La Scozia e l'Italia
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La Scozia e l'Italia

Dieci parole per chiedere l'indipendenza. Da noi fiumi di inchiostro per un paese che resta fermo

Do you agree that Scotland should be an indipendent country?”. Sei d'accordo che la Scozia dovrebbe essere un Paese indipendente? Corto e chiaro. Bando alle ciance. Yes, No. That’s all, è tutto.

Viva gli inglesi (o gli scozzesi? o tutt’e due?). Già la formulazione del quesito pro o contro il distacco della Scozia dalla Gran Bretagna dice molto più di qualsiasi elucubrazione sulla necessità che inglesi e scozzesi restino uniti. Gli uni e gli altri, certamente, non rischiano di somigliare a noi, prolissi e fumosi italiani. È vero, nessuno ci batte in retorica e senso del bello. Ma la sintesi non è il nostro forte. 

A Edimburgo bastano dieci parole dieci, per cambiare la storia. Una domanda che più sincopata non si potrebbe e che pure il mio cane (un beagle, ovvio, che legge il labiale) è in grado di comprendere. Da noi un quesito un po’ meno rilevante, si fa per dire, di quello che potrebbe modificare il corso della storia europea, e cioè il quesito sulla privatizzazione dell’acqua, ha richiesto 125 parole, più di 12 volte quelle del referendum scozzese. 

E che parole!

«Volete voi che sia abrogato l'art. 23 bis (Servizi pubblici locali di rilevanza economica) del decreto legge 25 giugno 2008 n.112 “Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria” convertito, con modificazioni, in legge 6 agosto 2008, n.133, come modificato dall'art.30, comma 26 della legge 23 luglio 2009, n.99 recante “Disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia” e dall'art.15 del decreto legge 25 settembre 2009, n.135, recante “Disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari e per l'esecuzione di sentenze della corte di giustizia della Comunità europea” convertito, con modificazioni, in legge 20 novembre 2009, n.166, nel testo risultante a seguito della sentenza n.325 del 2010 della Corte costituzionale?»


Bene, ora riprendete il fiato. Il peggio ha da venire. Perché il problema è che 125 parole non bastano, confondono invece di spiegare, e impongono una spiegazione che è se possibile ancora più astrusa. Chi ci capisce è bravo. Per non parlare della singolare inversione per cui votando Sì dici No, e viceversa. Nella peggiore tradizione dei referendum abrogativi. È un fatto di cultura. Da noi c’è il politichese, il sindacalese, l’avvocatese. Nei paesi anglosassoni si parla facile. I nostri intellettuali si fanno capire solo dai loro pari (e dispari). E i migliori divulgatori di storia non sono storici, ma giornalisti o diplomatici. E la lingua che domina la nostra vita di tutti i giorni è il burocratichese.

Adesso provate a immaginare come potrebbe essere formulato il quesito sull’Indipendenza della Padania… in Italia.




  



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Marco Ventura

Inviato di guerra e cronista parlamentare de Il Giornale, poi  collaboratore de La Stampa, Epoca, Il Secolo XIX, Radio Radicale, Mediaset e La7, responsabile di uffici stampa istituzionali e autore di  una decina fra saggi e romanzi. L’ultimo  "Hina, questa è la mia vita".  Da "Il Campione e il Bandito" è stata tratta la miniserie con Beppe Fiorello per la Rai vincitrice dell’Oscar Tv 2010 per la migliore  fiction televisiva. Ora è autore di "Virus", trasmissione di Rai 2

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