I medici: «Useremo l'idrossiclorochina». Parte la raccolta firme per l'Aifa
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Salute

I medici: «Useremo l'idrossiclorochina». Parte la raccolta firme per l'Aifa

Firma la petizione su Change.org: https://www.change.org/PanoramaClorochinaCovid19

Panorama.it lancia una petizione per chiedere all'Agenzia del farmaco di ripristinare l'uso dell'idrossiclorochina, l'unico farmaco anti-Covid disponibile sul territorio. Altrimenti, con un atto di disobbedienza civile, un gruppo di medici la prescriverà comunque. Per non abbandonare i pazienti e tener fede al giuramento di Ippocrate.

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  • Panorama ha condotto un'indagine approfondita per capire come l'Italia si sta preparando ad affrontare la seconda ondata di Covid 19. L'inchiesta è pubblicata in tre puntate a partire dal 13 ottobre.
  • Prima puntata: La Cenerentola della lotta contro la pandemia.
  • Seconda puntata: La medicina territoriale priva di strumenti diagnostici e terapeutici
  • Terza puntata: La disobbedienza civile dei medici di famiglia

«Prescriveremo l'idrossiclorochina nonostante il divieto dell'Aifa. L'abbiamo già somministrata a marzo senza autorizzazione. A maggior ragione lo faremo adesso, visti i buoni risultati ottenuti da noi e da tanti altri colleghi, comprovati da vari studi scientifici». Quando il dottor Andrea Mangiagalli riferisce i propositi kamikaze del gruppo Medici in prima linea, fa venire i brividi lungo la schiena. È mai possibile che dei medici debbano finire nei guai perché, nella peggiore emergenza sanitaria dai tempi della spagnola, prescrivono un farmaco che ha funzionato bene per decenni e che non si può usare a causa di uno studio ritirato 13 giorni dopo la pubblicazione?

È possibile, perché il gruppo di medici di famiglia nato nel Milanese lo scorso febbraio non agisce per interessi economici, motivazioni politiche o prese di posizioni ideologiche. E non potrebbe farlo, visto che attorno all'idrossiclorochina non possono girare né quattrini sonanti, né incarichi prestigiosi, né consulenze dorate. A un costo di 6,08 euro per 30 compresse nella versione originale e 5,12 euro per quella generica, il principio attivo nato come antimalarico ha due gravi difetti: costa poco e non ha sponsor.

I Medici in prima linea stanno quindi per fare un atto di disobbedienza civile, ovviamente con il consenso dei pazienti, solo per rispettare quel giuramento di Ippocrate che impone loro di «non abbandonare mai la cura del malato». Come aveva osservato a marzo uno dei promotori dell'iniziativa, il dottor Antonio Gobbi, ora in pensione, «se si lavora sempre pensando ai rischi di denunce non si fa più niente. Il medico può essere valutato per imperizia, imprudenza e negligenza. Abbiamo preferito rischiare l'imprudenza».

I suoi colleghi rischiano l'imprudenza anche oggi. Molto più di ieri. Se a marzo i medici del Milanese hanno iniziato a prescrivere idrossiclorochina senza autorizzazione dell'Aifa, ora la prescriveranno dopo che l'autorizzazione è stata prima emessa e poi ritirata. Un atto di coraggio, che rischia tuttavia di avere un valore poco più che simbolico. Dei 43.927 medici di medicina generale italiani, in quanti li seguiranno prescrivendo idrossiclorochina contro il parere dell'Agenzia italiana del farmaco? Nella migliore delle ipotesi, l'1% dei loro colleghi, qualcosa come 440 dottori. Un numero non sufficiente a risolvere il problema della seconda ondata da Coronavirus.

Ecco perché panorama.it ha deciso di sposare la loro battaglia. Nel momento in cui l'epidemia è tornata in fase acuta, con i primari che non dormono la notte perché non hanno posti letto e la Campania che ha già chiuso le scuole, l'impossibilità di prescrivere idrossiclorochina impedisce cure territoriali tempestive, già sperimentate in Italia e in tanti Paesi del mondo. Perché, come sostiene Antonio Cassone, già Direttore del Dipartimento di Malattie infettive dell'Istituto superiore di sanità, «l'idrossiclorochina a dosi basse-moderate è assolutamente sicura».

Questo giornale ha organizzato una petizione online attraverso la piattaforma Change.org per chiedere all'Aifa di ripristinare l'utilizzo di idrossiclorochina per i pazienti a domicilio nelle primissime fasi della malattia, se necessario anche con procedura d'urgenza. E prima che sia partita la raccolta firme, al nostro appello hanno già aderito 112 medici (in fondo all'articolo, i nomi e il numero di iscrizione all'Ordine).

