Prato, così agiva la banda dell'immigrazione clandestina
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Prato, così agiva la banda dell'immigrazione clandestina

La Guardia di Finanza ha smantellato una rete che forniva ai migranti false buste paga, per ottenere il permesso di soggiorno

Una grossa operazione contro l'immigrazione clandestina è stata portata a termine oggi, a Prato. Circa 400 militari della guardia di finanza hanno eseguito 34 misure cautelari personali, delle quali tre in carcere, 12 agli arresti domiciliari. Complessivamente le persone indagate sono 84, 111 le perquisizioni in 5 Regioni italiane: Toscana, Veneto, Lombardia, Campania e Marche. I reati contestati dalla procura pratese sono associazione a delinquere, induzione in errore dell'ufficio immigrazione, falsità ideologica nel rilascio di rinnovi di permessi di soggiorno ed immigrazione clandestina.

Un commercialista e un consulente del lavoro, entrambi italiani, e un cittadino cinese sono le tre persone finite in carcere. Due sono stati arrestati a Prato, il terzo in Veneto. I tre erano al vertice di un'organizzazione che forniva documentazione falsa, a partire dalle buste paga, grazie alla quale i cittadini immigrati, per la maggioranza cinesi, potevano richiedere e ottenere il permesso di soggiorno.

Anche quaranta ispettori per la sicurezza sui luoghi di lavoro delle Asl e alcuni mediatori linguistici hanno preso parte al blitz. "La partecipazione all'operazione ci era stata richiesta dalla Procura - sottolinea da Bruxelles il presidente della Toscana, Enrico Rossi -, ma i nostri ispettori per la sicurezza su lavoro non hanno solo preso parte ad alcune delle ispezioni di stamani. Il contributo ha riguardato anche la fase delle indagini, durata oltre un anno, con la messa a disposizione delle informazioni raccolte nel corso dei controlli operati all'interno del progetto Lavoro Sicuro". "I nostri controlli possono riguardare solo la sicurezza sui luoghi di lavoro - dice Rossi - ma, come emerge dall'operazione di stamani, è evidente che condividiamo con chi di dovere gli elementi che eventualmente vengono in nostra conoscenza e non attengono al profilo dei controlli che ci spettano".

"Il 1° dicembre del 2013, giorno del tragico rogo della Teresa Moda a Prato, in cui sette operai cinesi morirono nel rogo della fabbrica dove lavoravano ma anche vivevano - ha dichiarato Rossi - è stato lo spartiacque". "Da allora l'impegno istituzionale si è rafforzato con attività di prevenzione, controllo, percorsi paralleli di rientro e di affiancamento", ha continuato. "Non devono esistere zone franche, i diritti dei lavoratori sono al centro della nostra politica ed è per questo oggi plaudo all'iniziativa della Procura di Prato e della Guardia di Finanza che con la loro attività di repressione ci consentono di lavorare meglio affinché emerga dall'illegalità il valore di un'economia sommersa che Irpet stima aggirarsi intorno al miliardo di euro l'anno".

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Redazione