Vladimir Putin
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Putin: il magnete che attira Trump, i cinesi e i populisti amici

Il presidente americano alla sua destra, la Cina a sinistra. L'Italia oggi è la sua terra promessa, più di Ungheria o Polonia. Vladimir può sorridere

Putin ha quattro facce almeno: una guarda la Russia, una l'Europa, una il mondo, una guarda o riguarda l'Italia.

Da piccolo avevo conosciuto la Russia della prima destalinizzazione, che di faccia ne aveva una sola, quella che guardava all'occidente, per competere e vincere dominando col tallone di ferro popoli e nazioni. Tutto più semplice.

Ho fatto in tempo a vedere Stalin e Lenin nel letto nuziale sotto le mura del Cremlino, poi Stalin l'hanno sotterrato: che impressione, Lenin era come oggi un intellettuale tristo e triste, grigio come il marmo del mausoleo e di estremo talento politico, Stalin era un georgiano allegro e paffuto e baffuto, circondato da fiori, una specie di Dio vendicativo e gioioso imbalsamato, e anche lui mostrava dall'al di là che di talento mostruoso ne ebbe da vendere.

La democratura di Putin

Putin si è rifatto, ma non come Berlusconi con la sua bandana e il suo Apicella, il Cav. che voleva solo piacere, si è rifatto per comandare meglio ai suoi quattro volti. La Russia è dominata con la forza e il consenso o se volete il consenso e la forza, indistinguibili dalla legge e dalle elezioni e dall'economia, per questo è detta democratura (una crasi di democrazia e dittatura). Ed è l'essenza, questo tipo di potere, di una nazione bicontinentale che non ha mai conosciuto una vera epoca tollerante e liberale.

L'Europa è dominata con il metodo della scomposizione diplomatica, forzando quando necessario l'uso della forza annessiva o inglobante in risposta strategica alla "catastrofe dell'89", perché così Putin giudica la caduta del Muro alla cui ombra si era formato come agente del Kappa Gi Bi.

Gli strani amici di Putin

Quanto al mondo, Putin ha un amico paradossale e matto in America e un partner in Cina, con il suo presidente a vita come lui, e fa il G3 sulle spoglie del defunto G7. Da brivido.

L'Italia è oggi la sua terra promessa. Molto più dell'Ungheria di Orbán o della Polonia, paesi di carattere, con molto anticomunismo, molto antisemitismo, molta russofobia. L'Italia è molle, permeabile, sopra tutto adesso che fa la faccia dura di Salvini spuntando dalle magliette con su l'effigie di Putin, e i suoi selfie padano-internazionalisti sulla Piazza Rossa o in Nord Corea sono la delizia del democratore di Mosca.

La chiusura dei porti risuona agli orecchi di Putin come la sua Cecenia distruttiva e feroce alle origini, come la sua più dolce avventura in Crimea, come la destabilizzazione mascherata e progressiva del Donbass in Ucraina, un modo di calibrare e miscelare forza e consenso, un consenso che autorizza la forza e una forza che genera consenso. Deve avere uno schedario italiano aggiornato, Putin, con alla V di vanità Di Maio, alla I di Ignoto l'avvocato Conte, alla P di Provvidenza il ministro Salvini, imitatore dell'uomo forte, e ricordiamo sempre che l'imitazione è la forma più insidiosa e lusinghiera di adulazione.

Il putinismo d'importazione

Putin come Talleyrand sa che un errore in politica è peggio di un delitto, ma con Dzerginskij, detto la Baionetta, il fondatore dei servizi bolscevichi, sa anche che risparmiarsi certi delitti può risultare in gravi errori. Come per il suo imitatore, la questione non è che non abbia principi, è che li ha troppo forti e intransigenti.

Che cosa univa il fascismo italiano e altri totalitarismi? Questa saldezza di principio, e l'intolleranza. Se c'era bisogno di maestri della dottrina contraria alla società aperta, che è la società chiusa, quelli del G3 sono imbattibili e molto potenti, ma Putin è maestro a sé, per quanto ci riguarda sta un gradino più su e a una longitudine tragicamente vicina, tre ore di volo verso est.

Naturalmente non c'è solo Talleyrand al mondo, c'è stato anche Longanesi, arcitaliano che ha spiegato: non appoggiatevi troppo ai principi, ché quelli poi si piegano. Longanesi è la linea di resistenza sul fronte del putinismo d'importazione, ma dubito che basti. La cupidigia di sottomissione della Grande Proletaria è nota, sopra tutto quando suona la fanfara. Putin ha fatto molte cose utili al suo paese, e in fondo ha un'impronta di professionismo e stabilità e abilità che rassicura chi non sia tra le sue vittime, in patria e in Medio Oriente, per esempio, o qui da noi in un futuro prossimo venturo.

Nel mirino economia ed Europa occidentale

L'economia gli sfugge tra le mani, è una brutta bestia, non bastano le materie prime, ma col G3 si rimpannuccerà, e comunque i russi sono abituati a profittare con slancio lirico della ricchezza e della miseria equamente o non equamente ripartite. Gli manca l'Europa occidentale, di cui l'Italia farebbe parte per tradizione dopo Yalta e il 18 aprile, ma non è escluso che anche in questo campo possa fare progressi, visto che l'orgia demagogica degli incompetenti di successo promette bene.

Con Berlusconi era andata così così, ospitalità magnifica, show da farsela sotto, ma alla fine si sentiva che il Cav. lo voleva portare di qua, con questi di adesso il magnete è diventato lui, e tira che ti tira la Repubblica Federativa Russa ha di che celebrare il suo maggior successo.


(Articolo pubblicato sul n° 26 di Panorama in edicola dal 14 giugno 2018 con il titolo "Trump alla sua destra, i cinesi a sinistra e ora i populisti amici. putin può sorridere")

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Giuliano Ferrara