Ma spieghiamo le ragioni della nostra scelta. Per farlo, occorre tornare a marzo 2020. Nella Lombardia devastata dalla più alta letalità da Covid-19 al mondo, la medicina territoriale era allo sbando. Gli ospedali erano sull'orlo del collasso e gran parte dei malati giacevano a casa, abbandonati a loro stessi. Le indicazioni ufficiali ai medici di famiglia suggerivano di somministrare solo tachipirina, in attesa di eventuali aggravamenti. Altamente sconsigliato «il fai da te» sul territorio, come sosteneva il professor Galli del Sacco di Milano.

A quel punto sono scesi in campo i Medici in prima linea, dal nome di una chat su WhatsApp, ideata il 27 febbraio. Dopo essersi confrontati con i colleghi ospedalieri, aver studiato le terapie somministrate in Cina e consultato studi scientifici, a metà marzo, hanno messo a punto un protocollo d'intervento condiviso. I medici di base di Milano e provincia si sono presi un'enorme responsabilità. Al centro del loro schema c'era l'idrossiclorochina, un farmaco in quel momento usato per malaria e malattie reumatologiche. Tanto che nella fase iniziale non era mutuabile: per prescriverlo off-label, cioè al di fuori delle indicazioni registrate, i medici dovevano ricorrere alle ricette bianche.

«Ci siamo lanciati senza paracadute» ricorda Andrea Mangiagalli, medico di base a Pioltello ed estensore del protocollo con i colleghi Antonio Gobbi e Giovanni Moretti. «Non avremmo potuto prescrivere l'idrossiclorochina ai nostri pazienti, tanto che l'Aifa aveva emanato una direttiva sconsigliandone l'utilizzo e così aveva fatto pure un sindacato medico. Però non ci siamo arresi, perché far morire la gente senza tentare nulla era contro il nostro codice deontologico».

Il risultato è stato strabiliante: nessun paziente trattato nella fase precoce della malattia ha avuto bisogno di ricovero ospedaliero. E nessuno è deceduto. Un successo poco dopo sdoganato anche a livello ufficiale: il 31 marzo l'Agenzia del farmaco ha consentito l'utilizzo della clorochina per i casi sospetti di Covid.

La storia che sembrava a lieto fine ha conosciuto una battuta d'arresto il 22 maggio, quando la rivista britannica The Lancet ha pubblicato uno studio choc. Firmato dal professore di Harvard Mandeep Mehra, sosteneva che per chi aveva ricevuto idrossiclorochina il rischio di morte era aumentato del 34% e del 137% quello di avere una aritmia grave. Apriti cielo: l'Organizzazione mondiale della sanità ha subito interrotto la sperimentazione sulla molecola. Il giorno dopo, l'Agenzia del farmaco italiana ne ha sospeso l'autorizzazione per il Covid. E lo stesso hanno fatto Francia e Belgio. Seguiti poi anche dalla potentissima Food and Drug Administration statunitense.

Una débâcle... Il 5 giugno, però, il colpo di scena: dopo aver ricevuto una lettera da 120 ricercatori di tutto il mondo che metteva in discussione lo studio, The Lancet lo ha ritirato. Il danno però era fatto: l'idrossiclorochina era ormai uscita di scena. Anche perché, nel frattempo, era stata sponsorizzata a gran voce dal presidente Donald Trump e dal suo dirimpettaio brasiliano Jair Bolsonaro, che l'avevano resa antipatica ai loro detrattori, facendola percepire come farmaco «sovranista».

E se in altri Paesi come Cina e India hanno continuato a usarla (le linee guida di Pechino hanno ribadito l'utilità del farmaco in prima battuta), in Italia è diventata la reietta del mondo scientifico. Intanto, la questione è finita nelle aule di tribunale. Il 26 luglio l'avvocato napoletano Erich Grimaldi ha depositato al Tar del Lazio con la collega Valentina Piraino un ricorso con relativa istanza cautelare per conto di una cinquantina di medici di famiglia di tutta Italia. Il ricorso chiedeva che venisse ripristinata la possibilità per i medici dei territori di prescrivere «liberamente» l'idrossiclorochina contro il Covid «senza assumersi responsabilità prescrittiva».

