Zaia: "la Lega non è morta"
(Credits: GIUSEPPE GIGLIA/AFP/Getty Images)
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Zaia: "la Lega non è morta"

Il Governatore del Veneto ammette la sconfitta alle ultime amministrative ma vede una Lega forte (con Maroni segretario)

«La Lega Nord non è morta. Ora dobbiamo dare nuova vigoria al progetto politico. Non ho nulla da rimproverare a Flavio Tosi ma ora la sua più grande sfida sarà quella di ricompattare il partito. Tosi o Giorgetti alla guida della Lega? Io penso che Roberto Maroni debba restare segretario fino al compimento del mandato».

Presidente Luca Zaia (governatore del Veneto, il più votato d’Italia con oltre il 60 per cento), tra le elezioni politiche e le recenti amministrative il Carroccio ha perso la metà dei consensi, nella sua Treviso andate addirittura al ballottaggio. Che succede al Sole delle Alpi?

«Io non faccio parte di quella categoria di amministratori o di addetti ai lavori che trova sempre la scusa giusta per dire che ha sempre vinto le elezioni. Noi eravamo abituati e siamo abituati ad avere risultati sicuramente più vigorosi. Ma c’è da dire una cosa: ogni elezione ha una storia a sé…».

Questa però non è una storia bellissima, la Lega ne ha avute di migliori…

«Sono elezioni amministrative e nelle stesse località ci sono risultati eterogenei, ci sono comuni dove abbiamo vinto al primo turno…».

Quali?

«Motta di Livenza è un comune dove il nostro sindaco ha fatto il 49 per cento, per dire…».

Un po’ poco, qui rischiate a Treviso…

«A Treviso la partita è aperta, nel senso che, come dicono i francesi, con questo sistema elettorale, al primo turno si vota il partito e al secondo si vota il candidato. E Giancarlo Gentilini ha i numeri per riuscire a farcela».

Lei non crede che la gestione un po’ dura nei confronti dei dissidenti (fino alle epurazioni) del segretario nazionale della Liga Tosi abbia influito sul risultato elettorale?

«Io credo che i risultati elettorali siano il frutto di più fattori. Innanzitutto dobbiamo dare nuova vigoria al progetto politico. La Lega non è morta e comunque è bene che noi cominciamo a verificare anche un altro aspetto. E cioè che il leghismo sopravvive alla Lega».

Che significa?

«La questione del Nord è ormai una questione sentita. Lo dice uno che è da una ventina d’anni in Lega. Intendo dire che ieri la proponevamo oggi è sentita trasversalmente nei partiti. I rappresentanti di sinistra, di destra, di centro del Veneto condividono le stesse sfide. Poi, cambiano le declinazioni della sfida con Roma, ma la questione del Nord sopravviverà…».

Ma non le sembra un po’ paradossale che perdete consensi proprio dopo aver imposto a tutti gli altri la vostra ragione sociale? E che questo avvenga peraltro dopo la vittoria storica di Roberto Maroni in Lombardia?

«Io sono convinto che alle regionali del 2015 bisseremo il risultato ottenuto nel 2010 in Veneto. Ogni elezione ha una storia a sé e soprattutto non dimentichiamoci che poi abbiamo anche un’elezione che è diventata anche un’elezione diretta. Forse bisogna adeguarsi ai tempi e capire che le campagne sono sempre più personalizzate».

Lei è ancora il governatore più votato d’Italia, si ricandiderà e pensa di bissare questo suo personale successo?

«Io sono un pragmatico e fatalista. Non vivo pensando alla poltrona perché non mi voglio rovinare la vita. E soprattutto voglio amministrare con lucidità e serenità. Per cui non facco nulla con quella finalità. Però alla fine del mio mandato riproporrò certamente ai veneti un giudizio su quello che ho fatto. Io ci sarò. Poi, speriamo che nel rispetto della democrazia ci siano un sacco di candidati per poter confrontare programmi e progettualità».

Tra lei e il sindaco di Verona Flavio Tosi, che è anche segretario della Liga, non è sempre corso buon sangue. Non ha nulla da rimproverare a Tosi?

«Ma no… Io penso che la più grande sfida di Flavio sarà quella di ricompattare il partito. Un partito che è sano nella militanza. Oggi è una militanza che in alcuni momenti, per certi versi supera anche i colletti bianchi perché ci troviamo in momenti in cui la militanza indica la via. Questo per dire che il leghismo è radicato molto. Per questo sono convinto che alle regionali del 2015 daremo dimostrazione di come è il popolo della Lega».

