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Tutti gli insulti, i gestacci e le parolacce in Parlamento

Ecco quando deputati e senatori hanno dato il peggio di sé durante l'ultima legislatura

C'è quello che si si porta la mano alla bocca mimando oscenamente la fellatio. L'altro che con le due mani si indica le parti basse. Non è la curva Sud dell'Olimpico nel giorno del derby ma il Senato della Repubblica, l'aula che viene chiamata quella “alta” del Parlamento. “Alta”, appunto, nel senso che è alta la frequenza e la quantità di volgarità che vi alberga.

Quello dei senatori del gruppo Ala di Denis Verdini, Lucio Barani e Vincenzo D'Anna, puniti con una sospensione di 5 giorni per essersi rivolti in tal modo alla collega del Movimento 5 Stelle Barbara Lezzi, non è infatti un caso isolato. Il record di aggressioni, parolacce, risse si è raggiunto proprio durante questa legislatura di cui, nelle slide qui di seguito, vogliamo ricordare i momenti meno edificanti.

Gesti osceni contro la Lezzi: Grasso come Moreno

Lucio Barani (che nel 2013 fu indicato dal Pd come relatore della legge sulle discriminazioni di genere) e Vincenzo D'Anna non sono gli unici due senatori puniti – anche se, con un aiutino del Pd, meno severamente di quanto ci si potesse aspettare – nella stessa giornata. Tra gli altri, i due grillini Alberto Airola e Gianluca Castaldi. Il primo per aver prima insultato la dem Angelica Saggese e poi dato delle “infami” alle senatrici che lo accusavano, l'altro per essersi scagliato contro il banco del ministro Maria Elena Boschi ma soprattutto per aver paragonato il presidente Piero Grasso, offesosi a morte, al famigerato arbitro Byron Moreno che nel 2002 arbitrò, tragicamente, la famosa partita in cui l'Italia fu sconfitta 2-1 dalla Corea del Sud e fu eliminata dal Mondiale. Un'altra censura al gruppo leghista per aver sbandierato in aula delle banconote verso i verdiniani.

"Zombie" e "fascisti"

Tra le più bersagliate del Parlamento c'è la presidente della Camera Laura Boldrini, per Manlio Di Stefano (M5S) “una donna senza dignità”, una “zombie”. Protagonista, suo malgrado, di numerose bagarre condite spesso da insulti sessisti, Laura Boldrini è stata presa a male parole in più di un'occasione. Per esempio quando fece calare la cosiddetta “ghigliottina” sul dl Imu-Bankitalia e le si scagliarono contro a suon di minacce e provocazioni di ogni genere. Uno scontro che ebbe una sua coda anche in sala stampa dove l'allora capogruppo dem Roberto Speranza fu interrotto da un gruppo di grillini capitanati da Alessandro Di Battista al grido di “fascista fascista” (un genere di ingiuria che dalle parti di Montecitorio e Palazzo Madama va per la maggiore).

Gli insulti sessisti

Reiterate a più riprese anche frasi e gesti a sfondo sessista. L'episodio più noto risale alla sera del 29 gennaio del 2014 quando il grillino Massimo Felice De Rosa si rivolse alle deputate dem in commissione Giustizia alla Camera Moretti, Campana, Giuliani, Marzano e Gribaudo, dicendo loro che “voi donne del Pd siete qui perché siete brave solo a fare i p...”. Querelato da alcune di loro per ingiuria, l'incauto De Rosa riuscì a peggiorare ulteriormente la sua posizione: “Dicono il falso – sostenne - ho detto che qua dentro sono entrati solo perché conoscevano qualcuno di importante o avevano fatto qualche favore sessuale. Mi riferivo a tutti: uomini e donne. Non mi riferivo a nessuno in particolare, neanche alla Moretti”.

Peccato che nemmeno i colleghi di partito delle deputate piddine riescano a trattenersi dall'offendere, in simil guisa, il gentil sesso: “puttana” è stata infatti la signorile espressione riservata da Francesco Sanna – che però nega di aver mai usato un simile termine - alla grillina Carla Ruocco mentre lasciava l'aula dopo essere stata appena espulsa.

L'ever green "pezzo di m…"

Tra le ingiurie più gettonate anche il sempreverde “Pezzo di m...” più volte risuonato tra i banchi della aule parlamentari anche in anni molto remoti e talvolta accompagnato ad altri eleganti epiteti. Dal “pezzo di m..., checca” rifilato nel 1994 “dal deputato Vincenzo Zaccheo a Mauro Paissan al “pezzo di m..., bastardo, faccia da c...” del leghista Alessandro Cè contro Roberto Giachetti nel 2004, dal “cesso corrose e frocio” unito al tre volte “pezzo di m...” inflitto al Senato da Nino Strano a Nuccio Cusumano al “cornuto, venduto e pezzo di m...” di Tommaso Barbato sempre al solito Cusumano.

E in tempi più recenti, come non ricordare che così fu appellato dai suoi ex compagni anche Tommaso Currò quando il 16 dicembre 2014 lasciò a sorpresa il Movimento 5 Stelle annunciando di votare a favore del governo Renzi. O, nei mesi scorsi, la bagarre scoppiata in aula in occasione della turbolenta seduta del 12 febbraio sulle riforme costituzionali, in cui furono registrati anche due lievi feriti, quando dai banchi di Sel volarono una serie di “pezzi di m...” all'indirizzo dei colleghi grillini.

"Maiali", "infami" e "rotti inc…"

Ma sono i momenti in cui in Aula avviene qualcosa di davvero significativo, come quando il governo annuncia di voler mettere la fiducia su qualche provvedimento particolarmente dibattuto, a scatenare le reazioni più scalmanate, a liberare nei rappresentati del popolo ogni residuo freno inibitorio. Così avvenne il 27 aprile del 2015 quando il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi prese la parola per informare l'aula che sull'Italicum sarebbe stata posta la fiducia. Nell'emiciclo cominciarono a volare una serie di “fate schifo”, “branco di maiali”, “infami e rottinc...”, il solito “fascisti” mentre intanto dai banchi di Sel volavano crisantemi.

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Claudia Daconto