Niente da fare: il Tar ha risposto no, «in considerazione dei numerosi studi randomizzati pubblicati nella primavera del 2020 e richiamati nel provvedimento impugnato circa l'inefficacia – ovvero la scarsa efficacia – dell'impiego dell'idrossiclorochina». Ma a che studi fa riferimento il Tribunale amministrativo regionale? Per capirlo, bisogna consultare un aggiornamento comparso sul sito dell'Aifa il 22 luglio. «In merito agli studi randomizzati» si legge, «gli aggiornamenti più rilevanti riguardano la comunicazione dei dati relativi al braccio di trattamento con idrossiclorochina nello studio britannico Recovery e la pubblicazione del primo trial randomizzato relativo all'utilizzo di HCQ (idrossiclorochina, ndr) nelle fasi precoci dell'infezione».

Randomizzati: è la parola chiave, usata anche dal Tar per respingere la prima istanza cautelare. «Uno studio randomizzato è quello in cui l'assegnazione di un paziente con determinate caratteristiche a una terapia è puramente casuale» spiega il professor Massimo Puoti, direttore del reparto Malattie infettive dell'ospedale Niguarda di Milano. «È il modo migliore per capire se una terapia funziona e quanto funziona».

Gli studi randomizzati citati da Aifa per dire no all'idrossiclorochina sono tre. Il primo, Recovery, realizzato nel Regno Unito, è serio e autorevole. «Si tratta del più grosso studio randomizzato disponibile su pazienti ospedalizzati» spiega il professor Massimo Puoti, direttore del reparto Malattie infettive dell'ospedale Niguarda di Milano. «E dimostra che l'uso di idrossiclorochina non ha né efficacia né tossicità superiore allo standard of care senza il farmaco antimalarico». E qual era lo standard of care dello studio? Risponde Mangiagalli: «Tutti i farmaci usati normalmente per le polmoniti, cortisone incluso».

Lo studio, insomma, dice che l'idrossiclorochina non è più efficace ma non è neanche più tossica delle terapie comunemente usate in ospedale. Ma visto che i trattamenti ospedalieri come il cortisone non possono essere usati sui pazienti a domicilio, perché non consentire l'uso dell'idrossiclorochina, che comunque non è risultata più tossica?

Il secondo studio a cui fa riferimento Aifa, realizzato negli Stati Uniti e in Canada su 423 pazienti, non è invece da prendere in considerazione. Per due motivi. «Anzitutto non è molto affidabile perché 423 pazienti sono troppo pochi per una valutazione definitiva» spiega il professor Puoti. Il secondo motivo lo ammette la stessa Aifa: «Lo studio presenta alcune limitazioni: la diagnosi certa era stata possibile solo nel 58% dei partecipanti, le valutazioni sono state fatte online o telefonicamente e l'esito primario è stato modificato nel corso dello studio». Aifa cita un altro studio che non è neanche il caso di prendere in considerazione perché, osserva il professor Puoti, «la diagnosi confermata di Covid riguardava meno del 3% dei pazienti».

Sui tre studi citati da Aifa, insomma, di serio ce ne è solo uno. «E comunque» osserva Mangiagalli, «anche il migliore, Recovery, anzitutto riguarda pazienti ospedalieri (non a domicilio come i nostri) e poi ha usato il doppio dei dosaggi di idrossiclorochina rispetto a quelli che prescrivevamo noi in Italia. Non c'è da stupirsi se si sono poi verificati effetti collaterali cardiovascolari».

In realtà ci sono anche molti studi a favore dell'idrossiclorochina. «Attualmente, sono stati pubblicati 102 studi sull'idrossiclorochina/clorochina (62 sono peer review). Di questi il 75% sono positivi, mentre il 25% sono negativi» si legge su Sanità Informazione. L'ultimo è stato pubblicato il 21 settembre proprio da The Lancet su dati statunitensi. Dopo il passo falso di maggio, la rivista britannica ora sostiene che l'idrossiclorochina riduce la mortalità da Covid e non riscontra aumenti di tossicità cardiaca. Il penultimo studio, olandese, è invece stato pubblicato il 20 settembre sull'International Journal of Infectious Diseases, e dice che per i ricoverati in ospedale trattati con idrossiclorochina, il rischio di trasferimento in terapia intensiva diminuisce del 53%.

Ma ci sono anche due interessanti ricerche italiane. Dalla prima, pubblicata sullo European Journal of Internal Medicine, si evidenzia una riduzione della mortalità del 30% in un gruppo di pazienti Covid trattato con idrossiclorochina. Dalla seconda, pubblicata dalla Società italiana di farmacologia, risulta che, in quasi due milioni di pazienti che da 20 anni a questa parte assumono idrossiclorochina per artrite reaumatoide, l'associazione per sette giorni all'antibiotico azitromicina non ha incrementato il rischio di effetti avversi.

