Senato, ecco come cambia di nuovo
Giuseppe Lami/Ansa
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Senato, ecco come cambia di nuovo

Il commento del costituzionalista Luca Antonini

Più consiglieri regionali, meno sindaci, dentro di nuovo la società civile con i senatori di nomina presidenziale e più funzioni. La Riforma del Senato nata dall'asse tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi potrebbe essere formalizzata già domani e arrivare in Aula il prossimo 3 luglio.

Mancherebbero giusto i “dettagli” ma il grosso delle modifiche è stato già messo a punto negli emendamenti a firma Finocchiaro-Calderoli. Oggi l'incontro il ministro Maria ElenaBoschi e il capogruppo di FI al Senato Paolo Romano.

Per quanto riguarda le competenze, la nuova assemblea, che resta non elettiva, non voterà più la fiducia al governo ma si occuperà di legislazione regionale ed europea. Eleggerà insieme alla Camera il Capo dello Stato, il Consiglio Superiore della Magistratura e i giudici della Corte Costituzionale e potrà anche esprimersi sulle leggi elettorali e costituzionali.

Sulla composizione a spuntarla è stato Silvio Berlusconi. Il leader di Fi voleva un Senato che rappresentasse il più proporzionalmente possibile i partiti presenti in ciascuna Regione. Ecco allora diminuire i sindaci (da 1/3 a 1/4, circa 20) e aumentare i consiglieri regionali (da 2/3 a ¾). Di rientro anche i senatori di nomina presidenziale scelti tra esponenti della società civile.

Più consiglieri regionali e meno sindaci dunque, ma al di là dei numeri cosa cambia nella sostanza? Secondo Luca Antonini, docente di diritto costituzionale all'Università di Padova e tra i massimi esperti di federalismo,le novità introdotte “rispondono all'esigenza di rafforzare la componente regionale dentro un senato che deve occuparsi soprattutto di creare un raccordo tra il legislatore regionale e quello statale. I Comuni non hanno funzioni legislative – prosegue Antonini - le regioni sì, quindi è sensato che si potenzi il soggetto regionale visto che il non averlo fatto finora è ciò che ha reso più complicata la gestione della riforma del Titolo V del 2001”.

E secondo lei ci sono forze politiche che in questo momento ne risulterebbero avvantaggiate rispetto ad altre?

No, mi sembra solo una cosa di buon senso costituzionale che ci sia una rappresentanza adeguata degli enti locali dotati di potere legislativo, ossia le regioni.

Tornano a far capolino i senatori eletti direttamente dal Presidente della Repubblica tra esponenti della società civile. Loro a che servono?

Ecco, questa è una cosa che non ha proprio senso. Secondo me il nuovo senato deve essere una camera delle autonomie e non un'altra cosa, come un senato delle garanzie o delle competenze. Soluzioni pasticciate rischiano di complicare il sistema.

Funzioni: troppe o troppo poche?

Non è una questione di quantità ma di qualità. Per esempio dovrebbero sicuramente esserci delle leggi biacamerali sui principi essenziali della finanza locale in grado di di evitare pasticci come quelli sull'Imu. 

Se il biacameralismo perfetto, come quello che si intende superare, costava troppo e rallentava l'iter delle leggi, quello che si va profilando con questa riforma abbasserà i costi e snellirà la macchina?

La riforma del bicameralismo era assolutamente necessaria perché il bicameralismo paritario perfetto non ce l'ha più alcuno stato al mondo. Ma per scongiurare la sopravvivenza di fattori di freno e di costo è necessario che sia fatta bene.

I detrattori (sia di centrodestra che di centrosinistra, che tra altri costituzionalisti e opinionisti), sono certi che questa riforma produrrà un deficit di democrazia. Esiste davvero questo rischio?

Non mi sembra proprio che in Germania o in altri sistemi federali si possa parlare di un deficit di democrazia.

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Claudia Daconto