Sarkozy è tornato. Ma ora lotta contro Marine Le Pen
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Sarkozy è tornato. Ma ora lotta contro Marine Le Pen

Quindici mesi dopo il ritiro dalla politica, l’ex presidente scende ancora in campo per rivitalizzare la destra francese, minacciata dal Fronte nazionale e dal crac economico

di Francesco Dendena

In anticipo su ogni previsione, ma non inatteso, Nicolas Sarkozy è tornato sulla scena politica francese. Con un solo obiettivo: ricordare a tutti chi è l’uomo forte della destra. Chiamato a esprimersi sulla disastrosa situazione dei conti dell’Ump di fronte allo stato maggiore del partito, l’ 8 luglio ha colto l’occasione per fare un discorso di politica generale (Europa, crisi economica e riforme strutturali) e annunciare la scelta di «tornare sulla decisione di lasciare la politica».

Senza svelare i suoi progetti, ha svelato le sue ambizioni, lanciando un avvertimento tanto ai vertici, ammutoliti, quanto alla base, entusiasta: the boss is back! Che Sarkozy non si sarebbe accontentato di giocare il ruolo di pensionato di lusso, come aveva annunciato l’anno scorso, non era difficile da prevedere. Troppo giovane, appena 58 anni; troppo grandi le sue ambizioni. Tanto più che l’ex inquilino dell’Eliseo non ha mai digerito la (risicata) vittoria di François Hollande, assolutamente persuaso che con qualche settimana in più la sua linea radicale gli avrebbe permesso di ribaltare la situazione. Una convinzione talmente forte da trasformare la sconfitta dell’anno scorso in una «quasi vittoria», alimentando il suo desiderio di rivincita.

Con buona pace di Carla Bruni, che sperava di vedere il marito abbandonare la politica e dedicarsi alla sua neonata e redditizia carriera di conferenziere. Così non è stato. Da inizio anno l’ex presidente ha cominciato a ricevere metodicamente nel suo ufficio parigino parlamentari, ex ministri, vecchi e nuovi collaboratori.

Per ascoltarli, sedurli, convincerli: la galassia della destra francese si sta ricomponendo attorno all’astro Sarkozy 2. «La macchina da guerra è di nuovo in marcia. Già da tempo la questione non era più se lui sarebbe tornato, ma quando lo avrebbe fatto» ha confidato a Panorama una dirigente dell’Ump parigino. «Il fatto che abbia scelto di non esprimersi in pubblico prima rientrava all’interno di una strategia elaborata a tavolino».

Strategia che puntava a prendere le distanze dal dibattito pubblico per rafforzare l’immagine di uomo di Stato, lontano dagli intrighi e dalla politica di basso cabotaggio. Visto il temperamento dell’interessato, non deve essere stato facile. Non a caso Sarkozy ha deciso di riprendere «la sua libertà di parola» dopo la decisione del Consiglio costituzionale di rigettare i conti della sua campagna elettorale del 2012. Questa decisione, inedita e motivata dal fatto che il candidato presidente aveva oltrepassato i tetti di spesa imposti dalla legge, è stata un colpo terribile per l’Ump. Ma per Sarkozy si è rivelata l’occasione ideale per passare al contrattacco.

Contro la magistratura, che si accanirebbe contro di lui, e contro una parte del suo partito che cerca di emanciparsi dal suo controllo. «Esprimersi adesso era una scelta obbligata, un atto di solidarietà verso la propria famiglia politica in difficoltà» riprende la responsabile, che però aggiunge: «Certo, l’interesse personale ha avuto la sua parte: se avesse taciuto, avrebbe incoraggiato le ambizioni di coloro che vorrebbero voltare la pagina Sarkozy». Impensabile fino a poco tempo fa, l’ipotesi non è più così peregrina. Nonostante la popolarità dell’ex presidente a destra sia ancora molto forte, le voci critiche non mancano.

In particolare François Fillon, che di Sarkozy è stato premier per cinque anni, ha rivendicato un diritto di inventario delle riforme intraprese dal 2007. Incarnazione di una linea più tradizionale, Fillon è andato oltre, affermando l’intenzione di presentarsi «qualsiasi cosa succeda» alle primarie della destra per scegliere il prossimo candidato all’Eliseo, previste nel 2016.

Una dichiarazione di guerra, che se per ora non preoccupa Sarkozy (76 per cento dei militanti Ump lo ritiene il miglior candidato possibile contro la sinistra), ne rimette in discussione lo status di «leader naturale», rivelando nel contempo il suo principale rischio: apparire un uomo del passato, un passato che divide. Soprattutto dopo l’ultima campagna molto radicale, incentrata sul corteggiamento dell’elettorato del Fronte nazionale.

Tra calcolati silenzi e discorsi «inattesi», tra appelli ai francesi e incontri in privato, è iniziata allora la costruzione dell«homme qu’il faut», l’uomo che serve, unico collante di una destra repubblicana minacciata da un centro in cerca di autonomia e da un Fronte nazionale in rapida ascesa. Se l’elezione presidenziale è l’incontro tra un uomo e la nazione, è un incontro che non avviene mai a caso e Sarkozy sta preparandosi.
Ecco perché si è impegnato in prima persona per la sottoscrizione pubblica per rimpinguare le casse esauste del partito, trasformandola in un referendum sulla sua persona. Scelta arrischiata ma vincente. In tre settimane, i militanti e i deputati hanno versato 8,3 milioni di euro degli 11 necessari per evitare il fallimento dell’Ump. In cambio riceveranno un ringraziamento firmato dall’iperpresidente.

Più che una cortesia, un biglietto da visita per il futuro.

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