Viaggio tra i Navigli abbandonati dal Governo
(Ansa)
Politica

Viaggio tra i Navigli abbandonati dal Governo

Molti non hanno aperto, chi lo ha fatto racconta le difficoltà di sopravvivere senza aiuti di Stato, che sia Cassa Integrazione o finanziamenti

Michele il ristoratore ha trasformato la trattoria in un bar: "Non ho i soldi per pagare il cuoco, come faccio a riaprire la cucina?". Davide il gestore del pub ha lasciato a casa metà dei dipendenti, che per lui sono come fratelli: "Dopo due mesi non hanno visto un euro di cassa integrazione, rendiamoci conto". Francesco il cameriere oggi sta lavorando gratis: "A trent'anni sto andando avanti con il soldi dei miei genitori e un mutuo da pagare: adesso mi spiegate questa storia dei miliardi che bisogna dare alla Fiat?".

C'è l'Italia dei garantiti, degli stipendi assicurati, degli intrighi romani, delle circolari scritte male e partorite all'ultimo; e poi c'è l'Italia che vuole battere lo scontrino perché lo stipendio se lo deve guadagnare ogni giorno. Sono tutte dignitose, da dietro la mascherina, le voci che ti arrivano passeggiando sui navigli di Milano. Una saracinesca su tre è rimasta chiusa, proprio qui, nel quartier generale della movida milanese: figuriamoci altrove. Anche i locali storici sono sbarrati. Alle otto e mezza della sera, quando l'aperitivo si tramuta in apericena, una volta c'era la calca: oggi né assembramenti né code per il mohito.

Anzi, spesso dietro il bancone trovi una persona sola: il titolare. I dipendenti sono stati messi a riposo, senza stipendio. Franco il ristoratore dice: "Ci arrangiamo come si può: a me hanno chiesto di anticipare il tfr, e l'ho fatto, ma così non si va avanti". Giovanni che gestisce un pub sul Naviglio Grande sventola il termoscanner, che in Lombardia è obbligatorio: "Solo questo mi è costato cento euro".

E' sconcertante, ma il decreto Rilancio da 55 miliardi continua a rimbalzare tra ministeri, uffici tecnici e ragioneria di stato: e intanto qui si soffre. Dicono che i soldi arriveranno: raccontatelo a loro. Tutti i piccoli imprenditori al fronte, che ripetono lo stesso concetto: se proprio non riuscite a sbloccare i soldi, perlomeno levateci di torno la burocrazia. Sulle regole pubblicate in fretta e furia nessuno si è davvero raccapezzato, qua si gira col metro a misurare i centimetri tra un tavolo e l'altro. "Tanti hanno deciso di restare chiusi per paura delle multe". dice Roberto, mentre serve in tavola una pizza con la bufala. Eccolo, il ground zero della disfatta: lo Stato che fa più paura del virus.

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Federico Novella