Roberta Ragusa
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Processo Ragusa, condannato a 20 anni il marito Antonio Logli

Per lui anche l'interdizione perpetua dalla potestà genitoriale. La donna è scomparsa nel 2012 e il corpo non è mai stato ritrovato

Antonio Logli non era in aula quando è stata letta la sentenza che lo ha condannato a 20 anni. L'imputato di omicidio e distruzione di cadavere della moglie Roberta Ragusa ha preso il massimo della pena prevista per questi reati giudicati con il rito abbreviato.

Il giudice infatti ha accolto la richiesta dell'accusa che aveva proposto all'inizio di dicembre lo stesso periodo di reclusione con l'aggiunta dell'interdizione perpetua dalla potestà genitoriale ma il giudice, che lo ha condannato, non ha accolto la richiesta del pm di misura di custodia cautelare in carcere. Per Logli è stato infatti disposto l’obbligo di dimora nei comuni di Pisa e San Giuliano Terme (Pisa) dalle 21 alle 6.

Roberta Ragusa era svanita nel nulla dalla sua abitazione di Gello di San Giuliano Terme in provincia di Pisa nella notte tra il 12 e il 13 gennario 2012. Della sua scomparsa era stato accusato il marito, Antonio Logli.

Il 6 marzo 2015, il proscioglimento di Logli, con la sentenza del giudice Giuseppe Laghezza, suscitò stupore e sgomento tra i parenti e gli amici della giovane mamma. La Procura della Repubblica di Pisa lo accusava di omicidio volontario e distruzione di cadavere e aveva chiesto al termine delle indagini il rinvio a giudizio dell’uomo. Ma per il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Pisa, Laghezza, “il fatto non sussisteva” e decretò il “non luogo a procedere” nei confronti di Logli che fu prosciolto e l’inchiesta bocciata. Questi i fatti fino alla sentenza di oggi.

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Le certezze degli investigatori
Per i carabinieri del Comando Provinciale della città della Torre Pendente, che hanno condotto per tre anni le indagini, sarebbe stato comunque il marito ad ucciderla al culmine di un litigio. Il motivo della lite? Roberta Ragusa aveva scoperto la relazione amorosa che l’uomo intratteneva con Sara Calzolaio, amica e impiegata nell’autoscuola di famiglia. E che pochi mesi dopo la sua scomparsa si è trasferita ufficialmente a casa dei Logli.

Le motivazioni (errate) del giudice
Dopo un anno la Cassazione ha ritenuto errata la posizione del giudice Laghezza e il suo proscioglimento. Per il giudice pisano, gli indizi raccolti dall’accusa contro Antonio Logli nei tre anni di indagini, dimostrano che lui era un bugiardo, che la notte della scomparsa aveva effettivamente litigato con la moglie, che aveva un motivo e un interesse per ammazzare la donna. Tutto questo però, sempre secondo Laghezza, non dimostrava in modo inequivocabile che quella notte Logli avesse realmente ucciso e distrutto il corpo di Roberta Ragusa. Cosa invece smentita dalla condanna a 20 anni.

La Ragusa ancora viva? Fuga volontaria?
Assolutamente no. A questa tesi non ci ha mai creduto nessuno: né gli amici, né i parenti. Nessuna madre avrebbe mai abbandonato i propri figli. Poi ci sono state le numerose testimonianze delle amiche di Roberta che la descrivevano come una mamma molto attenta e legata ai propri figli. Quindi, lei non avrebbe mai potuto allontanarsi spontaneamente da casa.

La tesi della Procura di Pisa
Gli inquirenti hanno dimostrato che Antonio Logli si trovava all’esterno della sua abitazione quella notte verso l’una, quando lui dice di essere andato a dormire e di essersi accorto al mattino presto che la moglie era sparita.

Sono state inoltre trovate le tracce di due telefonate fatte da Logli all’amante al mattino presto. Nella prima la invitava a spegnere il telefono, poi la richiamava e le ordinvaa di far sparire tutti i cellulari. Ancora più importanti, le telefonate brevi nella notte della scomparsa partite sempre dal telefonino di Logli e indirizzate all’amante, che per la procura erano state fatte da Roberta Ragusa che voleva avere la prova, dopo molti sospetti ma senza riscontri, della relazione tra il marito e l’ex baby sitter dei figli e segretaria dell’autoscuola.

Il corpo di Roberta non si trova
Manca comunque il corpo della donna. Gli inquirenti per mesi hanno setacciato le campagne circostanti Gello, hanno ispezionato pozzi e invasi, hanno effettuato, più volte, sopralluoghi anche all’interno dei cimiteri della zona. Ma senza esito. Nessun riscontro neppure in prossimità dell’abitazione di Logli, anche quella completamente controllata dagli uomini del Nucleo investigativo e dei Ris.

Rimangono alcuni dubbi su delle macchie ritrovate sul marciapiede dell’abitazione che sarebbero state rimosse con l’utilizzo di varechina e solventi particolarmente aggressivi. Poi c’è ancora il mistero, all’interno dell’abitazione, del carrello dei detersivi che, secondo la donna delle pulizie, non si sarebbe trovato nello stesso luogo dove Roberta abitualmente lo riponeva.

L’associazione Penelope
L'associazione Penelope Italia, parte civile nel processo, è nata nel 2002 su iniziativa di Gildo Claps fratello della giovane scomparsa a Potenza nel 1993 e il cui cadavere venne ritrovato nel sottotetto di una chiesa il 17 marzo nel 2010. Penelope è un'associazione senza scopo di lucro da sempre impegnata al fianco dei familiari e degli amici delle persone scomparse, con una serie di iniziative di sensibilizzazione dell'opinione pubblica e di coinvolgimento delle istituzioni sul fenomeno degli scomparsi.

Roberta Ragusa
ANSA/FRANCO SILVI
Antonio Logli lascia il tribunale di Pisa con i suoi avvocati, 6 marzo 2015

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