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Ansa
Salute

La mappa delle inefficienze sanitarie nell’era del Coronavirus

Un report fotografa la risposta del nostro sistema alla pandemia. Tagli e minori servizi penalizzano il pubblico e a rischio resta il modello per affrontare l'emergenza

Il nuovo rapporto dell'Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane, ha confermato l'inefficienza del servizio sanitario nazionale emersa durante il coronavirus. L'elevato numero di contagi ha portato a un sovraccarico improvviso e catastrofico delle capacità sanitarie italiane penalizzate da riduzioni di spesa pubblica e sempre maggiore carenza di personale medico e infermieristico. I tagli economici operati si sono tradotti in una riduzione dei servizi offerti ai cittadini. "La crisi drammatica determinata da Covid-19 ha improvvisamente messo a nudo fino in fondo la debolezza del nostro sistema sanitario." afferma il Direttore dell'Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane Walter Ricciardi, professore all'Università Cattolica. Nel rapporto viene evidenziata la diminuzione dei posti letto dal 2010 al 2018, scesa di circa 33 mila unità. Tagli, riduzioni, regionalizzazioni dei servizi, la disomogeneità nella gestione dei contagiati sono i fattori che secondo l'Osservatorio, hanno fatto si che la Pandemia non trovasse resistenze.

Più ospedalizzazioni e maggior numero di contagi

Il Veneto ha la quota più bassa di ospedalizzati e quella più alta di soggetti positivi posti in isolamento domiciliare. All'inizio della pandemia questa Regione aveva in isolamento domiciliare circa il 70% dei contagiati, nell'ultimo periodo oltre il 90%. Atteggiamento diverso della Lombardia e del Piemonte che hanno percentuali di ospedalizzazione tra il 50% e il 60% all'inizio della pandemia, per poi crescere e oscillare tra il 70 e l'80% nella prima metà di marzo, quando nelle altre Regioni diminuisce; infine, scendono sotto il 20% a partire dalla fine di aprile, primi di maggio.Toscana e Marche hanno approcci simili, entrambe ospedalizzano oltre il 60% dei contagiati fino ai primi di marzo, scendono sensibilmente a meno del 30% alla fine di marzo e sotto il 20% dalla seconda metà di aprile. Di questa emergenza sanitaria colpiscono anche le differenze regionali del tasso di letalità, che in Lombardia raggiunge il 18%, in Veneto un massimo del 10%. Emilia-Romagna, Marche e Liguria sono le altre Regioni con la letalità più elevata, tra il 14-16%. Non è chiara la spiegazione di questo dato, verosimilmente si è verificata una sottostima del numero di contagiati (il denominatore del rapporto con il quale si misura la letalità). Questa circostanza richiama la scarsa qualità del monitoraggio effettuato da alcune Regioni.

Meno servizi e più costi per le famiglie

Nel 2018, la spesa sanitaria complessiva, pubblica e privata sostenuta dalle famiglie, ammonta a circa 153 miliardi di euro, dei quali 115 miliardi di competenza pubblica e circa 38 miliardi a carico delle famiglie.Dal 2010 al 2018 la spesa sanitaria pubblica è aumentata di un modesto 0,2% medio annuo, molto meno dell'incremento del Prodotto Interno Lordo che è stato dell'1,2%. Al rallentamento della componente pubblica ha fatto seguito una crescita più sostenuta della spesa privata delle famiglie, pari al 2,5%. Dal punto di vista dell'attività di assistenza erogata dagli ospedali il Rapporto Osservasalute evidenzia che il tasso standardizzato di dimissioni ospedaliere a livello italiano mostra un andamento in progressiva riduzione nel periodo 2013-2018, passando da 155,5 ricoveri su 1.000 residenti del 2013 a 132,4 per 1.000 del 2018.

Scarsa qualità del monitoraggio e numero dei tamponi

Di questa emergenza sanitaria colpiscono anche le differenze regionali del tasso di letalità, che in Lombardia raggiunge il 18%, in Veneto un massimo del 10%. Emilia-Romagna, Marche e Liguria sono le altre Regioni con la letalità più elevata, tra il 14-16%. Non è chiara la spiegazione di questo dato, verosimilmente si è verificata una sottostima del numero di contagiati (il denominatore del rapporto con il quale si misura la letalità). Questa circostanza richiama la scarsa qualità del monitoraggio effettuato da alcune Regioniz Il Veneto ne ha effettuati il numero più alto in rapporto alla popolazione, circa 50 ogni 100 mila abitanti all'inizio del periodo, fino a punte superiori a 400 agli inizi di giugno. La Puglia è la Regione con il numero minore di tamponi effettuati, meno di 100 ogni 100 mila abitanti. Colpisce la variabilità nel tempo fatta registrare da tutte le Regioni, in particolare il Veneto e le Marche.

La copertura vaccinale nelle regioni non raggiunge i valori considerati minimi

Il Rapporto Osservasalute evidenzia che nell'intera stagione influenzale 2018-2019, il 13,61% della popolazione ha avuto una patologia simil-influenzale per una stima totale di circa 8.072.000 casi, che ha colpito maggiormente la popolazione di età pediatrica: nello specifico il 37,28% dei bambini di età 0-4 anni, il 19,75% di età 5-14 anni, il 12,77% di individui di età compresa tra 15-64 anni e il 6,21% di anziani di età ≥65 anni. Dal Rapporto emerge che la copertura vaccinale antinfluenzale nella popolazione generale si attesta, nella stagione 2018-2019, al 15,8%, con lievi differenze regionali. Negli anziani ultra 65enni, la copertura antinfluenzale non raggiunge in nessuna Regione neppure i valori considerati minimi dal Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale, che individua nel valore di 75% l'obiettivo minimo perseguibile e nel valore di 95% l'obiettivo ottimale negli ultra 65enni e nei gruppi a rischio. Il valore maggiore si è registrato in Basilicata (66,6%), seguita da Umbria (64,8%), Molise (61,7%) e Campania (60,3%), mentre le percentuali minori si sono registrate nella PA di Bolzano (38,3%), in Valle d'Aosta (45,2%) e in Sardegna (46,5%). Il vaccino per l'influenza diverrà un tassello cruciale nella gestione di eventuali ondate di coronavirus in autunno, perché potrà contribuire a discernere tra influenza e sindrome Covid-19.

Le conclusioni del rapporto

"L'esperienza Covid-19 ha acceso i riflettori sulla fragilità dei Servizi Sanitari Regionali nel far fronte alle emergenze. Ha messo in luce la necessità di riorganizzare e sostenere con maggiori risorse il ruolo del territorio che avrebbe potuto arginare, soprattutto nella fase iniziale della pandemia, senza che si riversasse sulle strutture ospedaliere, impreparate ad affrontare una mole elevata di ricoveri di persone in una fase acuta dell'infezione. Un altro elemento su cui riflettere per il futuro è l'organizzazione decentrata della Sanità Pubblica, le Regioni, infatti, si sono mosse in maniera molto diversa l'una dall'altra non sempre in armonia con il Governo nazionale".

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Linda Di Benedetto