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ANSA/ GIUSEPPE LAMI
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Unioni civili: Alfano vincitore senza sforzo

Il leader di Ncd, con lo stralcio delle adozioni gay, ottiene il massimo risultato. La fiducia sul maxi emendamento frutto dell'accordo tra Pd e centristi

Se c'è un talento che non si può non riconoscere al ministro dell'Interno e leader di Ncd, Angelino Alfano, è quello di riuscire sempre a trarre il massimo vantaggio dal minimo sforzo. Nella partita sulle unioni civili, per esempio, Alfano è riuscito a ottenere tutto quello che ha sempre voluto senza averlo quasi dovuto chiedere.

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Si è limitato a una blanda battaglia di bandiera
contro l'equiparazione delle unioni civili e il matrimonio tradizionale e contro la stepchild adoption. Ma non ha mai condizionato l'esito di questa sua battaglia alla permanenza nel governo Renzi. E probabilmente mai si sarebbe aspettato che l'opposizione al ddl Cirinnà sarebbe stata più forte dentro il Pd che trai suoi senatori.

Il dissenso dentro Ncd si tradurrà infatti in pochi voti contrari alla fiducia sul nuovo ddl annunciata ieri dal ministro Boschi. Quelli di Roberto Formigoni, Maurizio Sacconi, Nico D'Ascola, Antonio Azzollini e Giuseppe Marinello. Il resto del gruppo, 27 senatori, voterà sì insieme ai 110 del Pd, ai 19 di Verdini, ai 15 delle Autonomie, ai 3 di Gal, ai 3 del Misto. 177 in tutto contro i 137 contrari.

Anche perché l'emendamento che riscrive la legge, e da cui spariscono le adozioni e il riferimento alla fedeltà perché non si tratta di matrimonio, nasce proprio dall'accordo tra Renzi e i centristi, fino alla scorsa settimana quasi periferici alla discussione e oggi finiti al centro di essa. Ieri lo stesso Alfano twittava felice “vince il #buonsenso”, oggi rivendica a sé il merito di aver impedito "una rivoluzione contro-natura".

Un entusiasmo che a un certo punto ha rischiato di prendergli la mano e di far saltare il tavolo. A mezzogiorno il ministro Beatrice Lorenzin infatti alzava il tiro e dichiarava che nemmeno lo stralcio della stepchild adoption era più sufficiente. Abbiamo fatto trenta, facciamo trentuno, il ragionamento. E quindi via con la richiesta di togliere il riferimento all'obbligo di fedeltà, l'unica accettata, di sostituire la formula “le parti concordano tra loro l'indirizzo della vita familiare” con “indirizzo della vita comune” perché quando si parla di famiglia si deve intendere solo quella formata da un uomo e una donna sposati, e ancora, di eliminare il cognome alle coppie gay.

Poi, visto che si tratta di Alfano, e quindi di uno che più di tanto i pugni sul tavolo non li sbatte perché a quel tavolo ci si è incatenato e non lo molla, quando dal governo è arrivato l'altolà, il capo di Ncd ha ordinato il rientro nei ranghi affidando a Renato Schifani il compito di rassicurare gli alleati: “la Lorenzin è stata male interpretata. Siamo disponibili a chiudere l'accordo”. Nel frattempo, lui, Angelino, era già in giro a festeggiare. “Non esageri”, gli mandavano a dire i vertici del Pd.

Anche perché nel maxi-emendamento il Pd è riuscito ad aggiungere un comma, il 20, che fa esplicito riferimento al ruolo dei giudici in materia di adozione al fine di garantire la continuità affettiva del minore. Una precisazione che preserva la possibilità da parte di uno dei due partner di ricorrere al tribunale per ottenere l'adozione del figlio biologico dell'altro.

Così, al termine di un braccio di ferro durato molte settimane, il vincitore a sorpresa è oggi Angelino Alfano. E certo non per meriti suoi ma per i demeriti altrui. Matteo Renzi, che ieri esultava per “la svolta storica dell'Italia”, ha gestito male l'intera partita. Voleva tenere fuori il governo e alla fine è dovuto ricorrere a un emendamento governativo. Aveva promesso che su un tema del genere i senatori avrebbero votato in libertà di coscienza e poi ha messo la fiducia. Era sicuro che i 5Stelle avrebbero ingoiato anche il canguro pur di approvare le unioni civili e quelli gli hanno voltato le spalle. 

Senza contare il passo indietro che, ancora una volta, la politica ha dovuto compiere di fronte alla magistratura. Non sarà infatti una norma votata in Parlamento a garantire una volta per tutte diritti e doveri dei cittadini, ma i giudici valutando caso per caso nelle aule di tribunale.

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Claudia Daconto