Questi studi, però, non sono randomizzati. Chiediamo cosa ne pensa Luigi Cavanna, l'oncologo dell'ospedale di Piacenza pioniere della prescrizione di idrossiclorochina a domicilio. Il 9 marzo era stato il primo in Italia a iniziare ad andare a casa dei pazienti Covid per somministrare loro il farmaco antimalarico, seguito subito dopo dai Medici in prima linea del Milanese e poi, a ruota, da colleghi di tutta Italia, fra cui anche quelli del modello Alessandria.

«Ah, ma qui dobbiamo fare una citazione dotta per i colleghi ortodossi della medicina, per le grandi menti» esordisce ironico il primario dell'ospedale di Piacenza. «Voglio citare l'introduzione al testo di medicina interna più diffuso al mondo, dalla Cina al Canada: l'Harrison. Ecco cosa dice: "La pratica medica combina scienza e arte". Quindi gli studi randomizzati devono essere il mezzo per curare bene la gente, non il fine. Lo studio randomizzato è una risposta ordinaria di fronte a una situazione ordinaria. Ma il Covid non è una situazione ordinaria. La medicina di tutti i giorni, la real world medicine è fondamentale. La pratica medica che dà risultati è essenziale in situazioni straordinarie, altrimenti rischiamo davvero che, quando avremo uno studio randomizzato, molta gente non ci sarà più. A parte che sul territorio studi randomizzati non ce ne sono o quasi, in parallelo allo studio randomizzato ci deve essere la real world evidence, l'evidenza del mondo reale».

A dare man forte a Cavanna, interviene Mangiagalli: «Se vogliamo dirla tutta, non esistono studi randomizzati sul territorio nemmeno per il vaccino antinfluenzale. Cosa dovrebbe fare allora Aifa: sospenderne l'utilizzo?». Cavanna non riesce a trattenersi: «A me viene un sospetto... Perché impedire una terapia di sette giorni di un farmaco che alcune persone, come i malati di artrite reumatoide, assumono da una vita? C'è qualcosa che non torna, qualcosa di inquietante... Com'è inquietante quello che dice il professor Antonio Cassone: "Purtroppo gli editori di riviste importanti sono molto riluttanti a pubblicare qualcosa di positivo sulla clorochina e idrossiclorochina". Ma in che mondo siamo? Io mi vergogno di essere medico».

In conclusione, il Tar sostiene anche che «non emergono profili di irreparabilità del pregiudizio», visto che non coglie «profili di danno grave e irreparabile nella sfera giuridica dei ricorrenti scaturenti dall'impiego di un trattamento piuttosto che di un altro». Detto in parole povere, secondo i giudici i medici che hanno presentato ricorso non hanno subito un danno dal divieto di utilizzo di idrossiclorochina, visto che avrebbero potuto usare altre terapie.

Forse il Tar, che la prossima settimana verrà investito di un'ulteriore istanza cautelare (nella speranza da parte dei ricorrenti di non dover affrontare il giudizio di merito o arrivare al Consiglio di Stato), non sa che altre terapie di fatto non esistono. «A disposizione della medicina territoriale non ce ne sono» conferma Cavanna. «Noi dobbiamo fare in modo di poter dare idrossiclorochina per sette giorni a dosi non da cavallo, come hanno fatto gli studi americani poi risultati negativi. Guarda caso, delle decine di migliaia di casi trattati per sette giorni in Italia, da medici ospedalieri e di base, in nessun caso si sono verificati episodi negativi».

Lei è dunque favorevole alla raccolta firme promossa da Panorama? «Sì» risponde il dottor Cavanna. «Io sono favorevole a usare tutti i mezzi leciti che possano permettere a un malato di Covid di assumere idrossiclorochina. Perché questa mi sembra una situazione kafkiana, da crisi della scienza. Ammesso che dietro non ci sia un'altra volontà, ma non voglio pensarlo».

