Renzi segretario, Bersani premier: suggellato il patto del grano
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Renzi segretario, Bersani premier: suggellato il patto del grano

In cambio del suo impegno in campagna elettorale il sindaco verrebbe incoronato numero uno del partito al prossimo congresso

Anziché il patto della granita (quello della staffetta tra Tony Blair e Gordon Brown) questo si chiamerà il patto del «Grano». Cioè il nome del ristorante romano nel quale hanno pranzato insieme Pier Luigi Bersani e l’ex amico-nemico rottamatore Matteo Renzi.  Ma non solo c’è un’assonanza casuale  tra i nomi che  hanno battezzato i due patti. La similitudine sarebbe anche sostanziale. Anche quello del «Grano» prevederebbe una staffetta. In molti infatti si sono chiesti perchè mai Renzi, come hanno riportato alcuni giornali,  dovrebbe aiutare Bersani a contrastare l’attacco di Mario Monti.

Perché mai, dopo essere stato sconfitto alle primarie anche perché imbrigliato da regole la cui correttezza lui stesso ha attaccato, ora Renzi dovrebbe  andare in giro per l’Italia a dare una mano al segretario?  E cioè dimostrare, con le sue ricette liberal, che il Pd non è quel dinonsauro conservatore e massimalista rappresentato da Stefano Fassina o Cesare Damiano (che hanno tra l’altro stravinto le primarie).

Si capisce  la convenienza di Bersani. Ma quella di Renzi, anche alla luce del fatto che di renziani nelle liste ce ne saranno pochini? Il patto del «Grano» prevederebbe che Renzi diventi   il segretario del Pd al prossimo congresso che si celebrerà tra giugno e luglio. Dopo il pranzo  dell’altro ieri,  ha ripreso infatti a circolare con insistenza questa indiscrezione sempre smentita da Renzi. Ma c’è chi ora fa notare che «Matteo» potrebbe continuare a fare il sindaco di Firenze e contemporaneamente  diventare il leader del Pd.

«Lo statuto? Non ci dovrebbe essere  incompatibilità, ma anche se ci fosse, come hanno fatto una norma ad hoc  per far partecipare Renzi alle primarie, figuriamoci se non se ne farà un’altra per farlo diventare il sindaco segretario...», dicono a Panorama.it alcune  fonti ben informate delle cose del Pd.

Dove intanto forti sono i maldipancia per le candidature. A conti fatti, al di là  della retorica sulla novità delle primarie, dei 350 parlamentari che secondo i sondaggi il Pd dovrebbe prendere tra Camera e Senato,  150 sarebbero quelli con un posto già sicuro.  Perché? Spiega un parlamentare sotto forma di anonimato: «Il trucco c’è ma non si vede. Ma il succo è che  la gente dell’apparato  eletta sarà  quasi la metà. Ecco spiegato: cento parlamentari sono nel cosiddetto listino protetto e altri 50 sono più o meno i capilista di cui la gran parte non ha fatto le primarie.  Sono quindi 150 dei 350 parlamentari in totale che dovrebbe avere il Pd (gli altri 200 vengono dalle primarie)».  E i 150 non solo si sono risparmiati la fatica delle primarie, ma  dovrebbero essere messi  nelle posizioni principali delle liste, rischiando così di scalzare chi dalla gara delle primarie non si è classificato nei primissimi posti».

Il, rischio, insomma, è che «il nuovismo, con tutte le candidature delle cosiddette personalità, da Piero Grasso  all’economista Carlo Dell’Aringa serva a mascherare la conservazione», lamentano gli scontenti.  Semmai dovesse diventare segretario del Pd basterà Renzi a scrollare di dosso al partito l’immagine di un Pci (che una volta arruolava gli indipendenti di sinistra)  in sedicesimo?

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Paola Sacchi

Sono giornalista politico parlamentare di Panorama. Ho lavorato fino al 2000 al quotidiano «L'Unità», con la mansione di inviato speciale di politica parlamentare. Ho intervistato per le due testate i principali leader politici del centrodestra e del centrosinistra. Sono autrice dell'unica intervista finora concessa da Silvio Berlusconi a «l'Unità» e per «Panorama» di una delle prime esclusive a Umberto Bossi dopo la malattia. Tra gli statisti esteri: interviste all'ex presidente della Repubblica del Portogallo: Mario Soares e all'afghano Hamid Karzai. Panorama.it ha pubblicato un mio lungo colloquio dal titolo «Hammamet, l'ultima intervista a Craxi», sul tema della mancata unità tra Psi e Pci.

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