Rivlin: Estremismo ebraico? Israele non nasconda la testa nella sabbia
In una intervista a Yediot Aharonot, il presidente della Repubblica ritorna sulla deriva violenta delle frange più estreme della destra del suo paese
Il presidente di Israele Reuven Rivlin, che negli ultimi giorni si è espresso molto duramente contro l'estremismo ebraico, ha detto in un'intervista al quotidiano Yediot Aharonot che il suo Paese ha "messo la testa sotto la sabbia" davanti al problema.
Rivlin ha sottolineato: "Ovviamente non accettiamo questi atti, ovviamente diciamo che devono essere condannati, però non facciamo niente per fermarli".
"Quando l'erbaccia inizia a crescere in un giardino, se non si estirpa subito ne diventa poi parte", ha avvertito il presidente.
in passato oppositore alla soluzione politica dei "due Stati" per il problema palestinese, è però un difensore dello Stato di diritto, e si sta dimostrando ogni giorno come un fiero oppositore di ogni radicalismo tribalista, del nazionalismo estremo e della violenza politica.
La scorsa domenica ha avuto parole molto forti contro gli attacchi al Gay pride di Gerusalemme e alla casa data alle fiamme in Cisgiordania in cui è morto un bimbo palestinese di 18 mesi, riscuotendo critiche dai partiti di destra e anche minacce e insulti che ha denunciato alla polizia.
Non è una questione temporanea
"Dobbiamo chiederci se non stiamo ingannando noi stessi quando preferiamo pensare, per convenienza, che questo fenomeno estremista sia una questione temporanea che non deve essere affrontata con piena severità", ha proseguito Rivlin, aggiungendo: "Coloro che incendiano le case, vandalizzano le moschee e profanano le chiese danneggiano in primo luogo noi, che crediamo nella correttezza del nostro cammino".
Vogliamo la Grande Israele
Il presidente ha poi sottolineato che "la vera destra non è fanatica. La maggior parte della destra tiene alla grande terra di Israele per amore della terra stessa, non per odio verso gli altri". Tuttavia, ha aggiunto, la destra è preoccupata dall'avanzamento del terrorismo nella società.
"C'è gente che, come me, appoggia la grande terra di Israele, l'idea del ritorno a Sion, ma crede anche che questo non ci obblighi a essere democratici. Credono che uno Stato ebraico e democratico significhi avere democrazia solo per gli ebrei. Sono lontani dai nostri obblighi in quanto governanti, in quanto maggioranza", ha detto ancora Rivlin, sottolineando che è dovere del suo Paese "garantire che non sia permessa alcuna discriminazione e razzismo".
I politici che si adeguano agli estremisti
Rivlin ha poi attaccato i partiti più intransigenti, affermando che tra i fattori che hanno fomentato il terrorismo ci sono gli interessi politici della destra. "A volte, per arrivare agli elettori della linea dura, i politici sentono il bisogno di tenere delle posizioni in accordo con quelle degli estremisti.
Questo può essere chiaramente visto nel momento in cui hanno bisogno di potere politico: non esitano a incitare e provocare se pensano che ciò potrà portare loro dei voti", ha detto il presidente.
"Oggigiorno, se si vuole costruire una base politica che dia appoggio e potere, bisogna sottolineare la divisione fra i distinti settori. A volte ciò si trasforma in animosità. Se odiate gli arabi, noi politici siamo con voi, se vi piacciono gli arabi siete nostri nemici", ha poi proseguito Rivlin.
Come soluzione per il conflitto israelo-palestinese, il presidente ha infine suggerito la creazione di "frontiere aperte" fra due Stati, che vivano uno accanto all'altro "come una confederazione" fra il mar Mediterraneo e il fiume Giordano. Si tratta, questa, di una parziale rettifica rispetto a posizioni precedenti che sembravano delineare una scelta di Rivlin a favore di una grande Israele nel quale accogliere anche una minoranza araba.