Firma la petizione su Change.org: https://www.change.org/PanoramaClorochinaCovid19

I medici che hanno già risposto all'appello

1. Andrea Mangiagalli 27803
2. Monica Sutti , 30823.
3. Molaschi Marco 23929
4. Milena Galimberti 26870
5. Antonio Gobbi 17918
6. Perego Angela Loretta 22841
7. Giovanna Caminiti 23913
8. Andrea Bozzola 29949
9. Luca Vezzoni 41089
10. Melissa Guzzetta 35437
11. Luca Manganiello 44327
12. Giorgio Fondrini 23400
13. Pamela Pacini 41382
14. Massimo Sorghi 23785
15. Marco de Santis 31119
16. Laura Frosali 33030
17. Patrizia Biasi 39563
18. Monica fastidio 30782
19. Maccabruni Giuseppe Pavia 21936
20. Pamela De Toni Monza B 02758
21. Cozzi Donatella 23421
22. Mara Fasani n. 40312
23. Romano Giuseppe 14905
24. Moretti Giovanni 15627
25. Cristiana Belloli 18718
26. Flavio Sinchetto 21289
27. Patrizia Rodriguez 6227
28. Francesca Di Marco 36822
29. Marco Mazzoni 23399
30. Maria Pia Caraceni 21986
31. Elena Giuseppina Villa 30819
32. Anna Maria Vittoria Mauro 31787
33. Cristoforo Cassisa 29253
34. Guido Rizzato
35. Marcella Muratori Mezzera 36373
36. Renato Mattina 36279
37. Alessandro Ramponi
38. Gabriele gianlupi 3729 pr
39. Mercogliano Maurizio18448
40. STEFANO BIDOGLIO 21384
41. Valeria Maria Cuccurullo 22670
42. Dario Lisciandrano 28784
43. Lorenzo Ferrante 20285
44. Paola Presutto 40185 Milano
45. Patrizia Calvi Milano:20811
46. Chiara Penati 1761 lecco
47. Tiziana arvieri 21656
48. Stefano Serboni 32869
49. Margherita Assirati 34778
50. Paola Verza 25111
51. Fernando Salomoni 29576
52. Alessandra Rigoni 29029
53. Alessandro Ramponi 26724
54. Rizzato Guido 07888 BG
55. Lorenzo Ferrante 20285
56. Becchi Luisa Pr 4334
57. Privitera Daniela Ct 6980
58. Dr.ssa Agata Marabotto, Catania 6944
59. Dott. Rampulla Bruno, Catania 15414
60. Dammino Maria Grazia 5784 Ct
61. Dott. Roberto Polisca, PU 872
62. Rosa Battaglia, Rg 1643.
63. Privitera Adriana n 006981
64. Zanon Giuseppe TV:6357
65. Marina Trupo Mi 24380
66. Mariano Ziglio n. 22307 Milano
67. Andrea Giusepoe Giorgio Stramezzi Milano. 43656
68. Fabio Caliendo n. 32393 Roma
69. Giuseppe Maggio 7376 Pavia
70. Tiziano Setti, Reggio Emilia, 2313.
71. Anna Dabbicco iCatania 6040
72. Maria Antonietta Balzola Mi 25596
73. Maurizio Tarantelli 3981Firenze
74. Giovanni Pascucci Mc. 767
75. Nunzia Rega Antonella NA 17287
76. Sandro Rinaldi BZ 1972
77. Libertario Donato Raffaelle FI 10580
78. Ivano Olivo VE 02027
79. Galvani Veniero R.E 20.01.44
80. Sandro LaRosa PA 6954
81. Mochele Arco EN 1377
82. Paolo Caglio LC 510
83. Volker Erich Göpel VC 6727
84. Francesca Vaira PA 10435
85. Sandro Salvatore de Rosa PD 8058
86. Franca Menozzi RE
87. Maurizio Tarantelli 3981 Firenze
88. Chiara Zannoni 1631 Rimini
89. Marco Fabbretti AN 2447
90. Felice Bilone VR 02595
91. Bruno Pietro RM M51299
92. Russo Salvatore PA 10133
93. Ennio De Bartolomei RM 28532
94. Cortese Paolo NA
95. Antonio Laudani RM 44349
96. Sergio Leoni RE 1247
97. Rosaria Ruberto PA 07069
98. Pier Luigi Sozzi BR 118
99. Dennis Arslanagic RM 4091
100. Fabio Milani BO 16519
101. Sonia Ciampa Rimini 1764
102. Vincenzo Raimondo PA 9803
103. Maurizio Barilla' BG 007831
104. Maurizio Restaldo TO 25171
105. Roberto Cucina PG 05009
106. Alessandra Morsello TN 3775
107. Lucio Sannino RM 19853
108. Rosi Cipolla CR 2155
109. Liliana Maric NA 28707
110. Alberto Palamidese PD 2837
111. Maria Teresa Turrini AR n°1760
112. Maria Teresa Turrini AR °1760

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Elisabetta Burba