La storia della legge elettorale (e della politica italiana)
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La storia della legge elettorale (e della politica italiana)

65 anni di amore, odio e cambiamenti. D'Alimonte: "Per la paura di perdere, i partiti preferiscono non vincere"

Proporzionale, maggioritario, proporzionale corretto dal premio di maggioranza: dal secondo dopo guerra in poi l'Italia ha sperimentato sistemi elettorali diversi. Quale ha funzionato meglio? E che tipo di legge elettorale è in grado di garantire, oggi, adeguata rappresentanza alle forze politiche e stabilità di governo? Tra le riforme cui l'esecutivo Letta avrebbe dovuto mettere mano fin dall'inizio, c'era anche quella per il superamento del cosiddetto Porcellum. Eppure, a sei mesi dal suo insediamento, e nonostante le larghe intese, nessun accordo è ancora stato trovato. Forse perché per la paura di perdere, nessuno cerca di vincere.

Quando il futuro è incerto, i partiti tendono a non assumersi rischi – spiega Roberto D'Alimonte, direttore del Centro Italiano Studi Elettorali (CISE) e docente di Sistema Politico Italiano alla Luiss Guido Carli – soprattutto quelli che temono di perdere le prossime elezioni”.

Professore, a suo avviso, è più giusto dire che sono stati i contesti politico-sociali a determinare l'adozione di sistemi di voto alternativi, oppure che sono state le leggi elettorali ad aver caratterizzato, dal '48 ad oggi, le diverse fasi della politica italiana?

Non c'è un unica direzione di casualità tra il contesto storico e il sistema elettorale. C'è piuttosto un processo circolare per cui il contesto storico influenza la scelta del sistema di voto e, a sua volta, il sistema di voto consolida certe caratteristiche di quel dato contesto storico.

Perché durante la prima Repubblica si è preferito il proporzionale?

Il proporzionale era, all'epoca, il sistema più adatto a un contesto politico estremamente frammentato ma allo stesso tempo polarizzato e caratterizzato da profonde divisioni di carattere ideologico. Il maggioritario avrebbe finito per sovra-rappresentare la Democrazia Cristiana e i partiti ad essa alleati e a sotto-rappresentare le opposizioni.

Cosa ha determinato, invece, il passaggio a quest'altro sistema di voto?

Con la caduta del Muro di Berlino, anche in Italia sono crollate le grandi ideologie, i partiti di massa sono man mano scomparsi, la frammentazione partitica si è accentuata e l'elettorato è diventato molto più volubile. In questa situazione diventava necessario trasformare in maggioranza parlamentare la minoranza che aveva preso più voti alle elezioni.

E secondo lei quale di questi due sistemi, proporzionale e maggioritario, ha funzionato meglio?

Entrambi avevano molti difetti, tuttavia erano anche funzionali al contesto storico e politico in cui sono stati adottati.

Eppure, soprattutto negli ultimi anni, il cosiddetto “Porcellum”, un proporzionale corretto con voto di maggioranza, non è riuscito a garantire stabilità di governo. Come mai?

A parte il fatto che io considero la Calderoli una legge di tipo maggioritario, ritengo che l'instabilità dei governi sia frutto dell'incoscienza e dell'insipienza della nostra classe politica che non ha fatto quello che avrebbe dovuto fare 20-30 anni fa.

Cioè?

Mettere fine alla follia di un bicameralismo paritario con due elettorati diversi.  Bisogna superare questo modello e far votare i 18enni per entrambe le Camere.

In un suo recente articolo sul Sole 24 ore ha definito “curioso” il fatto che la legge elettorale sia tornata a essere considerata una questione urgente proprio quando il rischio di elezioni anticipate si è allontanato. Esclude davvero il ritorno alle urne già nella prossima primavera e che si possa votare ancora con il Porcellum?

Non escludo né l'una né l'altra cosa.

Perché secondo lei, ormai da molto tempo, tutte le forze politiche dicono che il Porcellum va cambiato ma poi, di fatto, non sanno (o non vogliono) trovare l'accordo per cambiarlo?

La verità è che a molti fa comodo questo sistema.

Perché?

Da una parte per via delle liste bloccate, dall'altra per l'incertezza sulle convenienze.

In che senso?

Nel senso che le preferenze in merito al sistema di voto si formano in base alle convenienze. La domanda che si fanno tutti è “quale sistema mi conviene?” e non “quale sistema conviene al Paese?”.

Però sembra che non sappiano rispondere nemmeno alla prima...

Infatti è così. Né il Pd, né il Pdl sanno ancora cosa gli conviene fare.

Ma tra tutte le proposte in campo, alla fine, secondo lei, quale potrebbe ottenere la convergenza più ampia?

Quella che rappresenta per tutti il rischio minore, cioè il proporzionale camuffato da sistema spagnolo.

Perché?

Perché non fa vincere nessuno.

Ma con il proporzionale non saremmo condannati alle larghe intese per l'eternità?

A mio avviso il proporzionale sarebbe un disastro.

Anche con un premio di maggioranza da assegnare a chi raggiunge il 40% - 42%?

Ma nemmeno Matteo Renzi secondo me arriverebbe a prendere il 40%! Si tornerebbe al proporzionale puro e semplice e la frittata sarebbe fatta.

A meno che non ci sia un secondo turno, o no?

Esatto. In questa fase storica l'Italiaha bisogno del doppio turnodi collegio o di lista, come funziona alle comunali.

Tra i due quale è meglio per garantire adeguata rappresentanza alle forze politiche e stabilità dell'azione di governo?

A me piacciono entrambi, ma il doppio turno di lista è più semplice da introdurre, più comprensibile agli elettori e può garantire più facilmente rappresentatività alle forze politiche e, allo stesso tempo, governabilità.

Ok, doppio turno con premio di maggioranza. Ma da far scattare quando?

Come ho indicato da tempo nella proposta di cui poi si è appropriato Luciano Violante, il premio di maggioranza viene assegnato in due turni e non più in uno solo come funziona ora. Per cui se nessun partito o coalizione supera una determinata soglia, le due forze politiche più votate vanno al ballottaggio.

E chi vince prende la maggioranza assoluta dei seggi. E se alla Camera e al Senato vincono due forse diverse?

Qui torniamo alla necessità di riformare il Senato perché ad oggi non c'è nessun sistema elettorale che può cancellare il rischio di maggioranze diverse nelle due Camere. Tranne il proporzionale che non fa vincere nessuno.

Allora anche la sua proposta non risolve nulla...

Non è vero, con il doppio turno di lista andiamo a eleggere direttamente il presidente del Consiglio e la maggioranza parlamentare che lo sostiene. Modifichiamo la forma di governo senza bisogno di modificare la Costituzione.

Che per qualcuno sarebbe pure peggio, anche perché si tratterebbe di introdurre il semi-presidenzialismo.

Preferisco chiamarlo un neo-parlamentarismo.

Ma secondo lei la fanno questa riforma elettorale o no?

A chi sa di poter perdere va benissimo lasciare le cose come stanno.

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Claudia Daconto