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Coronavirus: le 6 domande che si fanno gli scienziati

L'ultimo numero della rivista Nature pubblica, in un lungo articolo dedicato al coronavirus cinese, sei domande chiave che gli stessi scienziati si fanno sull'epidemia. Le risposte, se e quando ci saranno, si riveleranno fondamentali per fermare la diffusione dell'epidemia.

1. Come si diffonde esattamente il virus?

È la questione più urgente. Le autorità cinesi hanno confermato il contagio da persona a persona all'interno di un gruppo familiare, e da paziente a operatori sanitari. Monitorare la velocità con cui si verificano nuovi casi, e quando esattamente compaiono i sintomi, dovrebbe rivelare con quale facilità il virus si trasmette in una popolazione e il potenziale di persistenza dell'epidemia. All'inizio l'Oms aveva stimato il ritmo di contagio intorno a 1,4-2,5 (significa che ogni persona ne contagia in media 2), ora pare sia leggermente più alto: simili a quelli dell'epidemia di Sars (2002-2003) e dell'influenza da virus H1N1 (2009), ma più elevati di quelli della Mers, sindrome respiratoria acuta del 2012. Ma questi valori potrebbero cambiare nei prossimi giorni o settimane, perché la situazione è ancora in forte evoluzione.

2. Quanto è comune la trasmissione senza sintomi?

È possibile, dal momento che si è verificata all'interno di una famiglia dove un bambino asintomatico ha contagiato sei familiari. Ma non si sa ancora quanto questo tipo di trasmissione, prima che i sintomi compaiano, sia comune o, al contrario, raro. Se fosse più facile del previsto, sarebbe estremamente difficile contenere i contagi.



3. Quanto è mortale il virus?

All'inizio dell'epidemia si sono verificati casi gravi di polmonite, e questo ha preoccupato i ricercatori: il timore era che il nuovo coronavirus fosse particolarmente aggressivo. Preoccupazioni che sono diminuite nel momento in cui si sono moltiplicati i casi con sintomi blandi o moderati. Al momento il virus, con il suo 3 per cento di mortalità accertata, non sembra così pericoloso come quelli della Sars (10 per cento) o della Mers (38 per cento), ma è ancora presto per trarre conclusioni definitive.

4. Da dove viene il virus?

Si è parlato di pipistrelli, serpenti... Sull'origine animale dell'infezione non ci sono certezze, l'animale «serbatoio» del virus non è stato ancora trovato. L'ipotesi è che all'origine ci sia il mercato di animali vivi di Wuhan, ora chiuso. Ma è un'ipotesi. La sequenza genetica del coronavirus indica che sia parente di quello della Sars, trasmesso dai pipistrelli. Ma altri mammiferi potrebbero trasmetterlo o aver fatto da tramite prima del passaggio all'uomo. Anzi, secondo Cui Jie, virologo all'Istituto Pasteur Institute di Shanghai, un mammifero è forse la fonte più probabile. La sua identificazione certa, quando avverrà, aiuterebbe gli scienziati a controllare l'infezione, a valutarne la reale minaccia, e a prevenire future epidemie.

5. Che cosa si può imparare dalla mappatura dei geni del coronavirus?

Il sequenziamento del suo genoma darà elementi chiavi sull'origine e il metodo di trasmissione. Laboratori in Cina e Thailandia hanno sequenziato il Dna di oltre 20 ceppi individuati in persone infette, condividendo l'informazione con i principali laboratori mondiali. Inoltre lo studio del genoma del virus fornirebbe informazioni preziose per capire quale mutazione ha permesso il salto di specie da animale a uomo, e per identificare eventuali future mutazioni del virus.

6. Si troveranno farmaci antivirali mirati?

Nessun farmaco si è rivelato efficace nei confronti delle precedenti epidemie di Sars o Mers, né sono stati messi a punto vaccini. Un team di ricercatori cinesi del National Engineering Research Center for the Emergence Drugs di Pechino sta lavorando per trovare terapie che blocchino i recettori delle cellule umane che il virus «aggancia» per entrare nell'organismo; e, in un altro esperimento, gli stessi scienziati stanno testando i farmaci antivirali contro l'Hiv per capire se possono funzionare anche contro il coronavirus cinese.

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Daniela Mattalia