Perché la riforma della scuola non convince sindacati e studenti
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Perché la riforma della scuola non convince sindacati e studenti

Il provvedimento sulla scuola è solamente uno spot pubblicitario: il j'accuse contro il governo del numero della Cgil Scuola di Mantova.  Cosa vogliono i genitori

 Massimiliano De Conca, Segretario Cgil scuola Mantova, è tra coloro che in queste ore, dopo l'annuncio della riforma della scuola da parte del ministro Giannini a Rimini, non ha nascosto critiche punti deboli di un provvedimento che sono in molti, anche tra gli studenti, a giudicare demagogico, poco efficace. Eppure, la possibilità di dare una sforbiciata alle supplenze dovrebbe essere giudicata con favore dalle associazioni del corpo docenti. 

 "Chi fa di più prende più soldi" è l'idea di fondo del governo per premiare gli insegnati che lavorano di più e meglio. Che cosa non vi convince?
Sono spot pubblicitari lanciati sui mezzi di comunicazione. Di concreto per ora non c'è nulla. Entrando nel merito: sarebbe assurdo il contrario, premiare chi non lavora! Il problema, grosso, è come definire il merito nella Scuola. Premiare gli insegnanti, significa premiare la didattica. Dalle ipotesi che circolano si vogliono dare compensi aggiuntivi in busta paga a chi svolge funzioni organizzative in aiuto al dirigente: coordinatore di classe, vicario del dirigente, figure strumentali … cosa c’entrano con il merito nella didattica? È un controsenso: si presenta una riforma in cui si vuole valorizzare la professionalità docente e si sposta il problema su questioni organizzative per colmare delle lacune che non hanno nulla di didattico. E ancora: il merito fra i docenti. Cosa significano nella Scuola “merito” e “premialità”?

Già sappiamo che cosa diranno: i sindacati sono contro perché difendono rendite e privilegi ormai indifendibili....
Abbiamo già visto naufragare progetti costati fior fior di milioni. Non è possibile svincolare il lavoro di un docente da quello degli altri, nella Scuola si è tutti, personale ATA compreso, parte di uno stesso progetto educativo. Ciò non vuol dire che non ci debbano essere valutazioni, tuttavia queste devono avere un senso costruttivo. La hit-parade dei docenti non ne aumenta la ‘produttività’, ma lo smarrimento.
 
La supplenze non fanno bene né a chi le fa e neppure a chi le riceve. Il Governo intende “farle scomparire”. Dite no anche a questo?Non avete paura di apparire come inguaribili conservatori?
Il problema del reclutamento è fondamentale, così come lo è quello degli organici. Ed anche qui si parte da un controsenso: quest’anno sono state autorizzate 33.000 assunzioni a fronte di 55.000 disponibilità, fra docenti ed ATA. Vuol dire che il nostro governo non ha come priorità la stabilizzazione, ma la flessibilità continua. E vedremo cosa uscirà poi dall’attuazione del Jobs Act. Certo, spariranno le supplenze, ma quelle dei precari, non le supplenze in generale. Bisogna fornire organici funzionali all’idea di scuola che si vuole portare avanti, non in base ai numeri, ma in base ai progetti utili per il successo scolastico e formativo. Parlare di un’idea di scuola per progetti e competenze, per classi aperte, per gruppi di livello …

Autonomia scolastica e competenze degli studenti. È un altro punto nevralgico della riforma che riguarderà la scuola. Perché no?
Se per autonomia scolastica intendiamo organico funzionale, anche di rete, il discorso del governo va bene e serve ad abbassare il precariato fornendo personale stabile ad una Scuola o ad una rete di scuole. Se invece – come si legge dai giornali - autonomia significa “gestione di ore” per le supplenze allora si fanno passi indietro. E qui vale la pena respingere ancora una volta il discorso, che già si fa largo nonostante la bolla di incostituzionalità, di “chiamata diretta” dei docenti.
L’autonomia scolastica ad oggi deve essere recuperata in toto: gli accordi separati sugli scatti hanno letteralmente scippato risorse dovute alle Scuole per ripristinare un diritto sancito dai contratti. Purtroppo l’impoverimento dell’offerta formativa non ha danneggiato, come si voleva fare credere, gli insegnanti a cui andava destinato il Fondo d’Istituto, ma gli studenti ed in particolare i più in difficoltà e meno abbienti da un punto di vista economico. La nostra è stata sempre un’autonomia monca. Bisogna invece rilanciare l’autonomia delle scuole come istituzioni formative ed educative indipendenti nella realizzazione di un percorso di crescita all’interno di un quadro normativo comune. L’ingresso di privati, sponsorizzazioni e “consigli d’amministrazione” negano la libertà d’insegnamento.

Collegare la scuola al mondo del lavoro: siete rimasti i soli a considerarlo una minaccia
Piegare la formazione al mondo del lavoro, come nel sistema duale tedesco, risolve problemi a breve termine, perché permette di abbattere l’inoccupazione giovanile, ma ha una prospettiva miope sia in termini concreti di occupazione perché si rende la formazione e l’istruzione asservita al mondo del lavoro in continuo mutamento che rischia di dare sia in termini astratti di crescita della persona. Scuola e mondo del lavoro devono dialogare, devono conoscersi, ma non è possibile legare in modo dipendente l’uno dall’altro.

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Nadia Francalacci