Dieci inutili saggi
Onida (nello scherzo telefonico) diceva la verità: "siamo inutili e serviamo solo a perdere tempo". Adesso però, basta! - le proposte dei saggi -
Bene, anzi benissimo. I saggi hanno partorito in pochissimi giorni le loro pillole di saggezza.
Pillole di saggia riforma dello Stato, di mediazione tra orientamenti diversi, di compromesso tecnico in assenza di quello politico. In questo modo hanno scoperto molte belle e savie cose, per esempio che i deputati si potrebbero ridurre a 480 (uno ogni 125mila invece dell’attuale proporzione di 1 ogni 95mila) e i senatori a 120 (saggiamente più che nel Senato degli Stati Uniti, vista l’italica litigiosità), o che il fisco dev’essere “amico” (ma lasciate, cari saggi, che sia io a decidere se dopo aver pagato le tasse voglio anch’io essere “amico” di questo fisco).
Con saggezza, poi, i dieci savi hanno stabilito che il finanziamento dei partiti deve continuare. Eliminarlo sarebbe una follia. Il Pd di Bersani & Company sparirebbe. Ci ritroveremmo tutti dentro un sistema (il)liberale come quello che vige nella tristemente nota dittatura USA: contributi privati rendicontati, gara a chi raccoglie più fondi come termometro del consenso, partiti quasi inesistenti (salvo che nei momenti elettorali). Non sia mai…!
Occhio! Naturalmente i saggi hanno prodotto molte proposte realmente belle e condivisibili. Ma, appunto, si tratta ora di condividerle. E chi mai le condividerà, se stiamo ancora agli stracci che volano, a Bersani che cieco e sordo alla tragedia degli imprenditori e lavoratori che si ammazzano va a incontrare Berlusconi con in testa non un programma ma una battuta: “Ti conosco, mascherina”.
Bersani che invece di ragionare sulla concretezza di un progetto condiviso per dare un governo agli italiani, si preoccupa di sapere in ogni momento dove si trovi Renzi, se a Palazzo Vecchio, a Porta a Porta o nell’anticamera del Parlamento per eleggere il capo dello Stato. Mentre il governo che c’è, agonizzante, è guidato da un professore che in Parlamento confessa: “Non vedo l’ora di esser sollevato dall’incarico”.
Ho provato a telefonare a uno dei saggi, Valerio Onida. Mi sono spacciato per Celentano, mi ha detto che era felice perché era riuscito insieme ai suoi colleghi a occupare bene il tempo. Si è divertito a mettere in fila una serie di proposte di quelle da raccogliere nei libriccini: un bignami delle riforme per l’Italia. Un breviario delle idee geniali per restituire un futuro a questo malandato paese e ai nostri figli.
Una roba, insomma, che non resterà negli annali della politica, se non come trovata per scavallare una quindicina di giorni in cui il capo dello Stato nel semestre bianco non poteva sciogliere le Camere. Ma giorni necessari per consentire al Pd di tirarla ancora per le lunghe con la speranza che Bersani, il premier pre-incaricato e mancato, ritrovi la serenità con se stesso e, soprattutto, il lume della ragione. Saggia parentesi, esercizio di stile. Non perdita di tempo prezioso, ma preziosa perdita di tempo. Occasione per un tè tra vecchie conoscenze all’ombra del Quirinale. Mentre la gente si uccide.
Adesso, però, basta. Adesso volgete lo sguardo in basso, affidatevi alla saggezza di chi deve mettere insieme il pranzo con la cena e ha bisogno di silenzio, dalla politica. Silenzio operoso. Di opere, non di altri giorni. Non di altri appunti e cataloghi di buone intenzioni, ma di un governo. Di una democrazia che torni a funzionare. Non di streaming delle consultazioni, ma di decisioni che vanno prese.
Al diavolo la saggezza.