Renzi-Fassina, due uomini, tre messaggi
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Renzi-Fassina, due uomini, tre messaggi

Cosa c'è dietro la lite e le dimissioni del viceministro dell'economia

E se Fassina, con le sue dimissioni, avesse fatto un favore a Renzi? Sì, lo dico per amore di paradosso, ma non senza motivo. Di fatto, la defezione del viceministro dell’Economia che incarna il vecchio Pd segnala e un po’ smaschera l’ambiguità di Renzi verso l’esecutivo. Renzi sembra darsi da fare perché il governo Letta-Alfano ottenga risultati concreti, in realtà con l’obiettivo, ragionevole sotto tutti gli aspetti, di liquidarlo e sostituirlo con un governo realmente rappresentativo, politicamente forte, naturalmente guidato da lui stesso.

Dimettendosi, Fassina ha dimostrato di non voler stare al gioco di Renzi, gli ha voluto dire (forse) che questo governo va sostenuto, cambiato o rimpastato per adeguarlo al nuovo volto del Pd. Ma non usato, sabotato, tenuto a bagnomaria, preso in giro. Insomma: io me ne vado, il governo è tuo, è del tuo Pd, non più del mio. Mettici tu la faccia.

La battuta di Renzi (“Fassina chi?”) era solo un (buon) pretesto. Lo stesso Fassina ha riconosciuto che la decisione ha motivazioni politiche profonde. Poi, ovviamente, c’è anche un elemento di battaglia interna al Partito. Con la rinuncia alla poltrona di governo, Fassina si è catapultato nell’agone del Pd come capofila di tutta una “corrente” anti-renziana. Con la coerenza un po’ coriacea e vecchio stile che lo contraddistingue.   

Poi c’è un terzo messaggio, forse subliminale, forse non voluto. Fassina ha voluto sottolineare la sua distanza da poltrone e poltronisti. Il governo di strette intese non è quello di larghe intese, non è più quello che era, non c’è per nessuno l’obbligo di rimanere aggrappati ai trespoli di potere. E questa lezione vale non soltanto per il Pd, ma anche per gli altri partiti di governo: Scelta Civica, Per l’Italia e soprattutto il Nuovo Centro Destra di Alfano schiacciato dalla sinistra (anche se può contare su un numero di ministri sproporzionato al suo peso reale).

Ma perché Fassina ha fatto un favore a Renzi? Perché dipende da Renzi trasformare quelle dimissioni in opportunità. Forse, addirittura trarne un piccolo insegnamento. Renzi ha compiuto il miracolo di trasformare il Pd, di farne un partito degli elettori invece che dei quadri, di spostarne l’asse culturale verso una visione moderna e liberale (laica, pur essendo lui di formazione democristiana, cattolica). Eppure, è evidente che rischia il logoramento se il suo gioco va troppo per le lunghe senza risultati, se il “suo” governo Letta parla per bocca del ministro tecnico dell’Economia, Saccomanni, la cui intervista a “Repubblica” è lo specchio del distacco di questa classe dirigente dalla realtà del paese e dall’urgenza delle riforme e dei cambiamenti.

Renzi accetti la sfida di Fassina. Porti a casa la legge elettorale, ma poi vada dritto verso il voto. L’Italia ha bisogno di un governo politico che sappia prendere decisioni, non dell’ennesima agonia di un governo tecnico che rappresenta solo se stesso.

Renzi vuole le unioni civili? Le faccia. Vuole un Job Act che sia di rottura anche con la tradizione comunista della Cgil? Lo faccia. Vuole sforare il tetto del 3 per cento? Vada lui a dirlo alla Merkel. Potrà farlo vincendo le politiche (le primarie non bastano). E se invece prevarrà il centrodestra, con il leader che avrà, bene.

Da troppo tempo l’Italia vive una sospensione della democrazia reale che non è stata positiva neppure per i nostri conti. Perfino la Grecia ha avuto una parentesi “tecnica” molto più breve della nostra. Fassina potrà giocare le sue poche carte, ma soprattutto le sue dimissioni serviranno a Renzi per convincersi a non temporeggiare oltre il necessario.

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Marco Ventura

Inviato di guerra e cronista parlamentare de Il Giornale, poi  collaboratore de La Stampa, Epoca, Il Secolo XIX, Radio Radicale, Mediaset e La7, responsabile di uffici stampa istituzionali e autore di  una decina fra saggi e romanzi. L’ultimo  "Hina, questa è la mia vita".  Da "Il Campione e il Bandito" è stata tratta la miniserie con Beppe Fiorello per la Rai vincitrice dell’Oscar Tv 2010 per la migliore  fiction televisiva. Ora è autore di "Virus", trasmissione di Rai 2

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