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ANSA/GIUSEPPE LAMI
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Rimpasto di governo: perché serve a Renzi

Ncd rafforza la sua presenza. Ma al premier non interessano alleanze, vuole solo portare a casa le riforme. Per prepararsi a future elezioni

Era ormai nell'aria da mesi e ieri il consiglio dei ministri ha varato quel rimpasto di governo che ricompensa soprattutto Angelino Alfano per il suo ruolo di stampella di Matteo Renzi. Un ministero e quattro sottosegretariati vanno infatti al Nuovo Centrodestra che da tempo reclamava un maggior peso dentro l'esecutivo dopo le dimissioni dell'ex ministro ai Trasporti e Infrastrutture Maurizio Lupi e che così arriva ad occupare ben dodici caselle.

Una cifra ragguardevole per un partito che non si presenterà con una sua lista alle prossime amministrative né a Roma né a Napoli, che sui territori praticamente non esiste e che nelle amministrazioni locali ha disperso praticamente tutto il suo personale politico. Tanto che Renzi, benché Alfano prema parecchio, non ci si vuole alleare da nessuna parte.

Governo: Costa ministro, e una raffica di sottosegretari e viceministri


Ma veniamo ai nomi. L'ex berlusconiano Enrico Costa assumerà la guida del dicastero degli Affari regionali rimasto vacante per un anno dal giorno dell'addio di Maria Carmela Lanzetta il 25 gennaio del 2015. Dopo essersi dimesso nel marzo del 2014 per le polemiche su sue presunte pressioni contro alcuni giornali calabresi, torna al governo anche Antonio Gentile, neo sottosegretario allo Sviluppo economico. Dentro anche Dorina Bianchi, Federica Chiavaroli e Simona Vicari.

Altre nomine di peso sono quelle di Enrico Zanetti (Scelta Civica) a viceministro dell'Economia, di Mario Giro (Democrazia solidale) agli Esteri, dell'ex sindacalista Teresa Bellanova (Pd), applauditissima all'ultima Leopolda, che da sottosegretario al ministro del Lavoro diventa viceministro dello Sviluppo economico e di Ivan Scalfarotto nuovo viceministro dello Sviluppo economico al posto di Carlo Calenda nuovo rappresentante permanente presso la Ue.

Un rimpasto di poltrone che significa anche più poltrone, visto che la squadra di governo di Matteo Renzi passa da 56 a 64 membri con ulteriore aggravio di costi, e che soprattutto dentro il Pd scontenta molti. Come il senatore bersaniano Miguel Gotor che su Twitter ha commentato:

Da una parte, in effetti, l'operazione conclusa ieri sembra l'obolo che il premier ha dovuto versare a un suo alleato, elettoralmente molto debole, più per saldarne la parcella e mettere fine alla questua giornaliera di Alfano che per tenere in vita il governo. Governo, è sempre utile ricordarlo, non eletto e che si regge su una maggioranza che fa parte di un parlamento eletto attraverso una legge che la Consulta ha bollato come incostituzionale e che in tre anni ha toccato il record dei cambi di casacca: circa 300.

L'ossessione del complotto
C'è un fatto però. Che Renzi campi con l'ossessione di finire vittima di un complotto da parte di congiurati interni (tempo fa si era messo in testa che Graziano Delrio, un suo fidatissimo tramasse per farlo fuori) ed esterni (la Merkel, Junker), non è proprio solo un'idea frutto di retroscena giornalistici campati in aria. Come ogni vero leader, anche lui non è esente da quella sorta di sindrome da accerchiamento che gli fa vedere nemici, veri o presunti, da tutte le parti.

D'altra parte alle sue spalle ci sono almeno due precedenti illustri: quello di Silvio Berlusconi, destituito dalla Troika, e quello di Enrico Letta fatto fuori proprio da lui dopo la beffarda rassicurazione #Enricostaisereno.

Ora, è evidente che è regalando un ministero a Ncd o un viceministero a Scelta civica che Matteo Renzi pensa di mettersi al riparo da ogni rischio. Anzi, l'operazione si porta con sé anche quel retrogusto di inciucio trasformistico che ha veramente ben poco a che vedere con il rinnovamento di cui Renzi aspira a farsi interprete e con la rottamazione di facce e vecchi usi della politica di cui finora a farne maggiormente le spese sembrano essere stati soprattutto gli esponenti della sinistra del suo partito a lui avversari.

Obiettivo riforme
Quindi perché lo fa? Probabilmente perché oggi quello che più gli interessa è portare a casa tutta quella serie di riforme e provvedimenti che gli serviranno domani a potersi presentare agli elettori come colui che, dopo anni di immobilismo, è davvero riuscito a cambiare l'Italia. Questo naturalmente dopo aver scaricato tutti i pesi morti, come Alfano, abbandonandoli al proprio destino.

D'altra parte Renzi è consapevole che una gran parte del suo partito presente in Parlamento, al di là dei vari spostamenti di corrente, non lo rappresenta. Quindi per garantirsi tutti i voti necessari quando servono, è costretto a guardare altrove: a Verdini, a Scelta Civica, a Ncd. Cespugli da innaffiare per poter far crescere la sua pianta. Almeno finché c'è acqua.

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Claudia Daconto