà non hanno mai smesso di attrarre studenti, prova ne sono gli iscritti a Milano di lettere (163 quest’anno, 167 nel 2011).

Nello stesso settore umanistico, il corso di mediazione culturale alla Statale di Milano cresce vistosamente (857 adesso, 453 l’anno scorso), mentre resta stabile scienze della comunicazione di Torino (314 oggi 331 nel 2011). Criticati per gli scarsi sbocchi professionali che offrono, dunque, gli studi letterari continuano ad attrarre. Forse aveva ragione Natalia Ginzburg: «Anche le verità umanistiche, quelle del cuore, sono valide quanto quelle della matematica».

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Carmelo Caruso