Si parla di successione di Maroni alla guida della Lega. Lui stesso ha messo l’argomento all’ordine del giorno. È già scattato il toto-nomi. Potrebbe andare per la prima volta un veneto (si parla di Tosi) al vertice del Carroccio oppure è bene che Maroni resti ancora?

«Io ho sostenuto nel consiglio federale che Maroni non sia un segretario a tempo e che la Lega abbia un segretario che finisca quindi il mandato. Per cui penso che lui dovrebbe restare come segretario. Dopodiché capisco anche che gli impegni che ha sono gravosi, io non entro nelle dinamiche personali, ne ho massimo rispetto. Dico che se lui deciderà di lasciare, la partita è aperta. Abbiamo fatto tutti una grande battaglia a favore del nuovo corso della Lega senza il Grande Fratello che decide, spero che il nuovo segretario non sia frutto della decisione di qualcuno ma della scelta di un’assemblea e dei militanti».

Sui giornali emerge come futuro segretario il nome di Giancarlo Giorgetti, ipotesi che Panorama.it aveva anticipato nei mesi scorsi. Che ne pensa?

«Non ho nulla da dire contro Giorgetti che peraltro è anche un amico. Oggi stiamo parlando di nomi e anche in maniera un po’ fantascientifica visto che abbiamo un segretario che non è assolutamente dimissionario».

Si sente la mancanza della leadership di Umberto Bossi?

«Bossi ha un suo ruolo, è il padre nobile della Lega. Punto. Abbiamo vissuto e stiamo vivendo un travaglio non facile. Ogni giorno ci sono novità sui giornali rispetto a vicende che riguardano il passato. Io stesso vengo coinvolto dai verbali della Procura dove Francesco Belsito dichiara che io avrei partecipato con Maroni, Roberto Cota (governatore del Piemonte ndr) con imprenditori per finanziare il progetto della Lega.  Primo: chi mi conosce sa che non vado alle cene. Secondo: non ho mai fatto cene con Maroni, Cota e altri per nessun motivo, neanche per motivi futili. Terzo: tutti sanno che se incontro qualcuno lo faccio negli uffici della Regione e per fini istituzionali. Sfido chiunque a dimostrare il contrario».

Non le sembra però un po’ riduttivo ridurre Bossi al caso Belsito e un po’ comodo tirare sempre fuori il medesimo caso ogni volta che la Lega perde?

«Questo però ha pesato molto. Io non sostengo che la Lega perde solo a causa di questa vicenda. Il consenso fluttuante lo abbiamo avuto anche con Bossi. E però la faccenda dei casini della Lega ha influito moltissimo. Chi sta in mezzo alla gente come me lo sa. E questo lo dice uno che non è né maroniano né bossiano. Non ho mai fatto scelte di campo e penso non le farò mai. Sono persona leale. Punto. Dico però che se un partito  non è in grado di pensare alla successione del suo leader vuol dire che è un partito che non esiste. Non possiamo andare avanti all’infinito a pensare chi c’era prima».

Che consigli dà per tornare a vincere?

«Oltre alla militanza e alla forza del movimento radicata nel territorio, c’è ancora voglia di Lega. Ma il primo salto di qualità da fare è quello di uscire dallo storico alveo della demagogia e dell’effetto annuncio, alla gente bisogna spiegare che è possibile anche con i piccoli ma reali passi continuare a sognare».

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Paola Sacchi

Sono giornalista politico parlamentare di Panorama. Ho lavorato fino al 2000 al quotidiano «L'Unità», con la mansione di inviato speciale di politica parlamentare. Ho intervistato per le due testate i principali leader politici del centrodestra e del centrosinistra. Sono autrice dell'unica intervista finora concessa da Silvio Berlusconi a «l'Unità» e per «Panorama» di una delle prime esclusive a Umberto Bossi dopo la malattia. Tra gli statisti esteri: interviste all'ex presidente della Repubblica del Portogallo: Mario Soares e all'afghano Hamid Karzai. Panorama.it ha pubblicato un mio lungo colloquio dal titolo «Hammamet, l'ultima intervista a Craxi», sul tema della mancata unità tra Psi e Pci.

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