Tra Renzi e Napolitano c'è già ruggine
ANSA/Paolo Giandotti - Ufficio Stampa Presidenza della Repubblica 
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Tra Renzi e Napolitano c'è già ruggine

Su Panorama in edicola dal 13 febbraio, i retroscena delle frizioni tra il Quirinale ed il segretario del Pd ("un analfabeta istituzionale")  - Governo Letta, la fotostoria  - Retroscena  - Napolitano vs Renzi  - Toto-ministri

Tra i due non è mai corso buon sangue. E neppure un pizzico di simpatia: del resto, troppo diversi tra loro sono l’anziano capo dello Stato, dai modi formali, dagli abiti dal taglio anglo-partenopeo e dall’eloquio aulico, e il segretario del Pd, giovanilista, amante del «chiodo» alla Fonzie e del lessico dei trentenni di oggi.

Giorgio Napolitano, con la sua storia e i suoi 88 anni, ha sempre guardato a Matteo Renzi (che di anni ne ha soltanto 39) con diffidenza e, per usare un eufemismo, antipatia. Motivo? Fatto inconcepibile per l’inquilino del Colle, il leader del Pd lo ascolta sì con rispetto, ma alla prova dei fatti non gli dà mai retta, fa sempre di testa sua. Un’offesa per chi si sente il «grande burattinaio» della Repubblica, per l’uomo che si è inventato in laboratorio i governi di Mario Monti e di Enrico Letta. E che adesso sta tentando di rendere più affine a se stesso un’ipotesi che non gli piace: il gabinetto Renzi 1. Per cui sembra rivedere l’album dei ricordi del difficile rapporto tra Nap e il Cav.

Da una parte il presidente riceve in pompa magna a cena il segretario del Partito democratico al Quirinale, tenta di difendere il pupillo Enrico Letta, ragiona e dice un mezzo sì sul governo del discolo Renzi ed esclude a priori soltanto le elezioni anticipate.

Dall’altra nel Palazzo si sentono gli echi dei giudizi, non certo lusinghieri, dello stesso capo dello Stato sul suo commensale. Con alcuni senatori ricevuti al Colle il Presidente nelle settimane scorse sarebbe stato quantomai esplicito (il condizionale è d’obbligo per il rispetto verso la carica, e non perché ci siano dubbi sulla veridicità delle fonti). «È un’analfabeta istituzionale» avrebbe detto Napolitano. E ancora: «Sulla legge elettorale si è fatto fare fesso da Berlusconi. La sua proposta sul Senato non sta in piedi. È un modo per far succedere il finimondo e andare alle elezioni».

Insomma, per l’uomo del Colle, Renzi sta sbagliando, ma la cosa peggiore è che almeno in parte deve subirlo. Per l’appunto, esattamente come avveniva con il Cavaliere dei tempi d’oro. Anzi, per il presidente della Repubblica «il giovanotto è anche più maleducato di Berlusconi». Per uno come Nap, ossessionato dal formalismo, è un giudizio a dir poco letale.

Il punto, però, è che l’inquilino del Colle non può fare a meno di Renzi. Deve fare di ragion virtù. Specie in questo momento in cui è il bersaglio dei grillini e di Forza Italia. «Napolitano ha tentato di bloccare tutto, proprio tutto: dal governo Renzi alle elezioni» sospira il deputato renziano Sandro Gozi «ma non al punto di dimettersi: semmai mi sembra il tipo che nel mezzo di una rissa dice: tenetemi, tenetemi».

Già, se fosse costretto ad andarsene proprio ora mentre è sotto attacco per le accuse sul presunto «complotto del 2011», sul capo dello Stato peserebbe l’ombra dello sconfitto o, peggio, quell’accusa di essere l’artefice di una congiura che il Cav da tempo gli rivolge un giorno sì e un altro pure. Per cui il presidente deve resistere e tenere in piedi un Parlamento in cui, grazie al Porcellum (è il colmo) ha una maggioranza che lo difende. Per raggiungere l’obiettivo, Napolitano adesso rischia di dover accettare con un sorriso di circostanza anche il governo Renzi 1. «Questo è vero» ammette la senatrice renziana Rosa Maria Di Giorgi. «Probabilmente non è il governo dei suoi sogni».

Ma per ora il discolo di Firenze lo garantisce e gli prepara la via d’uscita. Il disegno è semplice e cinico: quando l’atmosfera sarà meno tesa, dopo la staffetta tra Letta e Renzi a Palazzo Chigi, ci sarà anche quella tra Napolitano e RomanoProdi al Quirinale.

- Keyser Soze è un importante rappresentante delle istituzioni che racconta per Panorama la politica vista dal di dentro

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Keyser Soze